La minoranza slovena in Italia è una minoranza nazionale riconosciuta in Italia. La comunità slovena in Italia è formata da circa 46.000 autoctoni residenti in Friuli-Venezia Giulia[1], ed inoltre da circa 2.500 alcuni espatriati (secondo l'ISTAT, erano 2.506 i cittadini della Repubblica di Slovenia in Italia al 31 dicembre 2016)[2].
La diffusione dell'uso dello sloveno in alcune zone nel Nord-est dell'Italia trova la sua origine nell'Alto Medioevo; risalgono infatti già al VII secolo i primi documenti storici che attestano l'arrivo, dall'area balcanico-danubiana, di gruppi di popolazioni slave ed il loro insediamento nelle zone marginali della pianura friulana e delle sponde nord-orientali del Mare Adriatico che, dopo molteplici vicende storiche, diventarono parte dello Stato italiano.
I primi territori abitati dagli slavi ad entrare a far parte del territorio dello Stato italiano furono quelli della Slavia friulana (Benecija), ovvero la Val Resia (Rezija), le Valli del Torre (Terska dolina) e le Valli del Natisone (Nediške doline), nel 1866 a conclusione della terza guerra d'indipendenza italiana. La partecipazione al plebiscito del 21-22 ottobre 1866 della minoranza friulana di lingua slovena,[3] fu particolarmente significativa.[4] L'Impero austriaco, infatti, dopo il trattato di Campoformio aveva annullato l'autonomia giuridica,[5] linguistica e fiscale un tempo riconosciuta dalla Serenissima Repubblica di Venezia alla comunità slovena, la quale anche per questo motivo aderì alle idee risorgimentali,[6] che andarono ampliandosi sempre di più dopo la breve parentesi del 1848. Il voto antiaustriaco degli sloveni fu unanime: su 3.688 votanti vi fu una sola scheda contraria al Regno d'Italia.[7] Il passaggio al Regno d'Italia comportò molti cambiamenti economici, sociali e culturali per tale territorio,[8] ma iniziò anche una politica di italianizzazione delle Valli del Natisone e del Torre,[9] che nei decenni successivi al plebiscito alimentò un progressivo sentimento di delusione delle speranze di riconoscimento dell'identità slovena.
Nel 1922, con l'avvento del fascismo nei territori annessi all'Italia venne applicata l'assimilazione culturale attraverso l'italianizzazione forzata.
gran parte degli impieghi pubblici furono assegnati agli appartenenti al gruppo etnico italiano;
con l'introduzione della Legge n. 2185 del 1/10/1923 (Riforma scolastica Gentile), fu abolito nelle scuole l'insegnamento della lingua slovena. Nel 1922 sul territorio abitato da sloveni, assegnato all'Italia con il trattato di Rapallo, esistevano 397 scuole con lingua d'insegnamento slovena, che contavano 51 877 iscritti. Nell'arco di cinque anni tutti gli insegnanti sloveni, furono sostituiti con insegnanti italiani, e l'insegnamento impartito esclusivamente in lingua italiana;[12][13]
col Regio Decreto n. 800 del 29 marzo 1923 furono imposti d'ufficio nomi italiani a tutte le centinaia di località assegnate all'Italia col Trattato di Rapallo, anche laddove precedentemente prive di denominazione in lingua italiana: così Boljunc divenne Bagnoli, [...] Dolina - San Dorligo della Valle, [...] Dekani – Villa Decani, [...] Jelšane – Elsane, [...] Moščenice – Moschenizza, [...] Tinjan – Antignana, [...] Veprinac – Apriano, ...[14];
in base al Regio Decreto N. 494 del 7 aprile 1927[15] furono italianizzati i cognomi a sloveni: così Adamich divenne Adami, [...] Dimnik (= camino) → Dominici, [...] Klun (=becco) → Coloni; [...] Polh (=ghiro) → Poli, ...[16].
La politica di italianizzazione forzata durante il ventennio fascista provocò una sensibile riduzione della popolazione slovena. Sul territorio dell'odierna regione Friuli-Venezia Giulia, si stima che in base ai dati del censimento austroungarico del 1910 e del censimento del 1921, risiedevano circa 125 000 appartenenti alla comunità etno-linguistica slovena. Secondo alcune recenti stime nel 2010 il loro numero sarebbe sceso a circa 50 000[17].
Durante la seconda guerra mondiale, il 1º ottobre 1943, la regione fu invasa dalle truppe naziste e inglobata nella Zona d'operazioni del Litorale adriatico sotto il diretto controllo del Terzo Reich. Contemporaneamente il movimento di liberazione sloveno ed il movimento di liberazione croato, che fino ad allora svolgevano la propria attività prevalentemente sul territorio del Regno di Jugoslavia invaso nell’aprile 1941 dagli eserciti del Regno d’Italia e da altre potenze dell'Asse, estesero le proprie azioni di guerriglia anche ai territori dell’ex Litorale Austriaco, assegnati al Regno d’Italia dopo la prima guerra mondiale ma che risultavano abitati anche da circa 440 000 jugoslavi (sloveni e croati), giustificando tali azioni in base ai proclami di annessione di tali territori alla Jugoslavia, emanati dai loro rispettivi organi di governo partigiano.[18][19]
Dopo la sconfitta degli occupatori nazisti ottenuta congiuntamente dalle formazioni del IX. Corpus partigiano sloveno, della IV. Armata jugoslava e dalle avanguardie della seconda divisione neozelandese.[20]. Da parte degli oltre 267 000 abitanti di lingua slovena e degli oltre 170 000 abitanti di lingua croata l’arrivo dei militari jugoslavi veniva salutato come una liberazione, non solo dall’occupazione tedesca, ma anche dal fascismo e dall'invisa sovranità del Regno d’Italia.[21][22] In seguito ai successivi trattati di pace gran parte della Venezia-Giulia venne assegnata alla Jugoslavia. Nella parte della Venezia Giulia assegnata all’Italia dopo la guerra risultarono risiedere ancora circa 100 000 sloveni.
L'Italia repubblicana, in base alla nuova Costituzione, riconobbe agli sloveni residenti sul suo territorio i diritti riconosciuti alle minoranze linguistiche :
Ufficio del comune di Trieste riservato ai residenti di madrelingua slovena.
Indicazione della sede del distretto sanitario ad Aurisina
«La Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche.»
(Art. 6 della Costituzione della Repubblica Italiana)
Nella provincia di Trieste e in quella di Gorizia funzionano, dal primo dopoguerra, scuole statali con lo sloveno come lingua d'insegnamento.
Con la legge n. 38 del 23 febbraio 2001 è stato costituito il "Comitato istituzionale paritetico per i problemi della minoranza slovena" con sede a Trieste; si è provveduto a tracciare un elenco dei comuni abitati dalla minoranza, estendendo alle Valli del Natisone le norme di tutela, riconoscendo come scuole statali gli istituti bilingui privati. Nel 2007 è stato aperto nel centro di Trieste lo Sportello unico statale per gli Sloveni, al fine di consentire alla comunità di utilizzare la propria lingua materna nei rapporti con le istituzioni pubbliche.
I cittadini italiani di lingua slovena della provincia di Udine sono suddivisi in tre comunità autoctone, ognuna con specificità proprie.
In Val Canale gli abitanti di lingua slovena vivono nei comuni di Tarvisio (frazioni Camporosso, Cave del Predil, Fusine in Valromana), Malborghetto-Valbruna (frazioni Valbruna, Bagni di Lusnizza, Santa Caterina, Ugovizza) e Pontebba (frazione Laglesie San Leopoldo). Storicamente hanno fatto parte, fino al 1918, della Carinzia e della Carniola (frazione tarvisiana di Fusine in Valromana) e sono l'unica comunità slovena della provincia di Udine che ha storicamente goduto di un sistema scolastico in lingua slovena. L'insegnamento in lingua slovena in alcune scuole pubbliche è stato interrotto durante il ventennio fascista e reintrodotto in alcune scuole elementari pubbliche dopo quasi cento anni[23][24].
In Val Resia è diffuso un dialetto sloveno (il resiano) con caratteristiche proprie,[25] che viene percepito da molti parlanti, che hanno sviluppato una propria peculiare identità etno-linguistica, come idioma autocnono a sé stante; conseguentemente essi rifiutano la qualifica di "sloveni".[26][27] A prescindere da tali considerazioni localistiche, gli slavisti considerano il resiano un dialetto sloveno.[28] In merito all'appartenenza o meno del dialetto resiano nell'ambito dei dialetti della lingua slovena, nel 2019 l'Istituto per la lingua slovena presso il Centro di Ricerca Scientifica dell'Accademia Slovena della Scienza e dell'Arte di Lubiana ha ribadito che “i dialetti delle Valli del Natisone, delle Valli del Torre e della Val Resia si possono oggettivamente classificare tra i dialetti della lingua slovena”[29][30]. Anche l'Associazione italiana degli slavisti ha ribadito, in varie occasioni, che gli sloveni della provincia di Udine (Val di Resia, Valli del Natisone, e Valle del Torre e del Cornappo) parlano tre diversi dialetti sloveni, appartenenti, come i dialetti sloveni delle province di Gorizia e Trieste, al gruppo dei dialetti comunemente definiti "del Litorale".[31]
Ripartizione linguistica della popolazione nella Provincia di Udine nel 1971[32]
madrelingua italiana (499.975)
96,7%
madrelingua slovena (16.935)
3,3%
L'arrivo delle popolazioni slave sulle sponde del fiume Natisone, iniziato già nel VII secolo, è documentato dallo storico Paolo Diacono[33]. Gli slavi si stabilirono in queste zone già in epoca longobarda, tanto che fu proprio il potere longobardo ad accogliere i primi coloni e ad imporre il confine orientale tra popolazione romanza e slava, quasi coincidente al limite naturale esistente tra la pianura (romanza) e il territorio montuoso delle prealpi (slavo).
In base al censimento del 1921 gli Sloveni in provincia di Udine erano circa 34.000.[34]
Secondo stime più recenti, il numero degli slavofoni in provincia di Udine ammonta a circa 10.000.[35]
Provincia di Gorizia
Le origini del nome
Il nome italiano Gorizia deriva dal sostantivo slavo gorica (leggi gorìza), diminutivo di gora (monte), e significa collina.[36] Si tratta di un toponimo slavo comune in Friuli - es. Goricizza (frazione di Codroipo, UD), Gorizzo (frazione di Camino al Tagliamento, UD), ecc. - che probabilmente sta ad indicare il ripopolamento della zona ad opera di genti slave dopo le devastanti incursioni degli Ungari (IX secolo).
Il nome di Gorizia compare per la prima volta nell'anno 1001 in una donazione imperiale che Ottone III fece redigere a Ravenna, mediante la quale egli cedeva il castello di Salcano e la villa denominata Goriza (medietatem predii Solikano et Gorza nuncupatum) a Giovanni, patriarca di Aquileia, ed a Guariento, conte del Friuli. La località è ricordata successivamente nel 1015 (medietatem unius villae que sclavonica lingua vocatur Goriza).
Ripartizione linguistica della popolazione nella Provincia di Gorizia nel 1971[32]
madrelingua italiana (131.879)
92,6%
madrelingua slovena (10.533)
7,4%
In base ai dati del censimento del 1910, nell'area compresa nell'attuale provincia di Gorizia risiedevano circa 20.000 Sloveni, di cui circa 11.000 nella città di Gorizia, che in quel tempo contava circa 31.000 abitanti.[34][37]
Secondo stime più recenti, il numero degli slavofoni in provincia di Gorizia ammonta a circa 10.000.[35]
Lo sloveno standard è parlato da parte della minoranza di lingua slovena della città di Gorizia e di alcune zone dei comuni di Cormons, Sagrado, Ronchi dei Legionari e Monfalcone, mentre nei comuni di San Floriano del Collio, Savogna d'Isonzo, Doberdò del Lago e nelle frazioni di Oslavia, Piuma, Groina e Sant'Andrea lo sloveno è la lingua parlata dalla maggior parte della popolazione. Comunità di lingua slovena sono presenti anche nei centri industriali della Bisiacaria.
Nel comune di San Floriano del Collio e in alcune frazioni di Cormons, Dolegna del Collio e Gorizia (Podgora/Piedimonte) è diffusa la variante detta dialetto del Collio (briško narečje), mentre nei comuni del Carso goriziano e nei sobborghi meridionali di Gorizia si parla il dialetto carsico (kraško narečje).
Provincia di Trieste
Gli antenati slavi degli attuali appartenenti alla minoranza slovena iniziarono a stabilirsi nelle aree disabitate nei dintorni della città di Trieste già all'epoca di Carlo Magno[38][39], come risulta documentato dal Placito del Risano[40][41] formulato nell'804 presso il fiume Risano a soli 12 km a sud di Trieste.
Ripartizione linguistica della popolazione nella Provincia di Trieste nel 1971[32]
madrelingua italiana (275.597)
91,8%
madrelingua slovena (24.706)
8,2%
In base ai dati del censimento del 1910, nell'area compresa dall'attuale provincia di Trieste, che in quel tempo contava circa 230.000 abitanti, risiedevano circa 57.000 sloveni.[34][37] Secondo stime più recenti, il numero degli slavofoni in provincia di Trieste ammonta a circa 30.000.[35][17]
In provincia di Trieste, dove risiede la comunità di lingua slovena più numerosa[42] della regione, lo sloveno è parlato, dagli appartenenti della minoranza, su quasi tutto il territorio della provincia, tranne che nella città di Muggia. La comunità di lingua slovena è minoritaria nella città di Trieste, mentre è maggioritaria nei comuni di Duino-Aurisina, Sgonico, Monrupino, San Dorligo della Valle e in alcuni sobborghi periferici del comune di Trieste.
Nelle zone rurali del comune di Muggia, nella maggior parte delle frazioni del comune di Dolina-San Dorligo della Valle e in alcuni rioni periferici di Trieste è diffuso il dialetto istriano-variante di Risano. Nei comuni di Monrupino, Sgonico e in alcune frazioni di Dolina-San Dorligo della Valle è diffuso il dialetto carniolino centrale (notranjsko narečje). Lo sloveno è diffuso come dialetto carsico (kraško narečje) anche su tutto il territorio del comune di Duino-Aurisina (ad esclusione della frazione Villaggio del Pescatore), dove però è minoritario rispetto all'italiano.
Legislazione
Sentenza N. 62/1992 della Corte Costituzionale
Nella sentenza N. 62/1992 della Corte Costituzionale viene precisato, in merito al grado di tutela riservato ad una minoranza linguistica riconosciuta, che detta tutela si può considerare pienamente realizzata solo quando, nell'ambito del territorio di insediamento della minoranza, si consenta a ciascun appartenente a tale minoranza di non essere costretto ad adoperare una lingua diversa da quella materna nei rapporti con le autorità pubbliche.
Il diritto di poter accedere all'istruzione obbligatoria nella propria lingua materna;
Il diritto di avere il proprio nome e cognome scritto in tutti gli atti pubblici secondo l'ortografia della propria lingua materna;
Il diritto di ottenere documenti di carattere personale quali la carta di identità e i certificati anagrafici, redatti nella propria lingua materna;
Il diritto di usare la propria lingua materna anche nei rapporti con le autorità amministrative e giudiziali, nonché con i concessionari dei servizi di pubblico interesse (almeno nel territorio caratterizzato storicamente dalla presenza della popolazione slovena);
...
Società
Istruzione pubblica
Dopo la seconda guerra mondiale la comunità di lingua slovena residente nel Friuli-Venezia Giulia riottenne il diritto di istruzione pubblica nella propria lingua madre[46], diritto che era stato negato nel 1923 con la Riforma scolastica Gentile[47].
Istituti comprensivi con lingua d'insegnamento slovena
Istituto comprensivo con lingua d'insegnamento slovena di San Giacomo / Večstopenjska šola s slovenskim učnim jezikom pri Svetem Jakobu - Trieste
Istituto comprensivo con lingua d'insegnamento slovena Vladimir Bartol di San Giovanni / Večstopenjska šola s slovenskim učnim jezikom Vladimir Bartol – Trieste
Istituto comprensivo con lingua d'insegnamento slovena di Opicina / Večstopenjska šola s slovenskim učnim jezikom na Opčinah – Trieste e Monrupino
Istituto comprensivo con lingua d'insegnamento slovena di Aurisina / Večstopenjska šola s slovenskim učnim jezikom v Nabrežini – Duino-Aurisina e Sgonico
Istituto comprensivo con lingua d'insegnamento slovena di San Dorligo della Valle / Večstopenjska šola s slovenskim učnim jezikom v Dolini – San Dorligo della Valle
Istituto Comprensivo con lingua d'insegnamento slovena di Gorizia / Večstopenjska šola s slovenskim učnim jezikom v Gorici – Gorizia e San Floriano del Collio
Istituto statale d'istruzione Superiore Jožef Stefan / Državni izobraževalni zavod Jožef Stefan - Trieste
I.S.I.S. Simon Gregorčič Primož Trubar / Državni izobraževalni zavod Simon Gregorčič Primož Trubar - Gorizia
I.S.I.S. Ivan Cankar / Državni izobraževalni zavod Ivan Cankar - Gorizia
Uso della lingua slovena nella Chiesa
La Chiesa cattolica si impegna a consentire ai suoi fedeli di lingua slovena l'uso della loro lingua madre in tutte le funzioni religiose. Nelle chiese delle parrocchie in cui è presente un numero significativo di fedeli sloveni, le funzioni religiose vengono svolte in lingua slovena. Nelle diocesi di Trieste e di Gorizia vi sono anche due vicari episcopali per i fedeli di lingua slovena.[48]
Istituzioni ed associazioni
La minoranza slovena in Italia è rappresentata da due strutture organizzative che complessivamente coordinano la quasi totalità delle attività comunitarie slovene: la Slovenska kulturno gospodarska zveza (SKGZ - Unione Culturale Economica Slovena) e lo Svet slovenskih organizacij (SSO - Confederazione delle Organizzazioni Slovene).
Le istituzioni culturali cardinali invece sono il Teatro Stabile Sloveno, la Glasbena Matica (Centro musicale sloveno), la biblioteca (Narodna in Studijška Knjižnica) e lo SLORI (Istituto sloveno di ricerche).
Produzione letteraria
Tra gli sloveni in Italia ci sono stati, e ci sono tuttora, anche diversi scrittori, tra cui alcuni anche di fama internazionale. Il più conosciuto tra essi è Boris Pahor, le cui opere, scritte in sloveno, sono state tradotte in italiano e in numerose altre lingue; per le sue opere letterarie è stato insignito di numerosi premi ed onorificenze, tra cui l'Ordine al merito della Repubblica Italiana conferitogli nel 2020 dal Presidente della RepubblicaSergio Mattarella. Degni di nota anche gli scrittori Alojz Rebula, Dušan Jelinčič e Marij Čuk[49].
Mezzi di informazione
A Trieste viene stampato il quotidiano Primorski dnevnik, a Cividale del Friuli il settimanale Novi Matajur e il quindicinale DOM kulturno verski list, a Gorizia il settimanale cattolico Novi glas.
Inoltre c'è Rai Radio Trst A che è un'emittente radiofonica italiana a diffusione regionale, edita dalla Rai, in lingua slovena.
^In particolare, l'Austria abolì la comunione della terra, che venne divisa ed affittata a privati.
^Si veda a tal fine la poesia Predraga Italija, preljubi moj dom (Carissima Italia, amatissima mia casa) di don Pietro Podrecca e l'esperienza garibaldina di Carlo Podrecca.
^Janko Jež - Monumenta Frisingensia: la prima presentazione in Italia dei Monumenti letterari sloveni di Frisinga del X-XI secolo...: con traduzione dei testi, cenni di storia del popolo sloveno e dati sugli Sloveni in Italia – Trieste: Mladika; Firenze: Vallecchi Editore, 1994 - ISBN 88-8252-024-2
^Bojan Brezigar, Tra le Alpi e l'Adriatico - Gli Sloveni nell'Unione Europea, pg.21, Centro d'Informazione di Bruxelles - Ufficio Europeo per le Lingue Meno Diffuse, 1996, ISBN 90-74851-30-4.
AA.VV., Slovenski zgodovinski atlas, Ljubljana, Nova revija d.o.o., 2011, ISBN978-961-6580-89-2.
Joachim Hösler, Slovenia: storia di una giovane identità europea (Trieste: Beit, 2008).
Milica Kacin-Wohinc & Jože Pirjevec, Storia degli Sloveni in Italia (Venezia: Marsilio, 1998).
Bogomila Kravos, Un teatro per la città: breve storia del teatro sloveno di Trieste dal 1850 al 2000, Trieste-Lubiana, SLORI-SSG-SLOGI, 2015.
Paolo Parovel, L'identità cancellata, Eugenio Parovel Editore, Trieste 1985.
(SL, IT, EN) Mi, Slovenci v Italiji=Noi, sloveni in Italia=We, the Slovenes in Italy, Trieste-Gorizia, SKGZ-SSO-SLORI, 2018.
Aleksander Rojc, Cultura musicale degli sloveni a Trieste, Trieste, Editoriale Stampa Triestina, 1978.
Pavel Stranj, La comunità sommersa, 2ª ed., Trieste, Editoriale Stampa Triestina, 1992, ISBN88-7174-031-9.
Vida Valenčič, Botta e risposta sugli sloveni in Italia (Trieste: SLORI Istituto sloveno di ricerche, 2003).
Marta Verginella, Il confine degli altri: La questione giuliana e la memoria slovena (Roma: Donzelli, 2008).
Marta Verginella, Sandi Volk, Katja Colja, Storia e memoria degli sloveni del Litorale (Trieste: Istituto regionale per la storia del movimento di liberazione nel Friuli-Venezia Giulia, 1994).