Terry Riley

Terry Riley
NazionalitàStati Uniti (bandiera) Stati Uniti
GenereMusica minimalista
Periodo di attività musicale1961 – in attività
Sito ufficiale

Terry Mitchell Riley[1] (Colfax, 24 giugno 1935) è un compositore statunitense. È considerato uno dei maggiori rappresentanti della musica minimalista assieme a Steve Reich, Philip Glass[2] e La Monte Young. Grazie a opere quali In C, egli propose un modello compositivo che venne successivamente seguito da tutti gli altri musicisti minimalisti e da numerose formazioni di musica popolare.[3]

Carriera

Prima degli anni Sessanta, Riley studiò al San Francisco State College e all'Università di Berkeley, dove conobbe La Monte Young. Nello stesso periodo studiò pianoforte con Duane Hampton, Adolf Baller, Vladimir Brenner e composizione con Robert Erickson, William Denny, e Seymour Shifrin.[4][5][6] Durante la prima metà degli anni Sessanta, viaggiò in Europa lavorando assieme ad altri strumentisti di musica leggera e jazz, ed entrando, nel 1961, a far parte della compagnia di danza di Ann Halprin, dove maturò un proprio linguaggio musicale.[4][6] Alcune delle sue prime opere vennero composte lungo la prima metà degli anni Sessanta, e includono I Can't Stop, No, Mescalina Mix, e la serie intitolata Keyboard Studies, tutti brani risalenti al 1963.[7] Durante l'anno successivo compose In C che, oltre a ottenere l'apprezzamento da parte della critica, venne considerata la prima opera di musica minimalista "ripetitiva".[7][8] Altre opere degne di nota realizzate da Riley negli anni Sessanta includono Poppy Nogood and the Phantom Band e A Rainbow in Curved Air, entrambe raccolte nel disco A Rainbow in Curved Air del 1969, che contribuì ad aumentare la sua notorietà presso un pubblico più vasto.[6] Nel 1970 divenne allievo di Pandit Pran Nath, studiò i raga indiani, e divenne professore di musica presso il Mills College di Oakland, in California.[1][4][9] Dal 1967 al 1977 Ha insegnato e tenuto conferenze all'Accademia reale svedese di musica a Stoccolma, all'Università di New York, all'Institute of Music di Cleveland, alla Vallwkilde Summer Music School in Danimarca, alla biennale di Venezia, a Tokyo e Kyoto.[4]

Stile musicale

Ispirata alla filosofia zen,[10][11] ai raga indiani,[9] e ai gamelan balinesi,[12] la musica di Riley è generalmente costruita su ritmi regolari ai quali si aggiungono giri melodici e armonici improvvisati che si sovrappongono.[5][10] Per realizzarla, Riley ha spesso adoperato, durante gli anni Sessanta e Settanta, una strumentazione composta da un organo elettronico a doppia tastiera e un registratore a nastro a bassa velocità di scorrimento, che permette ai suoni riprodotti dallo strumento di venire di volta in volta sovrapposti. Questa tecnica è stata definita "tape delay".[5][6][7][10] L'organo viene generalmente accompagnato da strumenti musicali occidentali e indiani (quali il sitar e la tabla),[9] che, nell'insieme, contribuiscono a rendere le sue composizioni ipnotiche. A partire dalla prima metà degli anni Settanta, le composizioni di Riley saranno sempre più soggette all'influenza della musica indiana, fattore che contribuirà a renderle più meditative ed estatiche.[6][13] A differenza del minimalismo accademico di Reich e Glass, quello di Riley è sempre stato meno "rigido" e più vicino in spirito alla musica pop.[6][14] Secondo le parole dell'artista:

«Quando ascolti rigorosamente un pattern che è ripreso continuamente esso ad un certo punto incomincia a subire una sorta di cambiamento sottile perché nel frattempo sei tu che stai cambiando.»

Discografia

  • Music for the Gift (1963)
  • In C (1964)
  • Reed Streams (1965)
  • A Rainbow in Curved Air (1969)
  • Poppy Nogood and the Phantom Band All Night Flight, Vol. 1 (1969)
  • Keyboard Study 2 / Initiative 1 (+ Systèmes) (con i Groupe d'Etude et Réalisation Musicale) (1970)
  • Church of Anthrax (con John Cale) (1971)
  • Happy Ending (colonna sonora) (1972)
  • Persian Surgery Dervishes (1972)
  • Lifespan (colonna sonora) (1975)
  • Descending Moonshine Dervishes (1975)
  • Shri Camel (1978)
  • Songs For The Ten Voices Of The Two Prophets (1983)
  • Cadenza On The Night Plain (con i Kronos Quartet) (1984)
  • No Man's Land (colonna sonora) (1985)
  • The Ethereal Time Shadow (1985)
  • The Harp of New Albion (1986)
  • Keys Of Life - Piano Music From Celestial Harmonies (con Florian Fricke, Hans Otte, Peter Michael Hamel, Herbert Henck e Cecil Lytle) (1986)
  • Chanting the Light of Foresight (con i Rova Saxophone Quartet) (1987)
  • Salome Dances for Peace (1989)
  • June Buddhas (1991)
  • Padova Concert (live)
  • Cactus Rosary (1993)
  • Chanting the Light of Foresight (1994)
  • Intuitive Leaps (1994)
  • Assassin Reverie (con gli ARTE Quartett) (1995)
  • Lisbon Concert (live) (1996)
  • A Lazy Afternoon Among the Crocodiles (con Stefano Scodanibbio) (1997)
  • Litany for the Whale (con Paul Hillier, John Cage e Theatre of Voices) (1999)
  • The Book of Abbeyozzud (1999)
  • Olson III (1999)
  • Requiem for Adam (2001)
  • Moscow Conservatory Solo Piano Concert (live) (2001)
  • Atlantis Nath (2002)
  • Sun Rings (per i Kronos Quartet) (2002)
  • Cantos Desiertos (con Robert Beaser, Joan Tower, Lowell Liebermann, e Peter Schickele) (2003)
  • The Cusp of Magic (con i Kronos Quartet) (2004)
  • I Like Your Eyes Liberty (con Michael McClure) (2004)
  • Diamond Fiddle Language (con Stefano Scodanibbio) (2005)
  • The Last Camel In Paris (2008)
  • Banana Humberto (con il Paul Dresher Ensemble) (2010)
  • Autodreamographical Tales (2010)
  • Two Yearly Works (raccolta delle prime composizioni di Riley realizzate dai Calder Quartet) (2010)
  • Live (con Gyan Riley) (live) (2011)
  • Aleph (2012)

Note

  1. ^ a b Michael Randel, The Harvard Biographical Dictionary of Music, Harvard University Press, 1996, p. 747.
  2. ^ La musica elettronica autori vari, Feltrinelli, 1976 pag. 264
  3. ^ A Riley è stata attribuita un'influenza a gruppi musicali quali i Tangerine Dream, i Soft Machine, i Curved Air, e i Pink Floyd (Top Music '77, Antonino Antonucci Ferrara, Arcana, 1977 pag. 196)(Dizionario della musica e dei musicisti - volume sesto a cura di Alberto Basso, UTET, 1988 pag. 35)
  4. ^ a b c d e Alberto Basso, Dizionario della musica e dei musicisti (volume sesto), UTET, 1988, p. 352.
  5. ^ a b c Antonino Antonucci Ferrara, Top Music '77, Arcana, 1977, p. 195.
  6. ^ a b c d e f Autori vari, Enciclopedia della musica III, Rizzoli Larousse, 1990, p. 1813.
  7. ^ a b c Alberto Basso, Dizionario della musica e dei musicisti (volume quarto), UTET, 1988, pp. 178-179.
  8. ^ nell'opera Enciclopedia della musica III è scritto: Alcuni dei suoi primi brani eseguibili in re-recording, o da numerosi strumentisti, come i Keyboard Studies (1965-66), e soprattutto In C (1966), vengono accolti con favore dall'avanguardia musicale per il loro linguaggio aggressivamente consonante e tonale e per il principio della ripetizione ostinata: Riley è stato così il primo "ripetitivo" a sfondare presso il grande pubblico, precedendo Glass, Reich, o Gibson (autori vari, Rizzoli Larousse, 1990, pag. 1813)
  9. ^ a b c Otto Karolyi, La musica moderna, Mondadori, 1998, pp. 227-228.
  10. ^ a b c Gianfranco Vinay, Storia della musica - il Novecento, EDT, 1987, pp. 138-139.
  11. ^ Il secondo Novecento (Andrea Lanza, UDT, 1991) pag. 161
  12. ^ Tutto musica (Guido Boffi, DeAgostini, 2006) pag. 301
  13. ^ Oceano di Suono, David Toop, Costa&Nolan, 1995, pag. 209
  14. ^ nell'opera Storia della musica - volume quarto è scritto riferendosi alla musica di Riley: "Concettualmente un'alternativa sorprendente sia al rigore seriale che alla casualità aleatoria post-cageiana." pag. 179

Bibliografia

Altri progetti

Collegamenti esterni

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