Roberto Mancini (poliziotto)

Roberto Mancini
NascitaRoma, 27 luglio 1960
MortePerugia, 30 aprile 2014
Cause della morteLinfoma non-Hodgkin
Luogo di sepolturaCimitero del Verano
Dati militari
Paese servitoItalia (bandiera) Italia
Forza armataForze di polizia italiane
Corpo Corpo delle guardie di pubblica sicurezza
Polizia di Stato
Anni di servizio1980-2014
GradoSostituto commissario[1]
DecorazioniCavaliere al merito della Repubblica Italiana
fonti nel corpo del testo
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Roberto Mancini (Roma, 27 luglio 1960[2]Perugia, 30 aprile 2014) è stato un poliziotto italiano.

È conosciuto per essere stato il primo poliziotto che con la sua squadra ha indagato sullo sversamento illegale di rifiuti speciali e tossici nei territori della Campania, che verranno poi indicati come terra dei fuochi, e sulle attività della camorra collegate.

Biografia

Frequenta il Liceo Ginnasio Statale Augusto di Roma e qui collabora con il collettivo studentesco di estrema sinistra; per le sue idee politiche verrà in seguito soprannominato "il poliziotto comunista" o "il poliziotto con il Manifesto".[3] Terminati gli studi si arruola nella Polizia di Stato nel 1980.

La sua più importante attività è legata ad indagini sulla camorra e traffico di rifiuti. A partire dal 1994, insieme alla sua squadra, comincia a svolgere delicate indagini sul clan dei Casalesi, fino a produrre una preziosa informativa che nel 1996 consegna alla direzione distrettuale antimafia di Napoli. Durante le indagini furono svolti, nel territorio del Casertano, numerosi sopralluoghi, servizi di osservazione e pedinamento, nonché sequestri di diversi appezzamenti di terreno, indicati dal pentito Carmine Schiavone, come luogo di seppellimento di rifiuti tossico-nocivi e radioattivi, dove Roberto Mancini e la sua squadra scavarono in profondità alla loro ricerca. L'indagine vede coinvolto l'avvocato Cipriano Chianese[4] principale intermediario tra le aziende e i Casalesi nello smaltimento illecito di rifiuti pericolosi nelle discariche abusive tra Caserta e Napoli.

Dopo diversi anni, durante i quali le indagini vengono ostacolate e lo stesso Mancini trasferito, il pubblico ministero Alessandro Milita riapre le indagini, convocando Mancini e i colleghi della sua squadra a testimoniare nel processo per disastro ambientale e inquinamento delle falde acquifere in Campania. Il procedimento, in Corte di assise, inizia nel 2011 e vede tra i principali imputati il "broker dei rifiuti", ovvero l'avvocato Cipriano Chianese, il quale viene condannato a 20 anni nel 2016 in primo grado, ridotti a 18 anni in Cassazione nel 2021.[5] Tra il 1998 e il 2001 Mancini collabora con la Commissione rifiuti della Camera, svolgendo numerose missioni in Italia e all'estero.

Il contatto ravvicinato con rifiuti tossici e radioattivi durante la sua attività investigativa lo porta a contrarre il linfoma non-Hodgkin, che gli viene diagnosticato nel 2002. Anche altri colleghi componenti della sua squadra, nello stesso periodo, contraggono gravi patologie compatibili con il contatto ravvicinato a rifiuti tossici e radioattivi.

A seguito della certificazione del comitato di verifica del Ministero delle Finanze, attestante che il suo tumore del sangue dipende da "causa di servizio", gli venne riconosciuto un indennizzo di 5 000 euro, giudicati dal Mancini stesso insufficienti anche per il rimborso delle sole spese mediche.[6]

Muore il 30 aprile 2014,[7] lasciando la moglie e una figlia; ai funerali, che si tennero a Roma presso la basilica di San Lorenzo al Verano, parteciparono numerosi rappresentanti della Polizia di Stato e il parroco del rione Parco Verde di Caivano, don Maurizio Patriciello. Riposa nel cimitero monumentale del Verano di Roma.[8]

Riconoscimenti

Nel settembre 2014, in seguito a manifestazioni, petizioni, l'impegno di alcuni amici e colleghi, della famiglia e di alcuni parlamentari, a Roberto Mancini viene finalmente riconosciuto lo status di “vittima del dovere” che certifica la connessione tra la malattia e il servizio prestato, riconoscendo il suo importantissimo lavoro e il sostegno alla sua famiglia.

Onorificenze

Medaglia d'oro al valor civile - nastrino per uniforme ordinaria
«Per l'essersi prodigato, nell'ambito della lotta alle ecomafie, con straordinario senso del dovere ed eccezionale professionalità nell'attività investigativa per l'individuazione, nel territorio campano, di siti inquinati da rifiuti tossici illecitamente smaltiti. L'abnegazione e l'incessante impegno profuso, per molti anni, nello svolgimento delle indagini gli causavano una grave patologia che ne determinava prematuramente la morte. Mirabile esempio di spirito di servizio e di elette virtù civiche, spinti fino all'estremo sacrificio.[10]»
— Regione Campania 1994-2014

Influenza culturale

Note

  1. ^ Morto il poliziotto che ha combattuto le ecomafie Ucciso dalla leucemia dovuta ai veleni che ha respirato, 30 aprile 2014. URL consultato il 10 gennaio 2021.
  2. ^ Roberto Mancini, su Find a grave. URL consultato il 30 aprile 2018.
  3. ^ Il poliziotto comunista che ha scoperto la terra dei fuochi, su l'Espresso. URL consultato il 18 maggio 2024.
  4. ^ Terra dei fuochi, chi è Cipriano Chianese, re delle ecomafie, su ilmessaggero.it. URL consultato il 28 febbraio 2016.
  5. ^ La guerra di Roberto, colpito dal tumore "Le mie indagini sconfitte da Gomorra", su Inchieste - la Repubblica. URL consultato il 23 febbraio 2016.
  6. ^ La guerra di Roberto, colpito dal tumore "Le mie indagini sconfitte da Gomorra", su Inchieste - la Repubblica. URL consultato il 1º marzo 2016.
  7. ^ Morto il poliziotto che ha combattuto le ecomafie Ucciso dalla leucemia dovuta ai veleni che ha respirato, su Repubblica.it, 30 aprile 2014. URL consultato il 28 agosto 2019.
  8. ^ a b Funerali solenni per il poliziotto Roberto Mancini, su poliziadistato.it. URL consultato il 28 febbraio 2016.
  9. ^ Mancini Sig. Roberto, su quirinale.it. URL consultato il 1º maggio 2021.
  10. ^ Medaglia d'oro al valor civile, su quirinale.it. URL consultato il 1º maggio 2021.
  11. ^ «Io non mi arrendo» chiude davanti a 7.356.000 spettatori | TV Sorrisi & Canzoni, su web.archive.org, 20 febbraio 2016. URL consultato il 28 agosto 2019 (archiviato dall'url originale il 20 febbraio 2016).