Tobiadi è il nome moderno di una famiglia di origine ammonitide, che professava la religione ebrea e che in epoca ellenistica gestiva la raccolta delle imposte per conto dei Tolomei.
Nel III secolo a.C. un Tobia, cognato del sommo sacerdote Onia II[2], fu sostenitore della dinastia tolomaica in Palestina contro le influenze della dinastia seleucide[3]. Suo figlio Giuseppe ottenne da uno dei sovrani Tolomei d'Egitto (probabilmente da Tolomeo III Evergete[3] o forse da Tolomeo V Epìfane Eucaristo[4]) la carica di esattore delle tasse per la Siria e la Fenicia[5]. Dopo la morte di Giuseppe, attorno al 200 a.C., allorché la Palestina fu conquistata dal sovrano seleucide di SiriaAntioco III, mentre la maggior parte dei figli di Giuseppe prese le parti dei nuovi signori, il figlio minore Ircano si mantenne fedele ai sovrani Tolomei[6] e si avvicinò al sommo sacerdozio Onia III, con l'aiuto del quale scacciò i propri fratellastri che dominavano in Gerusalemme[7]. Assediato tuttavia da Antioco Epifane, Ircano si uccise e i suoi beni furono incamerati dal sovrano seleucide[2].
La dominazione delle dinastie tolemaica e seleucide influenzarono anche l'arte giudaica. Un esempio è il palazzo eretto da Ircano a 'Araq el-Emīr, in Transgiordania, uno dei rari monumenti del periodo ellenistico rimasti nella Palestina. La facciata del palazzo accosta capitelli corinzi a un fregio dorico, sormontato da un bassorilievo rappresentante leoni, alla maniera assira[8]
^Ircano tobiade, in Treccani.it – Enciclopedie on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
^ Michael Avi-Yonah, GIUDAICA, Arte, in Enciclopedia dell'arte antica, III (Dan-Herc), Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1960. URL consultato il 18 febbraio 2021.
Emil Schürer, Storia del popolo giudaico al tempo di Gesù Cristo (175 a. C.-135 d. C.) [The History of the Jewish People in the Age of Jesus Christ (175 B.C.-A.D. 135)], a cura di Omero Soffritti, collana Biblioteca di storia e storiografia dei tempi biblici ; 1, traduzione di Graziana Soffritti, edizione diretta e riveduta da Géza Vermes, Fergus Millar, Matthew Black con la collaborazione di Pamela Vermes, Brescia, Paideia, 1985.