Quinto Sanquinio Massimo
Quinto Sanquinio Massimo (in latino: Quintus Sanquinius Maximus; 22 a.C. circa – Germania inferiore, 46) è stato un magistrato, senatore e militare romano, console dell'Impero romano. BiografiaOriginario sicuramente dell'Etruria[1][2][3], forse proveniente da Caere[1][4][5][6], Sanquinio[7] faceva parte di una famiglia entrata una paio di generazioni prima in senato e che sembra essersi estinta con lui[1][2][3]. Verosimilmente[1][3][5][7] egli era figlio del tresvir monetalis del 17 a.C. circa[8] Marco Sanquinio[9] e nipote del pretore e proconsole pretorio di età augustea Quinto Sanquinio[6]. Della carriera di Sanquinio non molto è noto, ma quanto si conosce ha portato illustri studiosi, come Ronald Syme e Werner Eck, a definirlo un "personaggio enigmatico"[10][11][12] e a denotare la sua carriera come "straordinaria in più di un senso"[13]. Dal momento che Tacito riporta come, nei primi mesi del 32, Sanquinio intervenne, da consolare, in un litigio tra Decimo Aterio Agrippa, Publio Memmio Regolo e Lucio Fulcinio Trione sorto nei postumi dell'eliminazione del prefetto del pretorio Seiano e dei suoi seguaci, esortando il senato a non accrescere le preoccupazioni di Tiberio con nuovi motivi di inasprimento e così salvando Regolo e protraendo il momento del supplizio di Trione[14], egli deve aver ricoperto il consolato prima di tale data[7][15][16]: gli unici posti disponibili nei fasti consulares di epoca tiberiana sono come suffetto nella seconda metà del 21 o del 22[17], ma lo stato attuale della nostra documentazione[18] non permette di scegliere tra queste due date né individuare il suo collega[3][7][15][19]. La seconda attestazione di Sanquinio risale al 39, sotto Caligola: egli, praefectus urbi, subentrò allo stesso princeps, che fu console ordinario per trenta giorni[20][21], come console suffetto per la seconda volta a febbraio, mantenendo, come sembra, la carica fino a giugno insieme all'altro console ordinario, Lucio Apronio Cesiano[21] - va notato, per inciso, che Cassio Dione, l'unico a riportare la notizia a causa della perdita dei libri su Caligola di Tacito, non definisca il consolato di Sanquinio del 39 come un secondo consolato[3][7], probabilmente perché suffetto[3]. Entrambe le cariche di praefectus urbi, ricoperta forse dal 39 al 41 in sostituzione di Lucio Calpurnio Pisone[22], e di console per la seconda volta risultano sorprendenti per un uomo come Sanquinio[3][22][23]: la prima, infatti, era stata, prima di Sanquinio, appannaggio dei nobili[22][24], mentre il secondo consolato era stato addirittura assunto dai soli membri della famiglia imperiale sin dai tempi di Tito Statilio Tauro, che ricoprì il secondo consolato nel 26 a.C.[24][25] Ciò doveva sicuramente denotare grande favore nei suoi confronti da parte di Caligola[23], la cui moglie dell'epoca, Lollia Paolina, era stata in precedenza sposata con Publio Memmio Regolo, difeso da Sanquinio nel 32 e amico di Caligola[23]. Durante il secondo consolato di Cesiano e Sanquinio, Caligola prese definitivamente le distanze dal senato, che pure aveva cercato di conciliarsi prendendo come collega Cesiano[26]: il princeps, con un potente discorso in senato[27][28], ruppe ogni rapporto con il consesso dei patres[29][30][31]; ciò provocò - o fu causato da - numerosi tentativi di dissenso contro il princeps[31][32][33], probabilmente già riscontrabili nelle condanne di Gaio Calvisio Sabino e della moglie Cornelia[32][33][34] e culminate a settembre nella congiura fallita di Marco Emilio Lepido e dello stesso Getulico, insieme alle sorelle del princeps Livilla e Agrippina[35][36]. Forse fu sempre durante il consolato di Cesiano e Sanquinio che Lucio Vitellio sugellò la sottomissione del senato al princeps compiendo l'umiliante atto della proskynesis[33][37] e che Caligola sposò la sua quarta e ultima moglie Milonia Cesonia, che solo un mese dopo partorì la piccola Giulia Drusilla[33][38][39]. Il favore imperiale di cui godette Sanquinio dovette continuare anche sotto Claudio: quest'ultimo, infatti, nominò l'ormai anziano Sanquinio come proprio legatus Augusti pro praetore della provincia di Germania Inferiore, dove egli rimase fino alla sua morte[40], avvenuta con ogni probabilità nel 46[3]. Note
Bibliografia
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