Sindrome di Rett
La sindrome di Rett è una grave malattia neurologica che colpisce nella maggior parte dei casi soggetti di sesso femminile. La malattia è congenita, anche se non subito evidente, e si manifesta durante il secondo anno di vita e comunque entro i primi quattro anni. Colpisce circa un bambino su 10 000. Si possono osservare gravi ritardi nell'acquisizione del linguaggio e nell'acquisizione della coordinazione motoria. Spesso la sindrome è associata a ritardo mentale gravissimo o la totale assenza mentale. La perdita delle capacità di prestazione è generalmente persistente e progressiva. La sindrome di Rett provoca gravi disturbi a molti livelli, rendendo chi ne è affetto dipendente dagli altri per tutta la vita. La sindrome prende il nome da Andreas Rett, il neurologo di origine austriaca che per primo la descrisse nel 1966. I sintomiLa malattia si presenta in quattro stadi: dopo una fase iniziale di sviluppo normale, si assiste a un arresto dello sviluppo e poi a una regressione, o perdita delle capacità acquisite (stadio 1). Si osserva un rallentamento dello sviluppo del cranio (di grandezza normale alla nascita) rispetto al resto del corpo tra i primi 5 e i 48 mesi di vita; uno sviluppo psicomotorio normale entro i primi 5 mesi di vita, con successiva perdita delle capacità manuali precedentemente sviluppate e comparsa di movimenti stereotipati delle mani (torcerle, batterle, muoverle, stringerle). Si assiste anche a una progressiva perdita di interesse per l'ambiente sociale, stereotipie manuali a hand-washing, anomalie all'EEG e microcefalia acquisita (stadio 2). Nel terzo stadio che si verifica prima dei 10 anni abbiamo un lieve miglioramento con un interesse per l'ambiente esterno, però restano l'inabilità a parlare e compare una severa scoliosi. Al quarto stadio abbiamo la comparsa di una tetraparesi spastica, tale comparsa avviene solitamente dopo il 10º anno di vita.[1] Possono essere anche presenti: irregolarità nella respirazione; anomalie dell'EEG; epilessia (oltre il 50% delle persone affette ha avuto almeno una crisi epilettica); aumento della rigidità muscolare con l'età, che può anche provocare deformità e atrofie muscolari; deambulazione a base allargata (in circa il 50% dei soggetti); scoliosi; nanismo lieve. Il QI massimo presentato dai soggetti affetti dalla malattia non è superiore a 9-11 punti. Oltre alla variante classica esistono delle forme meno gravi. Possibili causeNella maggior parte dei casi, la sindrome di Rett (RTT) è causata da mutazioni sporadiche nel gene MECP2, localizzato sulla parte distale del cromosoma X (precisamente nella zona Xq28), deputato alla produzione di una proteina omonima.[2] Tuttavia, sono anche stati osservati casi in cui, pur essendo presente questa anomalia, i soggetti non soddisfacevano i criteri che definiscono la sindrome di Rett. In meno del 10% dei casi, la sindrome è causata da mutazioni nei geni CDKL5 o FOXG1.[3] La sindrome di Rett viene inizialmente diagnosticata mediante osservazione clinica, ma la diagnosi è definitiva solo quando si individua un difetto in uno dei suddetti geni. In alcuni casi molto rari, non si riesce a individuare alcuna anomalia in tali geni, e ciò suggerisce che anche altri geni mutati possano causare sintomi analoghi a quelli della RTT.[4][5] TrattamentiNon esiste una terapia risolutiva per la sindrome di Rett. Tuttavia, studi recenti, in particolare su modelli murini, hanno mostrato che riportando i livelli di MECP2 a valori fisiologici è possibile in massima parte ripristinare le funzioni compromesse dalla malattia[6]. Un'altra area di ricerca è basata sull'uso del fattore IGF-1 (Insulin-like Growth Factor 1)[7]. Inoltre, gran parte degli autori ritiene che il decorso della malattia possa essere modificato da una varietà di terapie, mirate a ritardare la progressione della disabilità motoria e a migliorare le capacità di comunicazione. Per questo la somministrazione di farmaci è volta principalmente a contrastare il disturbo motorio. Sono stati impiegati L-dopa e dopamino-agonisti. Tra questi, la bromocriptina e la lisuride hanno dato alcuni esiti positivi. Miglioramenti nei sintomi respiratori e comportamentali, e nelle crisi epilettiche, si sono riscontrati con la somministrazione di naltrexone, che blocca l'azione delle endorfine antagonizzando i recettori oppiacei. Per contrastare le crisi epilettiche sono impiegati con successo anche gli antiepilettici tradizionali (carbamazepina e valproato di sodio), o più recenti (lamotrigina e gabapentin). I farmaci si affiancano a terapie volte a conseguire miglioramenti sul piano educativo, cognitivo, comportamentale ed emozionale. Nei primi anni di vita si consiglia un trattamento di tipo psicomotorio: lo scopo è mantenere le funzioni che erano state acquisite affinché non vadano perse; si parla quindi delle abilità relative all'uso della comunicazione (non solo strettamente linguistica ma anche gestuale, mimica, tonica), delle modulazioni affettive emozionali (gestione dei comportamenti emozionali problematici, soluzioni e strategie sostitutive per affrontarle), del mantenimento delle abilità motorie (non solo a livello esecutivo pratico, ma anche a livello cognitivo nell'elaborazione dello schema corporeo), dell'utilizzo dello spazio (sua organizzazione e investimento) e del tempo, della motivazione del soggetto; il tutto in questa terapia viene incoraggiato con strategie ludiche. Per l'incoraggiamento della componente comunicativo-linguistica si raccomanda il trattamento logopedico. Con il procedere degli anni si consigliano lavori volti alla maturazione emozionale come l'ippoterapia, la pet therapy, la musicoterapia. Criteri diagnostici del disturbo di RettSebbene Il disturbo di Rett sia stato rimosso nel DSM-5 ("Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders", Manuale diagnostico dei disturbi psichiatrici dell'American Psychiatric Association), è catalogato nel DSM-IV (all'interno di una categoria più generale, i disturbi pervasivi dello sviluppo), dove viene diagnosticato in base alla presenza di un certo numero di indicatori comportamentali. I criteri diagnostici sono organizzati nel seguente schema:
Varianti della sindrome di RettSono state descritte delle varianti cliniche[8], le principali sono:
Per questo motivo, la definizione stessa della patologia è stata affinata nel corso degli anni: poiché accanto alla forma classica sussistono anche forme atipiche (Hagberg & Gillberg, 1993) è stato introdotto l'utilizzo della terminologia di "Rett Complex"[15][16]. Note
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