Nello stesso periodo nasce a tal fine il cosiddetto "Gruppo Amato", chiamato ufficialmente "Comitato d'azione per la democrazia europea" (in inglese "Action Committee for European Democracy" o ACED) e sostenuto dalla Commissione europea (che ha inviato due suoi rappresentanti alle riunioni), con il mandato non ufficiale di prospettare una riscrittura della Costituzione basata sui criteri che erano emersi durante le consultazioni della Presidenza tedesca con le varie cancellerie europee.
Il risultato è stato presentato il 4 giugno 2007: il nuovo testo presentava in 70 articoli e 12 800 parole circa le stesse innovazioni della Costituzione (che aveva 448 articoli e 63 000 parole) diventando così il punto di riferimento per i negoziati.
Il Consiglio europeo di Bruxelles, sotto la presidenza tedesca, il 23 giugno 2007 raggiunse l'accordo sul nuovo Trattato di riforma.[2]
Contenuti
Il trattato di revisione di diritto internazionale recepisce gran parte delle innovazioni contenute nella Costituzione europea, conferma la forma di unione pattizia di Stati sovrani[3], in un'ottica di continuità con i trattati modificati, eliminando alcuni elementi in essa contenuti. Rispetto a quel testo, sono state approvate a Bruxelles le seguenti modifiche:
è stato tolto ogni riferimento esplicito alla natura costituzionale nel testo: sono stati eliminati i simboli europei e si è ritornati alla vecchia nomenclatura per gli atti dell'UE; come denominazione degli atti normativi unionali tornano quindi le parole "regolamenti" e "direttive" (al posto delle "leggi europee" e "leggi quadro europee");
è stata confermata la figura del presidente del Consiglio europeo non più a rotazione e per un mandato semestrale ma con elezione a maggioranza qualificata dal Consiglio europeo per un mandato di due anni e mezzo, rinnovabile una volta;
vengono meglio delimitate le competenze dell'UE e degli Stati membri, esplicitando che il "travaso di sovranità" può avvenire sia in un senso (dai Paesi all'UE, come è sempre avvenuto) che nell'altro (dall'UE ai Paesi);
il nuovo metodo decisionale della "doppia maggioranza" è stato fatto entrare in vigore dal 2014 e, a pieno regime, dal 2017;
aumentano i poteri dei Parlamenti nazionali che hanno più tempo per esaminare i regolamenti e le direttive;
la Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea non è integrata nel Trattato, ma vi è un riferimento ad essa. Il Regno Unito ha ottenuto una "clausola di esclusione" ("opt-out") per non applicarla sul suo territorio al fine di preservare il Common law. Lo stesso è stato concesso alla Polonia ma con l'elezione a premier di Donald Tusk quest'ultimo si è impegnato a non far valere l'"opt-out" ottenuto. Anche la Repubblica Ceca ha richiesto e ottenuto, poco prima della ratifica, l'opt-out;
viene specificato che la PESC ha un carattere specifico all'interno dell'UE e che non può pregiudicare la politica estera e la rappresentanza presso le istituzioni internazionali degli Stati membri.
la concorrenza non è più ritenuta un obiettivo fondamentale dell'UE, ma viene citata nel protocollo aggiuntivo n. 25;
viene introdotta l'energia nella clausola di solidarietà in cui gli Stati membri si impegnano a sostenere gli altri in caso di necessità;
viene specificata la necessità di combattere i cambiamenti climatici nei provvedimenti a livello internazionale;
viene introdotta la possibilità di recedere dall'UE (fino ad oggi, infatti, vi si poteva solo aderire).
Curiosità: Valéry Giscard d'Estaing, il presidente della Convenzione europea, ha dichiarato che le differenze tra i testi della Costituzione europea e del Trattato di riforma sono solo "cosmetiche" e che rendono quest'ultimo meno comprensibile rispetto al primo mentre il think tankeuro-scetticoOpen Europe si è spinto fino all'analisi dettagliata, notando che il Trattato di riforma è per il 96% identico alla Costituzione europea[4].
La trattativa informale
Essenzialmente tre sono stati i Paesi su cui si è trattato più a lungo per un accordo: Polonia, Regno Unito e Francia. I punti controversi sul tavolo negoziale erano i seguenti:
la Polonia rifiutava il metodo della maggioranza qualificata per le decisioni in seno al Consiglio europeo e chiedeva il ritorno alla ponderazione col metodo della radice quadrata;
diversi paesi (tra cui soprattutto Regno Unito, Paesi Bassi e Repubblica Ceca) chiedevano di cancellare la figura del ministro degli Esteri europeo mantenendo l'autonomia nazionale in politica estera;
il Regno Unito si opponeva al valore giuridico della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea (ottenendo un "opt-out" insieme alla Polonia) e alla superiorità del Diritto europeo in tutti i settori (cosa poi ottenuta dagli europeisti, sebbene derubricata in una dichiarazione contenente un richiamo alla giurisprudenza della Corte di giustizia dell'UE), due cose che avrebbero stravolto l'ordinamento del Common law britannico;
la Francia chiedeva la soppressione del riferimento a un mercato comune dominato dalla libera concorrenza, per porre freni al liberismo europeo visto con malanimo dai francesi.
I negoziati hanno presto risolto, con diverse concessioni, i nodi britannici mentre la questione polacca si è rivelata quasi insormontabile a causa del deciso rifiuto dei leaderLech e Jarosław Kaczyński di accettare la maggioranza qualificata. Un accordo tra Varsavia e la tedesca Merkel (che prevedeva l'entrata in vigore della maggioranza qualificata solo nel 2014) è stato dapprima accettato e poi respinto dalla Polonia. A questo punto, sotto la pressione dell'Italia che ha guidato una coalizione di paesi europeisti a oltranza, la cancelliera Angela Merkel aveva proposto di indire una nuova Conferenza intergovernativa senza includere la Polonia che, di fatto, sarebbe così rimasta fuori dal nuovo trattato. Ciò ha spaventato il governo polacco che ha infine accettato una proposta di compromesso.
La Conferenza intergovernativa
Con questo mandato si è aperta a Bruxelles il 24 luglio 2007 la settima Conferenza intergovernativa (CIG) con l'incarico di finalizzare il nuovo trattato: il gruppo di "esperti giuridici" ha raggiunto un accordo sul testo il 2 ottobre 2007. La CIG ha concluso i suoi lavori al Consiglio europeo del 18-19 ottobre 2007, in cui le ulteriori questioni discusse sono state:
la Polonia insisteva per comprendere la "clausola di Ioannina", meccanismo che permette ai Paesi in minoranza di rinviare le decisioni prese dal Consiglio dell'Unione europea all'interno del Trattato anziché in una dichiarazione separata. Il compromesso trovato è di includerla in un protocollo, dalla maggiore "forza" legale. Infine la clausola potrà essere rimossa dal Consiglio all'unanimità e non da una nuova Conferenza Intergovernativa come chiedeva la Polonia;
l'Italia si era detta contraria all'approvazione della nuova composizione del Parlamento europeo che deve passare a 751 membri secondo il Trattato. La proposta votata dal Parlamento portava i seggi italiani a 72 contro i 73 del Regno Unito e i 74 della Francia (storicamente tre paesi con lo stesso numero di seggi), utilizzando una formula che teneva conto della popolazione residente anziché dei cittadini come recita il Trattato. Secondo l'Italia la decisione avrebbe potuto essere differita, in quanto non vincolante per l'adozione del Trattato. Il compromesso trovato vede crescere i seggi italiani a 73 e prevede inoltre una nuova redistribuzione dei seggi sempre con il criterio della cittadinanza a partire dalle elezioni europee del 2014;
la Bulgaria ha ottenuto di poter scrivere il nome della moneta comune in alfabeto cirillico ("евро" invece di "euro").
L'accordo ha posto fine a due anni e mezzo di incertezza istituzionale successiva al blocco dei referendum francese e olandese sulla Costituzione. Il Trattato è stato approvato ufficialmente il 18 ottobre 2007 nel vertice informale di Lisbona che concludeva la CIG ed è stato firmato dai capi di Stato e di Governo il 13 dicembre 2007, sempre a Lisbona.
L'iter di ratifica
Storia
L'Ungheria è stata la prima nazione a ratificare il Trattato, il 20 dicembre 2007, a soli sette giorni dalla firma dello stesso, mentre l'ultima è stata la Repubblica Ceca il 3 novembre 2009.
Il Trattato è stato ratificato da tutti gli Stati firmatari, esclusivamente per via parlamentare. Vari gruppi euroscetticidanesi e britannici, avendo notato che le implicazioni legali del Trattato erano identiche a quelle della bocciata Costituzione europea, hanno chiesto nei primi mesi del 2008 la ratifica attraverso referendum ma non l'hanno ottenuta. Anche i Paesi Bassi, la Repubblica Ceca e la Danimarca hanno deciso di non far svolgere alcuna consultazione popolare: l'obiettivo prioritario era infatti quello di riuscire a far entrare in vigore il Trattato il 1º gennaio 2009 o comunque prima delle elezioni europee del giugno successivo.
Solo l'Irlanda, nel rispetto di una decisione del 1987 della propria Corte suprema, ha dovuto tenere due referendum sulla modifica costituzionale da parte del Parlamento che deve obbligatoriamente precedere la ratifica di trattati internazionali che potrebbero essere in conflitto con la sua Costituzione.
Il Consiglio europeo del 19-20 giugno 2008 ha sostanzialmente adottato questa linea, rimandando la decisione finale alla riunione del 15 ottobre 2008 (appuntamento poi posticipato a dicembre 2008 su richiesta dell'Irlanda stessa)[21] sotto presidenza francese. Nelle conclusioni[22] i capi di Stato e di Governo hanno dichiarato:
«il Consiglio europeo ha preso atto che i parlamenti di 19 Stati membri hanno ratificato il trattato e che il processo di ratifica prosegue negli altri Paesi. Il Consiglio europeo ha approvato la proposta dell'Irlanda di ritornare sulla questione in occasione della riunione del 15 ottobre 2008 al fine di esaminare la via da seguire.»
In sostanza, da una parte si è dato tempo all'Irlanda di elaborare un piano su come uscire dall'impasse e dall'altra si sono invitati i Paesi che non l'avevano ancora fatto a ratificare al più presto il Trattato[23].
Nel Consiglio europeo dell'11-12 dicembre 2008, l'Irlanda si è impegnata a organizzare un secondo referendum prima dell'entrata in funzione della nuova Commissione europea[24]. L'Irlanda ha visto riconoscersi diverse richieste:
il mantenimento di un commissario per Stato;
la salvaguardia dei poteri nazionali nel campo della politica fiscale;
la rassicurazione sulla tradizionale neutralità della nazione;
la non ingerenza nelle materie del diritto alla vita, dell'educazione e della famiglia a causa dei vincoli giuridici causati dall'entrata in vigore della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea.
Sulla base di tali rassicurazioni, il referendum del 2009 ha avuto esito favorevole.
Si è poi deciso di adottare delle misure transitorie sul Parlamento europeo e sul regime della presidenza del Consiglio europeo. Nello specifico:
i membri del Parlamento europeo saranno aumentati dai 736 stabiliti a partire dal 2009 dal Trattato di Nizza ai 751 previsti dalla decisione collegata al Trattato di Lisbona, con l'obiettivo che tale modifica avvenga nel corso del 2010;
la Presidenza semestrale attiva quando il Trattato entrerà in vigore continuerà a vivere e passerà la mano alla Presidenza eletta solamente al termine del suo mandato.
Lo slittamento dell'entrata in vigore del Trattato ha portato notevoli problemi da risolvere, in quanto tutta l'agenda del 2009 era stata impostata pensando alle nuove regole. Il Trattato di Nizza infatti prevedeva in particolare che la Commissione europea successiva al raggiungimento del 27º Stato (ossia quella poi eletta nel settembre 2009) avrebbe dovuto essere ridimensionata, pur non specificando come. Il Trattato di Lisbona invece stabilisce in tal ambito regole molto precise a partire dal 2014[25].
La vittoria del 'sì' nel secondo referendum irlandese ha poi, di fatto, sbloccato anche le ratifiche di Polonia e Repubblica Ceca.
Nel Consiglio europeo del 29-30 ottobre 2009 si è poi presa la decisione di concedere a quest'ultima nazione l'opt-out sulla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, condizione posta in cambio della propria firma al Trattato di Lisbona dal presidente Václav Klaus che aveva paventato il rischio che l'adozione della Carta nel proprio Paese avrebbe potuto ingenerare tutta una serie di nuovi ricorsi per l'indennizzo di tre milioni di tedeschi espulsi dai Sudeti con il decreto Beneš dopo la seconda guerra mondiale[26].
Dati di ratifica
Nella tabella qui sotto sono riportati i dati riguardanti l'iter di ratifica del Trattato di Lisbona che modifica il trattato sull'Unione europea e il trattato che istituisce la Comunità europea. La lista qui sotto è ordinata in base alla data di deposito degli strumenti di ratifica. Se la data di deposito coincide la lista è ordinata in base alla data di approvazione parlamentare.
Il 20 dicembre 2007 il Consiglio costituzionale ha ritenuto parzialmente incompatibili con la Costituzione francese alcune disposizioni del Trattato di Lisbona e quindi, prima di inoltrarsi nella ratifica formale del testo, si è provveduto a modificare la Costituzione stessa. Il relativo progetto di riforma costituzionale è stato approvato dall'Assemblea nazionale il 16 gennaio 2008, dal Senato il 29 gennaio 2008 e dal Congresso (formato dall'Assemblea nazionale e dal Senato riuniti in seduta comune) il 4 febbraio 2008. La legge di revisione costituzionale è stata poi pubblicata nel Journal officiel il 5 febbraio 2008, giorno a partire dal quale la Francia ha potuto così procedere alla ratifica del Trattato.
Germania
In Germania la promulgazione da parte del presidente della Repubblica Horst Köhler della legge di ratifica del Trattato di Lisbona è stata sospesa a lungo in attesa dell'approvazione definitiva (avvenuta il 23 settembre 2009[78][79]) di quattro leggi di accompagnamento nelle quali, a garanzia della conformità alla Costituzione tedesca delle future decisioni di Bruxelles, sono enunciati espressamente i diritti di co-decisione del Parlamento federale e con le quali quest'ultimo acquisisce di fatto un potere di verifica delle norme varate dalla Commissione europea. Tali leggi erano state richieste dalla Corte costituzionale federale di Karlsruhe con il suo pronunciamento favorevole in merito alla compatibilità del Trattato con la Legge fondamentale (Costituzione tedesca)[80][81], pronunciamento che si era reso necessario in seguito a un ricorso in tal senso presentato dal parlamentare cristiano-sociale bavarese Peter Gauweiler e da altri 53 membri del Bundestag appartenenti alla Die Linke di Oskar Lafontaine. L'udienza in Corte costituzionale si era svolta il 10 e 11 febbraio 2009 ma la sentenza è stata emessa il 30 giugno 2009[82].
Irlanda
Dal 1987 in avanti, dopo una decisione in merito da parte della Corte suprema, la ratifica di trattati internazionali che potrebbero essere in conflitto con la Costituzione irlandese deve essere preceduta da un'apposita revisione di quest'ultima da parte delle Camere, modifica costituzionale che, al pari di tutte le altre, deve essere poi confermata da un referendum nazionale. Così il 12 giugno 2008 l'Irlanda è stato l'unico Paese dell'Unione europea a indire una consultazione referendaria. Tutti i membri dei tre partiti di governo nell'Oireachtas hanno sostenuto il 'sì'; identica cosa hanno fatto tutti i partiti di opposizione nel Parlamento, con l'eccezione del Sinn Féin. I Verdi, pur essendo un partito di governo, non hanno preso ufficialmente posizione non riuscendo a raggiungere una maggioranza dei due terzi (in uno o nell'altro senso) nel proprio congresso del gennaio 2008 e hanno dunque lasciato i propri iscritti liberi di decidere autonomamente. La maggior parte dei sindacati e delle organizzazioni irlandesi di categoria hanno sostenuto il 'sì' mentre hanno appoggiato il 'no' il partito euroscettico Libertas, il gruppo "L'Alleanza della gente prima del profitto" e alcuni gruppi minori di ispirazione marxista. Inoltre il "Partito indipendentista dal Regno Unito" ha incoraggiato i propri simpatizzanti ad andare in Irlanda fare campagna per il 'no'. Il referendum del 2008 ha visto prevalere i 'no' col 53,4% dei voti (862 415 elettori), contro il 46,6% del 'sì' (752 451 elettori). L'affluenza è stata di poco superiore al 50% degli aventi diritto[83].
A seguito di questo risultato, l'Irlanda si è incamminata verso una seconda consultazione referendaria[84]). Il 27 novembre 2008 una sub-commissione del Parlamento irlandese aveva infatti stabilito formalmente che "non ci sono ostacoli giuridici al fatto che in Irlanda si svolga un secondo referendum sul Trattato di Lisbona"[85]. Alla vigilia dell'appuntamento, Brian Cowen si dichiarava fiducioso sull'esito del nuovo voto dopo le concessioni avute nel Consiglio europeo dell'11-12 dicembre 2008[86] (confortato in questo anche dai sondaggi pre-elettorali che indicavano come il deterioramento della situazione economica avesse fatto sostanzialmente cambiare idea agli irlandesi[87]) mentre le principali forze politiche che sostennero il 'no' durante la prima consultazione ribadivano la loro opposizione anche per il secondo referendum[88]. Il referendum del 2009 ha poi visto la prevalenza dei sì col 67,1%[89], confermando così la modifica costituzionale introdotta il 9 luglio 2009 e dando quindi il via libera definitivo all'approvazione parlamentare del Trattato e al deposito degli strumenti di ratifica presso il Ministero degli Affari Esteri del Governo di Roma[90].
Italia
In Italia, a causa delle elezioni politiche anticipate e della volontà di alcuni gruppi parlamentari di non procedere alla ratifica a camere sciolte[91], nonostante un appello informale in questo senso fosse stato fatto dal presidente della RepubblicaGiorgio Napolitano[92], il disegno di legge[93] presentato dal Governo Prodi II non fu votato. Il nuovo Governo Berlusconi IV ha dovuto quindi ripresentare un disegno di legge per procedere alla ratifica. Tale disegno di legge[94] è stato in seguito approvato definitivamente dal Parlamento il 31 luglio 2008[95][96], promulgato dal presidente della Repubblica il 2 agosto 2008 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana - Serie Generale n. 185 dell'8 agosto 2008 (Supplemento Ordinario n. 188). Ne è poi scaturito un aggiornamento della più recente legislazione nazionale in materia unionale europea, frutto della
sedimentazione delle leggi “La Pergola”, “Buttiglione”
e “Moavero Milanesi”: «la legge 24 dicembre 2012, n. 234 contempla una panoplia di informative e consultazioni del Governo nei confronti del Parlamento, per garantire la partecipazione delle assemblee rappresentative al processo decisionale dell’Unione europea»[97].
Polonia
La procedura approvativa in Polonia è stata ferma per un anno e mezzo in quanto si attendeva la firma presidenziale (il cosiddetto "atto di ratifica"). Il presidente della Repubblica polaccaLech Kaczyński aveva immediatamente promulgato la legge che, ai sensi dell'articolo 90 comma 4 della Costituzione polacca, gli permetteva di siglare il Trattato di Lisbona ma si era astenuto invece dal procedere con l'atto di ratifica per parecchio tempo. Lech Kaczyński aveva a tal proposito rilasciato numerose dichiarazioni, correggendo più volte il tiro e subendo pressioni soprattutto dal capo di Stato francese Nicolas Sarkozy (presidente di turno del Consiglio europeo durante il secondo semestre 2008) al fine di rispettare gli impegni presi. Nella sua ultima uscita aveva affermato che avrebbe concesso la sua firma quando anche l'Irlanda fosse stata pronta a ratificare (come in effetti è poi avvenuto). Tale comportamento sembrava più che altro una manovra di politica interna legata alla sua contrapposizione con il primo ministro Donald Tusk in merito alla questione dello scudo spaziale USA da ospitare nel Paese.
Regno Unito
Il conservatore ed euro-scettico Stuart Wheeler ha presentato un ricorso presso l'Alta Corte di Londra volto ad ottenere la convocazione di un referendum preventivo riguardo alla ratifica del Trattato di Lisbona, ma il 25 giugno 2008 l'Alta Corte ha respinto la richiesta[98].
Repubblica Ceca
Il presidente della Repubblica Ceca Václav Klaus è stato un serio ostacolo alla ratifica del Trattato poiché è un fervente euro-scettico e ne ha chiesto subito l'abbandono (definendolo "morto") dopo la vittoria del 'no' nel primo referendum irlandese (unico capo di Stato dei Paesi UE ad agire in tal modo). Poche settimane più avanti, il 24 luglio 2008, ha però ammorbidito tale posizione affermando che non avrebbe firmato il Trattato se l'Irlanda non l'avesse ratificato prima.
Quattro mesi dopo questa dichiarazione, il 26 novembre 2008, la Corte costituzionale ceca ha sentenziato che "il Trattato di Lisbona dell'UE non viola la Costituzione nazionale", aprendo così la strada alla sua ratifica parlamentare dopo mezzo anno di blocco[99]. La richiesta di una verifica della costituzionalità del Trattato era partita dal Senato ceco[100], probabilmente al fine di acquietare i timori dei partiti più piccoli rappresentati in Parlamento. La Camera e il Senato hanno iniziato l'esame del trattato rispettivamente il 9 e il 10 dicembre 2008, ma entrambi i rami del Parlamento hanno deciso di rinviare il voto a febbraio 2009 per pronunciarsi preventivamente sull'accordo con gli USA per la realizzazione di una base radar e per dare il tempo ai due maggiori partiti di negoziare una tregua in vista del semestre di presidenza UE del 2009. Il 18 febbraio 2009 la Camera ha quindi approvato la ratifica mentre il Senato ha licenziato definitivamente il Trattato solo il 6 maggio 2009 in quanto ha deciso di procrastinare ulteriormente la votazione sul testo, questo sia a causa di una intervenuta crisi di Governo che al fine di dare prima il via libera all'inserimento nel regolamento di entrambi i rami del Parlamento del cosiddetto "istituto del mandato vincolato". Secondo tale mandato, in futuro ogni trasferimento di competenza dal piano nazionale a quello comunitario dovrà essere preventivamente approvato da entrambe le Camere e non potrà dunque più bastare il solo assenso governativo.
Successivamente all'approvazione del Trattato da parte del Parlamento, Klaus ha continuato la sua politica oltranzista[101] presentando attraverso un gruppo di senatori del suo partito un nuovo ricorso alla Corte costituzionale con l'obiettivo non dichiarato di prendere tempo per offrire la sponda al leader del Partito Conservatore britannicoDavid Cameron, candidato favorito alle elezioni generali britanniche che si sarebbero tenute nella primavera del 2010. Cameron aveva infatti più volte fatto sapere in quel periodo che, se si fosse arrivati a tale data senza il Trattato in vigore, avrebbe promosso un referendum su di esso, nel quale la vittoria dei 'no' sarebbe stata estremamente probabile. In seguito alla sopravvenuta ratifica dell'Irlanda e alle conseguenti forti pressioni di "Bruxelles" su Klaus per convincerlo a promulgare il Trattato[102] (pressioni volte a scongiurare l'ipotesi di cui sopra), e considerando scontato il rigetto della sua istanza presso l'Alta Corte, il presidente ceco ha invece iniziato a negoziare la propria firma con l'UE[103], ottenendo in questo modo un opt-out[104] sulla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea nel Consiglio europeo di fine ottobre 2009. Questa concessione, assieme al pronunciamento della Corte costituzionale che il 3 novembre 2009 ha ribadito per la seconda volta che il Trattato di Lisbona è conforme alla Costituzione della Repubblica Ceca (sentenza immediatamente seguita dalle rivelazioni del quotidiano britannico Times secondo le quali David Cameron ha rinunciato ufficialmente alla possibilità di tenere il referendum sul Trattato non appena insediato come Primo Ministro)[105], ha definitivamente convinto Klaus che, poche ore dopo il verdetto della Corte di Brno, ha così promulgato la ratifica del Trattato. Gli strumenti di ratifica sono stati poi depositati presso il Governo italiano il 13 novembre 2009[106].
Voti consultivi
Considerazioni generali
Oltre agli Stati membri dell'Unione europea, sono stati chiamati a votare sul Trattato di Lisbona anche il Parlamento europeo e le Isole Åland.
Il pronunciamento favorevole del Parlamento europeo, pur essendo stato puramente consultivo e quindi non indispensabile per l'entrata in vigore, ha avuto tuttavia una forte valenza politica come influente segnale istituzionale di condivisione del Trattato.
Riguardo alle Isole Åland invece, un'eventuale loro bocciatura avrebbe provocato la mancata applicazione del Trattato in detto territorio ma non avrebbe ugualmente interessato il processo di ratifica generale.
^L'articolo 6 del Trattato di Lisbona stabilisce che, affinché il Trattato stesso possa entrare in vigore, gli strumenti di ratifica (comprensivi delle leggi approvate dal Parlamento e della promulgazione del Capo dello Stato) devono essere depositati presso il Governo della Repubblica italiana. La presente lista è ordinata in base alla data di deposito degli strumenti di ratifica. Se la data di deposito coincide la lista è ordinata in base alla data di approvazione parlamentare
^La Costituzione ungherese dispone che i trattati internazionali vengano ratificati dall'Assemblea nazionale con il voto favorevole di almeno 257 membri, pari ai due terzi su un totale di 386.
^La Costituzione rumena dispone che i trattati internazionali che emendano i trattati costitutivi dell'Unione europea vengano ratificati dal Parlamento in seduta comune con il voto favorevole di almeno 324 membri, pari ai due terzi su un totale di 486
^La Costituzione slovena dispone che i trattati internazionali vengano ratificati dall'Assemblea nazionale con il voto favorevole di almeno 60 membri, pari ai due terzi su un totale di 90
^La Costituzione bulgara dispone che i trattati internazionali vengano ratificati dall'Assemblea nazionale con il voto favorevole di almeno 160 membri, pari ai due terzi su un totale di 240
^Compresa Gibilterra. Ai sensi della "Dichiarazione numero 55", infatti, il Trattato di Lisbona si applica automaticamente anche a quest'enclave d'oltremare britannica (che aderisce all'Unione europea ma che è argomento di determinate deroghe) senza che sia necessaria la preventiva approvazione da parte del suo Parlamento. Si sono resi però obbligatori dei cambiamenti nella legislazione locale al fine di armonizzarla con il Trattato stesso
^Nel Parlamento del Regno Unito per esprimere il proprio voto viene prima chiesto ai parlamentari di dichiararlo a voce collettivamente: prima viene chiesto ai favorevoli di dire "favorevole" ("content") tutti assieme, e quindi viene chiesto ai contrari di dichiararsi ("not content"). Se non si riesce a desumere con questo metodo quale campo prevalga si procede a votare mediante il metodo della divisione dell'aula. Questa tipologia di voto, sebbene prevista anche dal regolamento delle Camere italiane non viene mai usata preferendo il ricorso al voto elettronico. Nelle aule parlamentari del Regno Unito invece non essendo installati sistemi di voto elettronico è prassi che i parlamentari occupino due sale distinte (una per i favorevoli e una per i contrari) e vengano contati per desumere il risultato della votazione. In questo caso si parla di voto con divisione dell'aula.
^La Costituzione estone dispone che i trattati internazionali vengano ratificati dal Riigikogu con il voto favorevole di almeno 67 membri, pari ai due terzi su un totale di 101.
^Un altro passo avanti, su politichecomunitarie.it. URL consultato il 3 novembre 2009 (archiviato dall'url originale il 20 dicembre 2016).
^La Costituzione polacca dispone che i trattati internazionali vengano ratificati dal Sejm con il voto favorevole di almeno 307 membri, pari ai due terzi su un totale di 460 e dal Senato con il voto favorevole di almeno 67 membri, pari ai due terzi su un totale di 100 o mediante referendum popolare
^Le Isole Åland sono una provincia autonoma finlandese facente parte dell'UE ma soggetta a specifiche esenzioni. Con l'approvazione della ratifica del Trattato di Lisbona da parte del Parlamento locale si sono rese necessarie delle modifiche alla legislazione interna per armonizzarla con il Trattato stesso.
Franco Bassanini e Giulia Tiberi (a cura di). Le nuove istituzioni europee. Commento al trattato di Lisbona. Bologna, Il Mulino, 2008. ISBN 88-15-12431-4.
Alberto Lucarelli e Andrea Patroni Griffi (a cura di). Dal trattato costituzionale al trattato di Lisbona. Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2008. ISBN 88-495-1862-5.
Vincenzo M. Sbrescia. Le competenze dell'Unione Europea nel Trattato di Lisbona. Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 2008. ISBN 978-88-495-1451-3.