Sergio Massa (militare)
Sergio Massa (Faenza, 15 agosto 1909 – Kukës, 15 aprile 1941) è stato un militare italiano, insignito della medaglia d'oro al valor militare alla memoria nel corso della seconda guerra mondiale. BiografiaNacque a Faenza il 15 agosto 1909, figlio di Abramo[N 1] e di Argia De Francisco, quartogenito di cinque fra fratelli e sorelle nati in località diverse probabilmente a causa del mestiere del padre.[2] Rimasto orfano di padre nel 1927, poi i fratelli Remigio, Fiordelmondo e Neris emigrano in Francia e lui restò con la madre e la sorella Margherita.[2] Nel marzo 1929, all'atto di effettuare il servizio militare di leva, si arruolò volontario nel Regio Esercito, con la successiva intenzione di raffermarsi, e venne assegnato al 6º Reggimento bersaglieri di Bologna.[1] Fu promosso caporale, poi sergente e infine sergente maggiore il 30 aprile 1932.[1] Nel 1937 ottiene di essere preselezionato per il passaggio alla classe ufficiali in servizio permanente effettivo frequentando dapprima il corso presso la sezione distaccata di Scandiano-Sassuolo della Regia Accademia Militare di Fanteria e Cavalleria di Modena.[1] L'anno successivo frequentò un ulteriore corso, il 6° per accertamento e completamento della cultura professionale per la nomina a sottotenente in s.p.e. circ. 645/193 come riportato testualmente nel foglio matricolare.[2] Dopo la promozione a sottotenente ottenuta nel settembre 1939 passò in servizio al XIII settore di copertura (alpina)[N 2] della Guardia alla Frontiera di Merano e poi, dal 15 dicembre 1940, in piena seconda guerra mondiale, su sua richiesta alla 9ª Compagnia del 4º Reggimento bersaglieri già operante in zona di guerra in Albania.[1] Il 24 gennaio 1941 rientrò in Italia a causa della morte della madre.[2] Al suo ritorno in Albania il reggimento fu spostato dal fronte sud a quello nord jugoslavo.[2] Dalla fine del mese di febbraio il reggimento rimase a copertura del confine jugoslavo in attesa del pronunciamento del governo di Belgrado che si sperava favorevole all'Asse.[1] Dopo il colpo di stato in Jugoslavia, che portò alla caduta del governo favorevole alle Potenze dell'Asse, nei primi giorni del mese di aprile gli italiani da nord e tedeschi invasero con unità meccanizzate il territorio jugoslavo mentre a sud i bersaglieri contesero il terreno al nemico a q. 1234 del Monte Kraster.[2] Durante l'azione del 6/7 aprile egli rimase gravemente ferito e, trasportato all'ospedale da campo n.119 di Kukës, vi decedette il 15 dello stesso mese.[1] Onorificenze«Comandante di plotone bersaglieri, in una vittoriosa azione offensiva arditamente si lanciava alla testa del reparto all’assalto di un munito caposaldo, e a colpi di bombe a mano costringeva il nemico alla fuga, consentendo alla propria compagnia di raggiungere e consolidare il possesso della posizione. Proseguendo nell’azione, con ardita manovra, riusciva ad aggirare e ad attaccare da tergo una quota, saldamente tenuta dall’avversario, catturando numerosi prigionieri e diverse armi automatiche. Non pago di aver raggiunto gli obiettivi assegnatigli e di aver respinti contrattacchi nemici, con slancio irresistibile ed indomito valore, guidava i dipendenti all’inseguimento dell’avversario, sotto intensa reazione di fuoco. Ferito mortalmente al petto, mentre per primo balzava su una postazione nemica, rimaneva al suo posto di combattimento prodigandosi ancora ad impartire ordini per assicurare la difesa da ulteriori contrattacchi, finché non veniva sostituito da altro ufficiale. Al colonnello che lo incoraggiava, si dichiarava soddisfatto di aver occupata la posizione, ed all’ospedale da campo, dove serenamente spirava, confermava la propria esultanza, dicendo: « Abbiamo vinto! Viva l’italia! ». Fulgido esempio di eroiche virtù militari e di ardente amore di Patria. Monte Kraster (Fronte iugoslavo), 7 aprile 1941 .[3]»
— Regio Decreto del 26 febbraio 1943.[4] NoteAnnotazioni
FontiBibliografia
Voci correlateCollegamenti esterni
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