Solfoemoglobinemia
La solfoemoglobinemia o sulfemoglobinemia è una rara condizione in cui un atomo di zolfo viene incorporato nella molecola dell'emoglobina, generando la cosiddetta solfoemoglobina[1]. La combinazione tra lo zolfo e il ferro dell'eme avviene con un legame irreversibile e genera un pigmento verde incapace di tornare alla conformazione iniziale e trasportare l'ossigeno[2]. EziologiaLa causa è da riconoscersi nella somministrazione di farmaci o sostanze appartenenti ai solfonammidi, quali acetanilide[3], fenacetina[4], alcuni nitrati[3], trinitrotoluene e derivati solforici come i sulfamidici[5]. Può esitare anche dalla somministrazione di fenazopiridina[6], dapsone, solfato di idrossilammina[2] e sumatriptan[7]. ClinicaIl paziente si presenta con una colorazione variabile dal verde al bluastro del sangue, della cute e delle mucose, in assenza di anormalità all'esame emocromocitometrico. All'emogasanalisi si definisce una cianosi alla presenza di una concentrazione di solfoemoglobina superiore a 0,5 g/100ml[5]. TrattamentoLa condizione si risolve autonomamente con la sospensione dell'esposizione al fattore causale e la sostituzione degli eritrociti tramite l'emopoiesi[5]. In rari casi può rendersi necessaria una trasfusione di sangue. Non sono noti antidoti[2]. Note
Voci correlateCollegamenti esterni
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