Ha esposto nel 1993 alla Biennale di Venezia nella sezione Aperto '93[1][2][3], nel 2011 al Padiglione Italia[4] e alla Biennale de L’Avana[5][6] nel 2000. Ha partecipato a rassegne d'arte internazionali e tenuto mostre personali in Istituzioni pubbliche e private in Italia e all'estero.[7]
Fin dagli esordi della sua carriera artistica, Sarra ha lavorato con una varietà di mezzi espressivi, includendo principalmente pittura, disegno e scultura.
Nel 1997 il critico e curatore Lorenzo Benedetti scrive:
«[…] in Sarra ci troviamo di fronte ad una intensa sinteticità dal punto di vista del processo formale a vantaggio di una maggiore concentrazione al dato concettuale. […] L’animale, i paesaggi e i volti vengono stilizzati fino al limite del riconoscibile […]»
(Lorenzo Benedetti, Il sacro di Fusi e il segno di Sarra[8], maggio 1997)
Biografia
Ha militato nelle squadre nazionali giovanili di pallacanestro e ha debuttato sedicenne nel campionato italiano di Serie A con la Fortitudo Bologna[9] (1976-1977). Nel 1985, a 24 anni, si è ritirato dall’attività agonistica per completare gli studi all’Accademia di Belle Arti di Bologna nella scuola di Pittura di Concetto Pozzati (a. a.1987-88).
Terminati gli studi all’Accademia di Belle Arti di Bologna[10], si trasferisce a Roma dove tiene, nel '90, la sua prima personale alla Galleria Alice[11][12][13]. L’artista presenta una installazione composta da quattro lastre di vetro orizzontali poggiate a terra e attraversate dalla luce bianca dei tubi al neon industriali. Queste opere - i vetri - su cui Sarra disegna sottili figure zoomorfe, simboliche ed enigmatiche, costituiscono una costante del suo lavoro. Indicative appaiono, in tal senso, le mostre personali Trinacria dream[14][15][16] (Porto - 2007) e un ambiente, sei vetri[17] (Roma - 2013). In occasione della mostra in Portogallo (2007), il critico d’arte Miguel Amado scrive:
(EN)
«[…] Referencing classicism and employing symbolism in creating his enigmatic vision of the world, Sarra calls attention to the iconic power of the handmade image in Western civilization.»
(IT)
«[…] Facendo riferimento al classicismo e impiegando il simbolismo nel creare la sua visione enigmatica del mondo, Sarra richiama l’attenzione sul potere iconico dell’immagine fatta a mano nella civiltà occidentale.»
(Miguel Amado, Sergio Sarra – MCO Arte Contemporânea[18], in artforum.com, 2 aprile 2007)
È all’inizio degli anni ’90 che Sarra produce una serie di installazioni e quadri su tela emulsionata[19] - Primitive[20] - basata su immagini zoomorfe, quasi sempre doppiate specularmente[21]. Nel 1991 espone alcune opere appartenenti a questa serie in occasione di Volpaia in vista[22][23][24], rassegna d’arte internazionale organizzata dal critico d’arte e gallerista Luciano Pistoi a Radda in Chianti (Siena).
Le pedane-contenitori sono installazioni su cui cammina il pubblico mentre osserva immagini fotografiche di varani contenute ai bordi del camminamento. La visione dall’alto dell’immagine attribuisce naturalità alle immagini stesse: «i sauri, infatti - ricorda il critico d’arte Giacinto Di Pietrantonio in un suo testo del ’97 - sono animali che strisciano per terra»[25] e, le pedane, come i vetri, propongono, in tal senso, una visione inabituale dell’immagine[25][26].
Del 1997 è la personale alla Galleria Cesare Manzo[25][27][28] a Pescara, introdotta dalla performance dell’artista Emilio Prini ‘Emilio Prini Performavit’ e la partecipazione alle mostre Odisseo (Ulysses)[29][30][31], a Bari, e Segno Senso Suono Sacro[32][33] a Serre di Rapolano (Siena), con una serie di dipinti di grande formato che hanno per soggetto dei volti femminili. Nel testo che accompagna la mostra in Toscana il critico d'arte Lorenzo Benedetti scrive:
«[…] L’artista evidenzia nel suo lavoro un forte senso di superficialità, ogni profondità viene negata, annullata; chiarezza ed essenzialità diventano le dominanti del suo lavoro […]»
(Lorenzo Benedetti, Il sacro di Fusi e il segno di Sarra[8][28][34], maggio 1997)
Nel corso del 1997 Sarra progetta Orlo[35], rivista d’arte gratuita, aperiodica e senza ‛dimora fissa’. «Le caratteristiche della rivista sono la mancanza di testi scritti, di precise scadenze di uscita e la distribuzione piuttosto lenta e segreta»[36]. Invita numerosi artisti a produrre un’immagine su un tema specifico: Carla Accardi, Ansel Adams, Mario Airò, Atelier Bow Wow, Rosa Barba, Carlo Crivelli, Enzo Cucchi, Jan De Cock, Thierry De Cordier, Bruna Esposito, Christelle Familiari, Günther Förg, Federico Fusi, Markus Huemer, Angelo Mosca, Vettor Pisani, Emilio Prini, Bob and Roberta Smith, Ettore Spalletti, Haim Steinbach, Adrián Villar Rojas, Luca Vitone.
Nel corso degli anni successivi, l’artista realizza una serie di quadri in cui mette in posa un’iconografia popolata da gruppi compositivi zoomorfi, paesaggi, volti e edifici dalle geometrie sconosciute e scomposte, che svelano attraverso il ‛segno-disegno’[37] continuo e astratto ulteriori figure combinatorie[38][39][40]. In Une correspondance sur les fantômes avec Sergio Sarra con Nicolas Bourriaud nel maggio 2007 il critico e teorico francese scrive:
(FR)
«[…] Vos travaux font penser à des palimpsestes, ces manuscrits que leur auteur trace sur un document existant, sans effacer la ou les couches d’écriture précédentes […]»
(IT)
«[…] I suoi lavori fanno pensare a dei palinsesti, a quei manoscritti che vengono tracciati dall’autore sopra un documento già esistente, senza cancellare lo o gli strati di scrittura precedenti […]»
(Nicolas Bourriaud, Une correspondance sur les fantômes avec Sergio Sarra[41], maggio 2007)
Bourriaud argomenta sul tema dell’invisibile, suggerendo all’artista come nelle sue opere egli non tratti il visibile, bensì, gli elementi invisibili[42] che si suppone l’arte mostri[43].
È a Napoli che produce Table sculpture (Proiezione al tavolo su 12 punti), opera di cui la critica d’arte Helga Marsala scrive:
«Table scultpure (Proiezione al tavolo su 12 punti) guarda al vuoto della volta celeste, specchio scuro su cui si proiettano misteriosi oggetti terrestri (il Toro, l’Orsa, il Capricorno...): le costellazioni, create dall’unione di punti luminosi, ricamano il cielo con forme organiche tramutate in archetipi simbolici. Il tavolo/scultura, sotto il quale è agganciato un mastodontico varano rosso (figura arcaica e simbolica, parte strutturale dell’oggetto) nasce dall’unione di dodici punti e dallo sviluppo di un rettangolo aureo. Il piano, come la manzoniana “base del mondo”, diventa il suolo ribaltato su cui s’allunga il grosso rettile, evocando al contempo quel pezzetto di cielo su cui la sagoma dell’animale si proietta in forma di costellazione.»
(Helga Marsala, Scritture rumorose. l’estetica del vuoto di Sergio Sarra[51], 2008)
Negli stessi anni, Sarra elabora la performance D. dal vero n. 2[58], realizzata in seguito a Pescara per la mostra Anomalie[59][60] (2003) a cura della critica d’arte e scrittrice Teresa Macrì, a Palermo per la mostra D. dal vero n. 2 a cura di Paolo Falcone al Micromuseum for Contemporary Art and Culture[61] (2004), per la mostra Altered States - Are you experienced?[62][63][64] a cura di Nicolas Bourriaud e Paolo Falcone al WAX Winkler Art Xperience di Budapest e al Muzeul Naţional de Artă Contemporană di Bucarest (2007).
Di una conversazione dell’epoca con l’artista, Teresa Macrì scrive:
«[…] Nella più disinvolta ispirazione Sarra mi raccontò l’evoluzione del suo processo realizzativo schiudendosi all’attivismo performatico, benché il suo intervento avrebbe contenuto le specificità metodologiche finora perseguite. Lo spazio del disegno sarebbe diventato uno spazio connesso alla corporeità esibita. La performance sarebbe stato il momento di raccordo tra realizzazione manuale, esibizione del modello e fruizione collettiva. […]»
Nel 2006, Sarra realizza l’installazione Ipotesi di Biblioteca di Chimica dell’Università di Padova (LSD)[66], per la quale il filosofo e accademico italiano Umberto Curi scrive un testo[67] (2007). L’opera si basa sulla relazione tra psichedelia, chimica e percezione visiva[38], tema che ricorre anche in altri lavori di Sarra, tra i quali la serie Psychedelic garden[68] (2008), composta da sei quadri di grande formato in cui l'artista reitera lo stesso disegno alterando, di volta in volta, l’impatto cromatico[69]. Tracce dei processi teorici che sono alla base di questi lavori sono fissate nel cortometraggio My painting tecnique[70] (2009, 2015).
Nel 2011 pubblica perché la spiaggia si assottiglia dopo le Naìadi[71], libro nel quale l'artista raccoglie una serie di disegni e di scritti pensati per la città di Pescara. Il libro si apre con lo scritto Disegni di città[72] della critica d’arte Cloe Piccoli.
«Colpisce, nelle pagine scritte da Sergio Sarra, la capacità di far emergere l’immagine complessiva di una città tratteggiandone soltanto alcuni dettagli, di quelli che abitualmente sfuggono allo sguardo, o che sembrano poco importanti. Il restringersi della spiaggia al di là delle Naiadi, il piccolo golfo di Napoli a ridosso del porto canale, le due “cornici” architettoniche a marcare l’area di risulta, la vertiginosa discesa dal cielo disegnata dall’asse attrezzato. Sarra ri-costruisce Pescara affidandosi alle capacità architettoniche della memoria e della fantasia, delineando spazi mediante il pensiero, valorizzando fino in fondo le potenzialità plastiche dell’immaginazione. Sembra di cogliere l’eco di quella che Walter Benjamin definiva come Einbildungskraft, la inusuale, perché raramente usata in maniera adeguata, potenza avvolgente che può sprigionarsi dall’interno delle immagini. Ne scaturisce una città che vive soprattutto nella dimensione struggente della memoria, ma che al tempo stesso è fortemente proiettata verso il futuro. Come la catabasi marina disegnata dall’ultimo tratto dell’asse attrezzato. Come quella spiaggia, restituita alla sua originaria latitudine dalla forza di uno sguardo che cattura e rende visibile l’orizzonte di ciò che ancora deve avvenire.»
(Umberto Curi, La Pescara di Sergio Sarra, 13 Dicembre 2011, in occasione della presentazione del libro perché la spiaggia si assottiglia dopo le Naiadi di Sergio Sarra all'Auditorium Petruzzi, Pescara, 16 Dicembre 2011.)
Nel giugno del 2016 è invitato a esporre alla EWHA Womans University[76][77] di Seul, dove presenta una serie di disegni e dipinti dal titolo iceberg rosaspina, accompagnati da un breve testo dell’artista:
(EN)
«I am painting icebergs, a series of icebergs. Each of them is a still life drawing, even though it may look like an automatisme. Icebergs are wandering and solitary shapes subject to imperceptible transformation, and they incorporate other shapes and remote images. The submerged part of these ice mountains is almost completely invisible and its balance and flotation capacity is strictly connected to the emerging part. When this ration ceases to exist, icebergs can overturn with deafening sounds, showing the part which has been hidden for millennia.»
(IT)
«Sto dipingendo degli icebergs, una serie di icebergs. Ognuno di essi è un disegno dal vero, anche se per i suoi caratteri può sembrare un automatisme. Gli icebergs sono forme vaganti e solitarie in continua trasformazione non percepibile, contengono altre forme e immagini remotissime. La parte sommersa di queste montagne di ghiaccio è quasi del tutto invisibile ed è in rapporto di equilibrio e galleggiamento con quella che emerge. Quando questo rapporto cessa, l’iceberg può rovesciarsi fragorosamente e mostrare la sua parte rimasta nascosta per millenni.»
Nel 2018, esegue con l’artista Bruna Esposito una serie di nove disegni ‛a quattro mani e a occhi chiusi’, dedicati all’opera del poeta Giacomo Leopardi. La critica d’arte Laura Cherubini scrive:
«[…] Sergio ha lavorato come sempre indirettamente, lateralmente al tema, evocando luoghi attraverso un passaggio più che metafisico, autobiografico… Gli ambienti con la libreria, la scrivania, la finestra… hanno concomitanze architettoniche. La pittura, il colore diluito, va a riempire gli spazi tra le linee del disegno. I dipinti presentano pentimenti, cancellazioni. Se Library, table and window ci parla di un ‛interno’, Landscape ci racconta un ‛esterno’ con la vetta di un monte, nuvole, colline e un vigneto. È un disegnato stratificato, dal vero, dove le tracce precedenti non si cancellano mai del tutto […]»
«Dagli inizi degli anni Novanta Sergio Sarra indaga la natura iconica della pittura (della scultura installata, della performance) per raggiungere le cose in una comprensione astratta, che sia anche evocazione di figure ancestrali: "importante sarebbe per me riuscire a fare un disegno veramente arcaico, che si possa riconoscere solo nella propria coscienza, che non si è mai visto nella realtà". La manualità del disegno è per Sarra scrittura imponderabile, esercitata «dal vero» nel disinteresse della composizione spaziale; "il colore deve essere solo significativo e non descrittivo", e "il quadro è finito quando resiste alla compagnia delle altre opere in studio". Ogni opera è generata da una coscienza osservante, che si muove in luoghi autobiografici e appartenenze culturali, costruendo rapporti segnici in sequenze ridondanti: antinomie architettoniche, dualità, zone di confine, speciose ripetizioni; reticoli trasparenti e aporie. Il progetto della sua casa/studio è forma nitida che interpreta uno dei paesaggi noti all’artista: spazio salvaguardato, personale e famigliare, per avanzare suggerimenti e idee, dove Sergio Sarra ha organizzato una propria possibilità di dipingere.»
(Rossella Caruso, Sergio Sarra Critical Review[82], in Literature, sergiosarra.it, luglio 2018)
1997 Segno Senso Suono Sacro: installazioni di Mario Airò – Federico Fusi – Sergio Sarra[8][33], Zerynthia Associazione per l'Arte Contemporanea, Serre di Rapolano, Siena
2021 Cose viste : Marco Eusepi, Sergio Sarra, Spaziomensa, Roma
Opere in collezioni pubbliche
Sergio Sarra, Senza titolo, 1987, pittura acrilica su muro, cm 100 x cm 300, Museo di Arte Contemporanea all’Aperto di Maglione (M.A.C.A.M.), Maglione (To), su macam.org.
Sergio Sarra, Ipnologic quartett, 1998, marmo, acciaio e smalto acrilico, Stadio della Vittoria, Bari, Collezione civica del Comune di Bari.
Sergio Sarra, Tripode per Celestino, 2015, ferro battuto verniciato a caldo, in occasione della 721ª Perdonanza Celestiniana, Collezione del Comune di L’Aquila.
Emilio Prini, 'Emilio Prini grafitavit'. Prini ha curato l’ideazione e il progetto grafico del catalogo, dell’invito e del manifesto della mostra Sergio Sarra, Galleria Cesare Manzo, Pescara, 1997.
Sergio Sarra, Orlo, rivista aperiodica, di sole immagini e senza fissa dimora, 1997, Edizione I Libri di Zerynthia, 2011, 2013, OPACIT\ICCU\CFI\1008646. Le edizioni di Orlo sono conservate nella collezione del Fondo documentazione libro d'artista presso la Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze.
Ettore Spalletti, Sergio Sarra, Senza titolo, 1998, copertina cartonata, impasto di colore su carta compressa, pittura acrilica su carta[104].
Antonio d'Avossa, La risposta, amico mio, sta soffiando nel vento. Lettera aperta a Pep Agut, Bigert & Bergström, Marco Brandizzi, Giorgio Cattani, Maria Eichhorn, Marcelo Expósito, Carsten Höller, Kirsten Mosher, Luca Quartana, Sergio Sarra e SubREAL, in Aperto '93: Emergency/Emergenza: Flash Art International, catalogo della mostra, Milano, Giancarlo Politi Editore, 1993, ISBN 88-7816-053-9, OCLCOPACIT\ICCU\LO1\0323441.
Susanna Legrenzi, L'artista Sergio Sarra: "Ho pensato lo studio come un'installazione. Più che in armonia, in contrasto con il paesaggio", articolo, in Living, a. 2021, n.10, pp. 200-209, supplemento al Corriere della Sera del 6 ottobre 2021, a. 146, n. 237.
^Sergio Sarra, a cura di Ludovico Pratesi, Roma, Galleria Alice arte contemporanea, maggio 1990; Domenico Nardone, Sergio Sarra (comunicato stampa), maggio 1990.
^abDomenico Nardone, Sergio Sarra (a cura di), Sergio Sarra, catalogo della mostra, Roma, Galleria Alice arte contemporanea, 1990, OCLC, OPACIT\ICCU\IEI\0285597; Gianleonardo Latini, Sergio Sarra – Alice - Roma, in Next, a. VI, no. 18, giugno - agosto 1990, p. 32.
^Contemporaneamente, Patrizia Ferri, La Situazione Romana : un luogo dove riflettere sulla generazione dell’opera., in “Flash Art” : Speciale Arte Giovane, a. XXIII, n. 158, ottobre-novembre 1990, p. 117;Nicoletta Cobolli Gigli, Silvia Dell'Orso (con la collaborazione di), Inchiesta : Dieci critici scelgono gli artisti italiani dell’anno : conferme, promesse e novità per il futuro. Barilli, Barzel, Bonito Oliva, Bossaglia, Crispolti, Dorfles, Gallo, Sgarbi, Vallese e Vergine segnalano in queste pagine i pittori e gli scultori più interessanti del 1990, in “Arte”, speciale, n. 213, dicembre 1990, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, pp. 120, 135); PAOLO LEVI, Aiuto, ci hanno tolto la Corrente : Rifiutano le etichette e evitano con cura di raccogliersi in movimenti. Sono centinaia, hanno 25-35 anni, i collezionisti li comprano. Chi sono e cosa fanno i giovani artisti italiani, in “L'Europeo”, a. XLVI, n. 15, 10 aprile 1992, Milano, RCS Rizzoli Periodici S.p.a., p. 103.
^Sergio Sarra: Trinacria dream, Porto, MCO Arte Contemporânea, marzo – aprile 2007; Sergio Sarra - Trinacria dream (comunicato stampa), su artfacts.net, marzo 2007.
^abSílvia Pinto, Ana Rocha Laranja, Marta Bernardes et. al., MCO Arte Contemporânea Livro 2, Porto, MCO Arte Contemporânea, 2008, OCLC.
^Superficie trattata con gel che rende il supporto fotosensibile, consentendo la riproduzione di immagini sulla tela con un procedimento simile a quello della stampa fotografica tradizionale. Successivamente, Sarra dipingerà l’immagine riprodotta con l’inchiostro rosso trasparente. Cfr. Sergio Sarra (comunicato stampa), Firenze, Galleria Gentili arte contemporanea, gennaio 1994; Laura Vecere, I varani di Sarra e la Mori futurista mai vista, in Il Giornale dell'Arte, a. XII, no. 120, marzo 1994, p. 76.
^Cfr. Carla Urban (a cura di), TVDonna, TMC, giugno 1991; Ludovico Pratesi, Senza confini, in Panorama, a. XXIX, no. 1318, 21 luglio 1991, p. 28; Rossella Caruso, Sergio Sarra: ateleta (comunicato stampa), Roma, Galleria Cecilia Nesbitt, gennaio 1992; Rossella Caruso, ateleta, in Sergio Sarra: ateleta, video-catalogo, Roma, Galleria Cecilia Nesbitt Federici, gennaio 1992; Rossella Caruso, ateleta, in Aperto '93: Emergency/Emergenza: Flash Art International, catalogo della mostra, Milano, Giancarlo Politi Editore, 1993, ISBN 88-7816-053-9, OCLC, OPACIT\ICCU\LO1\0323441; Ludovico Pratesi, Sergio Sarra, in la Repubblica, a. 17, no. 42, 19 febbraio 1992, p. VIII.
^Ludovico Pratesi, La personale di Sarra e i fossili viventi, in la Repubblica, a. 17, no. 27, 1 febbraio 1992, p. IX; Laura Cherubini, Sergio Sarra, in Flash Art, a. XXV, no. 168, giugno - luglio 1992, pp. 120-121; Laura Cherubini, Giovani artisti IV, in Mariano Apa, Laura Cherubini, Marco Di Capua, et al. (a cura di), Giovani Artisti IV, catalogo della mostra, Roma, Edizioni Carte Segrete, 1992, ISBN 88-85203-70-1, OCLC, OPACIT\ICCU\RMR\0007183.
^abLuciano Pistoi (a cura di), Volpaia in vista, pieghevole della mostra con mappa del territorio, elenco artisti, galleristi e proprietari coinvolti; Mirella Bandini, Cristina Mundici e Maria Teresa Roberto, Luciano Pistoi: inseguo un mio disegno, Torino, Hopefulmonster, 2008, ISBN 978-88-7757-222-6, OCLC, OPACIT\ICCU\PAR\1093730.
^Caparsino e quattro tele emulsionate della serie Primitive di 98 x 240 cm. Caparsino è una pedana-contenitore in truciolato di legno di cm 1800 x 200 x 25 cm, rivestita di gomma nera. Dai bordi della pedana emergono sei immagini in negativo di varani di Komodo, retro illuminate da tubi di neon bianchi.
^Laura Cherubini, L’aure d’Abruzzo, in Laura Cherubini, Gian Ruggero Manzoni, Sotto pioggia e sotto vento, catalogo della mostra, Pescara, Umberto Sala Editore, 1997, p. 7, OCLC, OPACIT\ICCU\TO0\1063988.
^Sergio Sarra, Pescara, Galleria Cesare Manzo, febbraio – marzo 1997.
^abGiulia Visci, Sergio Sarra, in Flash Art, a. XXX, no. 204, giugno - luglio 1997, p. 109.
^Odisseo (Ulysses), a cura di Giacinto Di Pietrantonio, Bari, Stadio della Vittoria, maggio - giugno 1997.
^«È il segno-disegno la cifra stilistica di cui si serve Sergio Sarra per realizzare le sue opere, che non nascono da una strategia artistica, ma da una conseguenza naturale, in quanto Sergio è un disegnatore naturale. Il suo disegnare non è progetto, idea di preparazione, ma l’essenza stessa dell’opera, sia quando questa si presenta in forma piana di quadro che in quella tridimensionale di scultura, o installazione, insomma come una sintesi di pittura, scultura, architettura […]», in Giacinto Di Pietrantonio, Fuoriuso in Opera, Pescara, Edizioni Arte Nova, 2012, p. 25.
^abCfr. Agnese Trocchi, Sergio Sarra, su teknemedia.net, 30 maggio 2007.
^abSergio Sarra (a cura di), Conversione di Saulo, Pescara, Edizione Sarra Varano, 2000, OCLC, OPACIT\ICCU\TO0\0918995; Ludovico Pratesi, Guardando Caravaggio, in la Repubblica, a. 25, no. 199, 29 agosto 2000, pp. XII-XIII; Lia De Venere, Caravaggio a confronto con i nuovi realismi, in Il Sole 24 Ore, no. 253, 17 settembre 2000, p. 34; “Conversione di Saulo” dagli Odescalchi – Giovani artisti al Palazzo, in Trovaroma, 21 - 28 settembre 2000, p. 40; Michela Moro (a cura di), Conversione di Saulo, in Start, RaiSat Art, Ottobre 2000; Lorenzo Di Las Plassas, Conversione di Saulo, in Imago, TG3, RAI3, ottobre 2000.
^La prima versione della Conversione di Saulo è comunemente chiamata Conversione Odescalchi.
^abAchille Bonito Oliva, Cose mai viste 1 : things you never saw, catalogo della mostra, Roma, The Road To Contemporary Art, 2008, OCLC, OPACIT\ICCU\RMS\2007233.
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