Quilichino da SpoletoQuilichino da Spoleto (fl. 1236) è stato un giurista e letterato italiano in lingua latina, fiorito nella prima metà del Duecento, attivo presso la corte Hohenstaufen del Regno di Sicilia. Non va confuso, come a volte avvenuto in passato, con il quasi omonimo Bichilino da Spello, anch'egli di origini umbre, ma autore dictaminale dei primissimi anni del Trecento. BiografiaQuasi nulla si sa della sua vita e la stessa grafia in lingua volgare del nome viene a volte riportata con incertezze. Originario di una famiglia di Spoleto, come egli stesso ci informa, giudice alla corte di Federico II, Quilichino fu uno degli esponenti della latinità alla curia federiciana, un'espressione linguistica e letteraria che proprio in quella temperie culturale conobbe un vero e proprio trionfo[1], con autori come Pier della Vigna, Jacopo da Benevento, Orfino da Lodi e Riccardo da Venosa, l'autore della commedia elegiaca De Paulino et Polla: nelle loro mani, le missive sfornate dalla cancelleria imperiale si connotarono per una tale perfezione stilistica da divenire espressione del «tratto propagandistico forse più marcato dell'ideologia imperiale»[1]. Quilichino è stato a volte confuso, in passato, per quasi omonimia, con il letterato Bichilino da Spello, di comuni origini umbre, la cui notorietà si deve, invece, a un trattato trecentesco di ars dictandi, il Pomerium rethorice[2] del 1304. OpereAlexandreisCome esponente della letteratura mediolatina, fu autore, nel 1236, di un poema in distici elegiaci su Alessandro Magno, che fu rivisto l'anno successivo. L'autore, nel prologo, dopo aver descritto le quattro età del mondo, si dichiara mosso dall'intento di espandere il riferimento che ad Alessandro fanno nei cosiddetti Libri dei Maccabei. Da un punto di vista ideologico, tuttavia, nonostante l'accento posto sul ruolo biblico, Quilichino non aderisce a sentimenti di condanna, da un punto di vista cristiano, nei confronti del sovrano e imperatore macedone, come avviene invece, ad esempio, nel Pantheon di Goffredo da Viterbo. L'Alessandreide di Quilichino, che si inserisce in pieno nella fascinazione del filone medievale del Romanzo di Alessandro, conobbe una certa fortuna, tanto da meritarsi un adattamento tedesco alla fine del XIV secolo, il cosiddetto Wernigerode Alexander che, in sostanza, era una traduzione piuttosto vicina all'originale con aggiunta di commenti del traduttore. È nota, inoltre, l'interpolazione di alcuni versi nel cosiddetto Darmstadt Alexander, oltre a una volgarizzazione in italiano, abbastanza fedele, da parte di Domenico Scolari, l'Istoria Alexandri regis, in ottava rima, conosciuta da un manoscritto realizzato a Treviglio e datato al 1355. Rhythmus in onore di Federico IIFu anche autore, intorno al 1235-40, di un rhythmus encomiastico in onore del sovrano svevo, andato perduto. All'inizio del Novecento, tuttavia, si è a volte creduto di poterlo identificare[3] con i Preconia Federici di Terrisio d'Atina, tramandati da due testimoni, un manoscritto napoletano e uno palermitano[4], il primo dei quali contiene anche l'Alexandreis di Quilichino. L'attribuzione a Quilichino del ritmo è generalmente non più accettata dalla critica del XX secolo[5][6][7]. Edizioni
Note
Bibliografia
Voci correlate
Collegamenti esterni
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