Umberto Ricagno
Umberto Ricagno (Sezzadio, 14 marzo 1890 – Roma, 17 luglio 1964) è stato un generale italiano, veterano della guerra italo-turca e della prima guerra mondiale, decorato con due Medaglie di bronzo e una Croce di guerra al valor militare. Durante la seconda guerra mondiale fu comandante della 3ª Divisione alpina "Julia" nel corso della campagna di Russia. Caduto prigioniero nel gennaio 1943, rientrò in Patria solo il 16 maggio 1950. Insignito della Croce di Cavaliere dell'Ordine militare d'Italia e del titolo di Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine al merito della Repubblica Italiana. BiografiaNacque a Sezzadio, provincia di Alessandria, il 14 marzo 1890.[1] Arruolatosi nel Regio Esercito frequentò come Allievo ufficiale la Regia Accademia Militare di Fanteria e Cavalleria di Modena, da cui uscì con il grado di sottotenente dell'arma di fanteria, corpo degli alpini, nel 1910.[1] Partecipò negli anni successivi alla guerra italo turca, combattendo nelle file del Battaglione alpini "Fenestrelle" del 3º Reggimento alpini, venendo decorato con una Medaglia di bronzo al valor militare e una Croce di guerra al valor militare.[1] Prese parte poi alla prima guerra mondiale come capitano comandante della 27ª Compagnia, distinguendosi nel 1915 sul Monte Nero, tanto da venire decorato con una seconda Medaglie di bronzo al valor militare, e poi sul Vrsic e sul Monte Rosso. Nel 1917 venne promosso maggiore e assegnato al Corpo di Stato maggiore.[2] Alternò servizi operativi ad altri presso lo Stato maggiore fino al 1920, e fu poi comandante del Battaglione alpini "Vestone" del 6º Reggimento alpini.[2] Promosso tenente colonnello nel 1926, fece parte del Corpo di Stato Maggiore e insegnò presso la Scuola di guerra dell'esercito tra il 1928 e il 1931.[3] Tra il 1932 e il 1934 operò in Albania come Capo di stato maggiore della divisione albanese "Koova". Divenuto colonnello, fu comandante prima del 5º e poi del 1º Reggimento alpini.[4] Capo di stato maggiore della 7ª Divisione fanteria "Leonessa" e poi della 4ª Divisione alpina "Cuneense",[3] nel 1940 divenne generale di brigata e Capo di stato maggiore del Comando Superiore Truppe d'Albania, comandando dalla base di Bari.[2] Dal marzo all'aprile 1941 partecipò alle operazioni sul fronte jugoslavo con il XIV Corpo d'Armata. Il 19 agosto 1941 divenne comandante della 3ª Divisione alpina "Julia",[3] alla testa della quale nel luglio 1942 partì per la campagna di Russia in forza all'ARMIR.[2] Dopo l'esito negativo della seconda battaglia difensiva del Don cadde prigioniero dei sovietici a Valujki il 27 gennaio 1943, rientrando in Italia dopo una dura prigionia soltanto il 16 maggio 1950.[2] Rientrato in servizio nell'Esercito Italiano, essendo stato nominato generale di corpo d'armata il 1 gennaio 1947, decorato con la Croce di Cavaliere dell'Ordine militare d'Italia, e destinato al comando territoriale di Bari.[2] Nel 1954 fu nominato Commissario Generale Onoranze Caduti in Guerra.[N 1][3] Fu per sei anni presidente della sezione dell'Associazione Nazionale Alpini di Roma.[2] Il 2 giugno 1963 fu insignito del titolo di Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine al merito della Repubblica Italiana È morto a Roma il 17 luglio 1964.[2] I funerali avvennero a Sezzadio con gli onori militari, con la salma trasportata su di un affusto di cannone alla presenza del Ministro della Difesa Giulio Andreotti e della Bandiera di guerra dell'8º Reggimento alpini.[2] Onorificenze«Degno comandante in terra di Russia della eroica Divisione Alpina Julia che, da lui mirabilmente preparata e guidata in una serie di violenti e sanguinosi combattimenti, ha saputo imporsi all’ammirazione di tutti e guadagnare ai suoi magnifici Reggimenti la Medaglia d’Oro al Valor Militare. In dura e lunga prigionia è stato d’esempio di dignità, di fierezza e di serietà, sopportando con grande forza d’animo pericoli e disagi di ogni genere. Assertore dei doveri di soldato e di Italiano. Fronte del Don–Campi di prigionia in Russia, 1942-1950.»
— Decreto del Presidente della Repubblica 30 novembre 1950[5] «Disimpegnava con coraggio e calma il proprio incarico di aiutante maggiore, portando ripetutamente ordini sulla linea di fuoco. Ferito si rifiutava di abbandonare il suo posto, dando bella prova di fermezza e di ardire. Monte Mrzlivrh, 1-2 giugno 1915.»
«Nell'avanzata della compagnia attraverso l'oasi, rimasto momentaneamente isolato, condusse con criterio e risolutezza il suo plotone di fronte al nemico, fino a raggiungere l'obiettivo comune. Bin Bu Saad, 1 dicembre 1911.»
— Regio Decreto 4 giugno 1914[6]
— Regio Decreto 26 maggio 1942[7]
— Regio Decreto 16 luglio 1936[8]
— Decreto del Presidente della Repubblica 2 giugno 1963[9]
NoteAnnotazioni
Fonti
Bibliografia
Collegamenti esterni
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