Giovanni I di SutriGiovanni (fl. IX secolo) è stato vescovo di Sutri, storicamente documentato nell'853 e nell'861. BiografiaNon si hanno notizie sulla vita e l'operato del vescovo Giovanni. È noto solo per la sua partecipazione a due concili romani, il primo celebrato da papa Leone IV nel mese di dicembre dell'853[1], e il secondo indetto da papa Niccolò I nel mese di novembre 861.[2] Il primo concilio si inserisce nella lunga lotta che Leone IV intraprese contro uno dei chierici della Chiesa romana, Anastasio, noto più tardi come Anastasio bibliotecario. Attorno all'847/848 questi era diventato presbitero del titolo di San Marcello, ma all'insaputa del papa, aveva abbandonato la sua chiesa. È probabile che intervennero altri fattori di rottura tra i due, che non conosciamo, poiché da questo momento Leone IV iniziò una sua personale e tenace battaglia contro Anastasio, scomunicato in contumacia per tre volte, la prima nell'850, e poi a maggio e a giugno dell'853.[3] Il papa convocò un altro concilio per dicembre 853, al quale invano intimò ad Anastasio di presentarsi. L'assise sinodale, composta di 67 vescovi e diversi presbiteri e diaconi della Chiesa romana, approvò 42 canoni (chiamati capitula) di riforma[4] e condannò in via definitiva Anastasio, che fu deposto dal sacerdozio senza possibilità di reintegrazione. La sottoscrizione di Iohannes episcopus Sutrensis si trova in 11ª posizione tra Adriano di Ferentino e Agatone di Todi.[5] Il concilio dell'861 invece fa parte di quella lunga controversia che oppose, con alterne vicende, la Chiesa di Ravenna a quella romana fin dall'inizio dell'VIII secolo, a causa dei tentativi degli arcivescovi ravennati di rendersi indipendenti e autonomi rispetto al potere papale. Lo scontro in particolare oppose Niccolò I all'arcivescovo Giovanni (850-878), che fu scomunicato dal papa nel mese di febbraio 861. Un nuovo concilio si svolse a Roma tra il 16 e il 18 novembre, durante il quale l'arcivescovo ravennate si sottomise all'autorità pontificia.[6] Iohannes Sutrino sottoscrisse i decreti conciliari in 47ª o 49ª posizione, tra Martino di Priverno e Sergio di Sabina.[7] Note
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