Plasmodium falciparum

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Plasmodium falciparum
Striscio di sangue contenente Plasmodium falciparum
Classificazione scientifica
DominioEukaryota
RegnoProtista
SottoregnoChromalveolata
PhylumApicomplexa
ClasseAconoidasida
OrdineHaemosporida
FamigliaPlasmodiidae
GenerePlasmodium
SottogenereLaverania
SpecieP. falciparum
Nomenclatura binomiale
Plasmodium falciparum
Welch, 1897

Plasmodium falciparum Welch, 1897 è un protozoo parassita unicellulare, una delle specie di Plasmodium che causano nell'uomo la malaria.[1] Il parassita viene trasmesso attraverso la puntura di una zanzara femmina del genere Anopheles e causa la forma più pericolosa della malattia, la malaria falciparum. È responsabile di circa il 50% di tutti i casi di malaria.[2][3] Il P. falciparum è quindi considerato il parassita più mortale per l'uomo. È inoltre associato allo sviluppo di tumori del sangue (linfoma di Burkitt) ed è classificato come cancerogeno di Gruppo 2A (probabile).

Storia

La specie ha avuto origine dal parassita della malaria Laverania presente nei gorilla, circa 10.000 anni fa.[4][5]

La malaria è causata da un'infezione da protozoi del genere Plasmodium. Il nome "malaria", da "mala aria" in italiano, significa "aria cattiva", e deriva dall'ipotetico legame con i vapori velenosi delle paludi. La parola "falciparum", deriva dal latino "falx", che significa "forma di falce", e "parum" che significa "nascita" o "nascite multiple".

Il protozoo parassita fu scoperto da Laveran il 6 novembre 1880 in un ospedale militare a Costantina (Algeria), quando scoprì una microgametocite flagellante. Manson nel 1894 ipotizzò che le zanzare fossero in grado di trasmettere la malaria. Questa ipotesi venne confermata sperimentalmente nel 1898 e indipendentemente, da Giovanni Battista Grassi e da Ronald Ross. Grassi nel 1900 propose una fase esoeritrocitica nel ciclo vitale[6], poi confermata da Garnham, Covell e Shute nel 1948 che trovarono il Plasmodium vivax nel fegato umano.

In tutto il mondo, la malaria è la malattia parassitaria più dannosa per gli esseri umani, e uccide più bambini in tutto il mondo di qualsiasi altra malattia infettiva. A partire dal 1900, l'area del mondo esposta alla malaria si è dimezzata, ma due miliardi di persone sono correntemente esposte. La morbilità e la mortalità sono significative.

Mentre non esistono vaccini efficaci per nessuna delle almeno sei specie di Plasmodium che causano la malaria, da secoli sono impiegati farmaci a base di chinino. Nel 1640, Huan del Vego impiegò per la prima volta la tintura di corteccia di Cinchona per il trattamento della malaria: gli indiani nativi del Perù e dell'Ecuador lo utilizzarono anche in precedenza per il trattamento delle febbri. Nel 1650 Thompson introduce questa corteccia "Gesuita" in Inghilterra: il suo primo impiego registrato fu nel 1656 da parte del dottor John Metford di Northampton. Morton nel 1696 ha presentato la prima descrizione dettagliata del quadro clinico della malaria e del suo trattamento con la cinchona. Gize nel 1816 ha studiato l'estrazione del chinino cristallino dalla corteccia del cinchona e nel 1820, Pelletier e Caventou in Francia, hanno utilizzato l'estratto puro di alcaloidi di chinina, chiamato il chinino e il Cinchonine.

Origine ed evoluzione

P. falciparum è ora generalmente accettato come evoluto da specie del sottogenere Laverania (un sottogenere di Plasmodium presente nelle scimmie antropomorfe) che si trovano nei gorilla dell'Africa occidentale.[7][8]

La diversità genetica indica che il protozoo umano è emerso circa 10.000 anni fa.[4][5] Il parente più stretto di P. falciparum è P. praefalciparum, un parassita dei gorilla, come dimostrato dalle sequenze del DNA mitocondriale, apicoplastico e nucleare.[9][10][11] Queste due specie sono strettamente imparentate con il parassita degli scimpanzé P. reichenowi, che in precedenza si pensava fosse il parente più stretto di P. falciparum. In passato si credeva anche che P. falciparum avesse avuto origine da un parassita degli uccelli.[12]

I livelli di polimorfismo genetico all'interno del genoma di P. falciparum sono estremamente bassi rispetto a quelli delle specie di Plasmodium che infettano le scimmie antropomorfe (incluso P. praefalciparum).[13][7] Questo suggerisce che l'origine di P. falciparum negli esseri umani sia recente, poiché un singolo ceppo di P. praefalciparum ha acquisito la capacità di infettare l'uomo.[7]

Le informazioni genetiche di P. falciparum indicano una recente espansione che coincide con la rivoluzione agricola. È probabile che lo sviluppo dell'agricoltura estensiva abbia aumentato la densità della popolazione di zanzare creando più siti di riproduzione, il che potrebbe aver innescato l'evoluzione e l'espansione di P. falciparum.[14]

Struttura

P. falciparum non ha una struttura fissa ma subisce continui cambiamenti durante il suo ciclo vitale. Uno sporozoita ha una forma fusiforme e misura 10-15 μm di lunghezza. Nel fegato, si trasforma in uno schizonte ovoidale di 30-70 μm di diametro. Ogni schizonte produce merozoiti, ciascuno lungo circa 1,5 μm e con un diametro di 1 μm. Nel globulo rosso, i merozoiti formano una struttura ad anello, diventando trofozoiti. Un trofozoita si nutre di emoglobina e forma un pigmento granulare chiamato emozoina. [15]

A differenza di quelli di altre specie di *Plasmodium*, i gametociti di *P. falciparum* sono allungati e a forma di mezzaluna, grazie ai quali possono essere identificati. Un gametocita maturo misura 8-12 μm di lunghezza e 3-6 μm di larghezza. L'ookinete è anch'esso allungato, misurando circa 18-24 μm. Un oocisti è arrotondato e può crescere fino a 80 μm di diametro.[16]

L'esame microscopico di un vetrino di sangue rivela solo trofozoiti giovani (a forma di anello) e gametociti nel sangue periferico. Trofozoiti o schizonti maturi non si trovano nel sangue periferico, poiché di solito sono sequestrati nei tessuti. A volte si osservano deboli puntini rossi a forma di virgola sulla superficie degli eritrociti. Questi puntini sono le fenditure di Maurer, organelli secretori che producono proteine ed enzimi essenziali per l'assorbimento dei nutrienti e i processi di evasione immunitaria.[17]

L'apice complesso, che è in realtà una combinazione di organelli, è una struttura importante. Contiene organelli secretori chiamati roptrie e micronemi, fondamentali per la mobilità, l'adesione, l'invasione delle cellule ospiti e la formazione della vacuola parassitofora.[18]

Come apicomplesso, ospita un plastide chiamato apicoplasto, simile ai cloroplasti delle piante, probabilmente acquisito inglobando (o essendo invaso da) un'alga eucariotica e mantenendo il plastide algale come un organello distintivo incapsulato in quattro membrane. L'apicoplasto è coinvolto nella sintesi di lipidi e altri composti ed è un target promettente per lo sviluppo di farmaci. Durante la fase asessuata dell'infezione nel sangue, una funzione essenziale dell'apicoplasto è la produzione dei precursori degli isoprenoidi, isopentenil pirofosfato (IPP) e dimetilallil pirofosfato (DMAPP), tramite il percorso MEP (non-mevalonato).[19]

Genoma

Nel 1995 è stato istituito il Malaria Genome Project per sequenziare il genoma di *P. falciparum*. Il genoma del mitocondrio è stato riportato nel 1995, quello del plastide non fotosintetico noto come apicoplasto nel 1996,[20]e la sequenza del primo cromosoma nucleare (cromosoma 2) nel 1998. La sequenza del cromosoma 3 è stata pubblicata nel 1999 e l'intero genoma è stato completato il 3 ottobre 2002.[21]

Il genoma, di circa 24 megabasi, è estremamente ricco di AT (circa l'80%) ed è organizzato in 14 cromosomi. Sono stati descritti poco più di 5.300 geni. Molti geni coinvolti nella variazione antigenica sono localizzati nelle regioni subtelomeriche dei cromosomi, suddivisi nelle famiglie var, rif e stevor. All'interno del genoma, esistono 59 geni var, 149 geni rif e 28 geni stevor, insieme a numerosi pseudogeni e troncamenti. Si stima che 551, ovvero circa il 10%, delle proteine nucleari previste siano dirette verso l'apicoplasto, mentre il 4,7% del proteoma è indirizzato ai mitocondri.[21]

Trasmissione e effetti

Viene trasmesso dalla femmina della zanzara Anopheles. La specie Plasmodium falciparum è la più pericolosa di queste, avendo il tasso più elevato di complicanze e di mortalità. Nel 2006 le infezioni da P. falciparum rappresentavano il 91% delle 247 milioni di infezioni malariche umane (il 98% in Africa).[22] Nella maggior parte dei paesi africani, oltre il 75% dei casi sono dovuti a Plasmodium falciparum, mentre - negli altri paesi ove è presente la malaria - predominano altre specie di Plasmodium.[23][24]

Gli esseri umani sono gli ospiti intermedi in cui avviene la riproduzione asessuale, mentre le zanzare anofele femmine sono gli ospiti definitivi che ospitano la fase di riproduzione sessuale.[25]

Nel 2022, circa 249 milioni di casi di malaria in tutto il mondo hanno causato circa 608.000 decessi, di cui l’80% di età pari o inferiore a 5 anni.[26] Quasi tutti i decessi per malaria sono causati da P. falciparum, e il 95% di questi casi si verifica in Africa. Nell'Africa subsahariana, quasi il 100% dei casi è dovuto a P. falciparum, mentre nella maggior parte delle altre regioni in cui la malaria è endemica predominano altre specie plasmodiali meno virulente.[27]

Infezione nella zanzara

Nel tratto intestinale della zanzara, il processo di maturazione del gamete femminile comporta lievi cambiamenti morfologici, diventando più grande e sferico. Il gametocita maschile subisce una rapida divisione nucleare in circa 15 minuti, producendo otto microgameti flagellati attraverso un processo chiamato esflagellazione.[28]

Il microgamete flagellato feconda il macrogamete femminile per produrre una cellula diploide chiamata zigote. Lo zigote si sviluppa successivamente in un ookinete, una cellula mobile capace di invadere altri organi della zanzara. Attraversa la membrana peritrofica dell'intestino medio della zanzara e supera l'epitelio intestinale. Una volta attraversato l'epitelio, l'ookinete entra nella lamina basale e si trasforma in un oocisti immobile. Per diversi giorni, l'oocisti subisce 10 o 11 cicli di divisione cellulare per creare una cellula sinciziale (sporoblasto) contenente migliaia di nuclei. La meiosi avviene all'interno dello sporoblasto, producendo oltre 3.000 cellule figlie aploidi chiamate sporozoiti sulla superficie della cellula madre.[29]

Gli sporozoiti immaturi rompono la parete dell'oocisti e si liberano nell'emolinfa. Migrano quindi verso le ghiandole salivari della zanzara, dove subiscono un ulteriore sviluppo e diventano infettivi per l'uomo.[30]

Effetti dei metaboliti secondari delle piante su P. falciparum

È noto che le zanzare si nutrono del nettare delle piante per ottenere zuccheri, che rappresentano la principale fonte di energia e nutrienti per la loro sopravvivenza e per processi biologici come la ricerca di ospiti per il pasto di sangue o di siti per la deposizione delle uova.[31]

Recentemente, i ricercatori hanno scoperto che le zanzare sono molto selettive riguardo alle fonti di zuccheri.[32]Ad esempio, le zanzare del genere Anopheles preferiscono alcune piante rispetto ad altre, in particolare quelle che contengono composti che ostacolano lo sviluppo e la sopravvivenza dei parassiti della malaria all'interno della zanzara.[33]

Questa scoperta offre l'opportunità di indagare su cosa possa influenzare questi cambiamenti comportamentali nelle zanzare e scoprire cosa ingeriscono quando si nutrono delle piante selezionate. Altri studi hanno dimostrato che le fonti di zucchero e alcuni metaboliti secondari, come la ricinina, hanno effetti contrastanti sulla capacità delle zanzare di trasmettere i parassiti della malaria.[34]

Meiosi

Plasmodium falciparum è aploide (una singola serie di cromosomi) durante le sue fasi riproduttive nel sangue e nel fegato umano. Quando una zanzara assume un pasto di sangue da un ospite umano infetto da Plasmodium, questo pasto può includere microgameti e macrogameti aploidi. Tali gameti possono fondersi all'interno della zanzara per formare uno zigote diploide (2N), l'unica fase diploide nel ciclo vitale di questi parassiti.[35]

Lo zigote può subire un altro ciclo di replicazione cromosomica per formare un ookinete (4N) (vedi Figura: Ciclo vitale del plasmodio). L'ookinete, che si differenzia dallo zigote, è una fase altamente mobile che invade l'intestino medio della zanzara. Gli ookineti possono subire meiosi, coinvolgendo due divisioni meiotiche, che portano al rilascio di sporozoiti aploidi (vedi Figura).[35]

Lo sporozoite è una fase invasiva allungata a forma di mezzaluna. Questi sporozoiti possono migrare verso le ghiandole salivari della zanzara ed entrare in un ospite umano quando la zanzara prende un altro pasto di sangue. Gli sporozoiti possono quindi spostarsi nel fegato dell'ospite umano e infettare gli epatociti.

Il profilo dei geni codificati dal plasmodio, coinvolti nella meiosi, mostra alcune sovrapposizioni con il profilo dei geni coinvolti nella meiosi in altri organismi ben studiati, ma è più divergente e manca di alcuni componenti del processo meiotico presenti in altri organismi.[35]Durante la meiosi del plasmodio, la ricombinazione avviene tra cromosomi omologhi, come accade in altri organismi.

Infezione nell'uomo

Gli sporozoiti presenti nelle ghiandole salivari, viene rilasciata attraverso il rostro della zanzara e penetra nella pelle durante il pasto ematico.[36] La saliva della zanzara contiene enzimi antiemostatici e anti-infiammatori che interrompono la coagulazione del sangue e inibiscono la reazione al dolore. Di solito, ogni morso infetto contiene da 20 a 200 sporozoiti.[18] Una parte degli sporozoiti invade gli epatociti. [30] Gli sporozoiti si spostano nel flusso sanguigno mediante un movimento di scivolamento, che è guidato da un motore costituito dalle proteine actina e miosina situate sotto la loro membrana plasmatica.[37]

Fase epatica o schizogonia eso-eritrocitaria

Entrando negli epatociti, il parassita perde il suo complesso apicale e il rivestimento superficiale, trasformandosi in un trofozoite. All'interno del vacuolo parassitoforo dell'epatocita, subisce 13–14 cicli di mitosi che producono una cellula synciziale (coenocito) chiamata schizonte. Questo processo è noto come schizogonia. Uno schizonte contiene decine di migliaia di nuclei. Dalla superficie dello schizonte, emergono decine di migliaia di cellule figlie aploidi (1n) chiamate merozoiti. La fase epatica può produrre fino a 90.000 merozoiti,[38] che vengono infine rilasciati nel flusso sanguigno all'interno di vescicole piene di parassiti chiamate merosomi.[39]

Fase ematica o schizogonia eritrocitica

I merozoiti utilizzano gli organelli di invasione apicomplessi (complesso apicale, pellicola e rivestimento superficiale) per riconoscere ed entrare nell'eritrocita ospite (globulo rosso). Inizialmente, i merozoiti si legano all'eritrocita in modo casuale. Successivamente, si riorientano in modo che il complesso apicale sia vicino alla membrana dell'eritrocita. Il parassita forma un vacuolo parassitoforo per consentirne lo sviluppo all'interno dell'eritrocita.[40]Questo ciclo di infezione si verifica in modo altamente sincronizzato, con quasi tutti i parassiti nel sangue allo stesso stadio di sviluppo. Si è dimostrato che questo meccanismo di sincronizzazione dipende dal ritmo circadiano dell'ospite umano.[41]

All'interno dell'eritrocita, il metabolismo del parassita dipende dalla digestione dell'emoglobina. I sintomi clinici della malaria, come febbre, anemia e disturbi neurologici, si manifestano durante la fase ematica.[30]

Il parassita può anche alterare la morfologia dell'eritrocita, causando la formazione di noduli sulla membrana del globulo rosso. Gli eritrociti infetti vengono spesso sequestrati in vari tessuti o organi umani, come il cuore, il fegato e il cervello. Ciò è causato dalla presenza di proteine di superficie derivate dal parassita sulla membrana dell'eritrocita, che si legano a recettori sulle cellule umane. Il sequestro nel cervello provoca la malaria cerebrale, una forma molto grave della malattia che aumenta significativamente il rischio di morte per la vittima.[42]

Trofozoita

Dopo aver invaso l'eritrocita, il parassita perde gli organelli specifici per l'invasione (complesso apicale e rivestimento superficiale) e si de-differenzia in un trofozoita rotondo, situato all'interno di un vacuolo parassitoforo. Il trofozoita si nutre dell'emoglobina dell'eritrocita, digerendo le sue proteine e convertendo (tramite biocristallizzazione) l'eme rimanente in cristalli insolubili e chimicamente inerti di β-ematina, chiamati emozoina.[43][44]Il giovane trofozoita (o stadio "ad anello", a causa della sua morfologia su film di sangue colorato) cresce significativamente prima di iniziare il processo di moltiplicazione.[45]

Schizonte

Nel ciclo dello schizonte, il parassita replica il proprio DNA più volte e avvengono numerose divisioni mitotiche asincrone.[46][47]La divisione cellulare e la moltiplicazione all'interno degli eritrociti è chiamata schizogonia eritrocitica. Ogni schizonte forma tra 16 e 18 merozoiti.[41] I globuli rossi vengono poi distrutti dai merozoiti, che, una volta liberati, invadono nuovi eritrociti. Un merozoita libero resta nel flusso sanguigno per circa 60 secondi prima di penetrare un altro eritrocita.[40]

La durata di una schizogonia eritrocitica completa è di circa 48 ore. Questo ciclo provoca le manifestazioni cliniche tipiche della malaria falciparum, come febbre e brividi, in corrispondenza alla rottura sincrona degli eritrociti infetti.[48]

Gametocita

Alcuni merozoiti si differenziano in forme sessuate, i gametociti maschili e femminili. Questi gametociti impiegano circa 7-15 giorni per raggiungere la piena maturità, attraverso un processo chiamato gametocitogenesi. Successivamente, vengono assorbiti da una zanzara Anopheles femmina durante un pasto di sangue.[49]

Attualmente i geni coinvolti nella differenziazione sessuale non sono ben chiari, ma attualmente sotto investigazione.[50]

Periodo di incubazione

Il tempo che intercorre tra l'infezione e la comparsa dei sintomi (chiamato periodo di incubazione) è più breve per P. falciparum rispetto ad altre specie di Plasmodium. Il periodo di incubazione medio è di 11 giorni,[48]ma può variare da 9 a 30 giorni. In casi isolati, sono stati registrati periodi di incubazione prolungati fino a 2, 3 o addirittura 8 anni.[51] La gravidanza e la coinfezione con HIV sono condizioni importanti per il ritardo dei sintomi.[52] I parassiti possono essere rilevati nei campioni di sangue a partire dal decimo giorno dopo l'infezione.[48]

Interazione con il sistema immunitario umano

Risposta immunitaria

Una singola zanzara anofele può trasmettere centinaia di sporozoiti di P. falciparum in un solo morso in condizioni sperimentali, ma in natura il numero è generalmente inferiore a 80.[53]

Gli sporozoiti non entrano direttamente nel flusso sanguigno, ma rimangono nella pelle per due o tre ore. Circa il 15-20% degli sporozoiti entra nel sistema linfatico, dove attivano le cellule dendritiche, che li inviano per essere distrutti dai linfociti T (cellule T CD8+). Dopo 48 ore dall'infezione, le cellule T CD8+ specifiche per il Plasmodium possono essere rilevate nei linfonodi collegati alle cellule della pelle.[54]

La maggior parte degli sporozoiti che rimangono nel tessuto cutaneo viene successivamente eliminata dal sistema immunitario innato. La glicoproteina dello sporozoita attiva specificamente le cellule mastocitarie. Le cellule mastocitarie producono quindi molecole segnalatrici come TNFα e MIP-2, che attivano i fagociti professionisti, come neutrofili e macrofagi.[55]

Solo un piccolo numero (0,5-5%) di sporozoiti entra nel flusso sanguigno per raggiungere il fegato. Nel fegato, le cellule T CD8+ attivate provenienti dai linfonodi si legano agli sporozoiti tramite la proteina circumsporozoitaria (CSP).[54]

La presentazione dell'antigene da parte delle cellule dendritiche nel tessuto cutaneo ai linfociti T è anche un processo cruciale. Da questo punto in poi, i parassiti producono diverse proteine che aiutano a sopprimere la comunicazione tra le cellule immunitarie.[56]

Anche al culmine dell'infezione, quando i globuli rossi (RBC) si rompono, i segnali immunitari non sono abbastanza forti da attivare i macrofagi o le cellule natural killer.[57]

Evasione del sistema immunitario

Sebbene P. falciparum sia facilmente riconosciuto dal sistema immunitario umano mentre si trova nel flusso sanguigno, elude l'immunità producendo oltre 2.000 antigeni di membrana cellulare.[58]

Lo stadio infettivo iniziale, gli sporozoiti, produce la proteina circumsporozoitaria (CSP), che si lega agli epatociti.[65] Il legame e l'ingresso negli epatociti sono facilitati dalla proteina anonima correlata alla trombospondina (TRAP).[59]

TRAP e altre proteine secretorie (incluso la proteina essenziale del micronema per la migrazione cellulare dello sporozoita 1, SPECT1 e SPECT2) del micronema permettono allo sporozoita di muoversi nel sangue, evitando le cellule immunitarie e penetrando negli epatociti.[60]

Durante l'invasione degli eritrociti, i merozoiti rilasciano proteina cap del merozoita-1 (MCP1), antigene della membrana apicale 1 (AMA1), antigeni leganti gli eritrociti (EBA), proteina interagente con la coda della miosina A (MTIP), e proteine di superficie dei merozoiti (MSP).[64] Tra queste MSP, MSP1 e MSP2 sono principalmente responsabili dell'evasione delle cellule immunitarie.[61]

La virulenza di P. falciparum è mediata dalle proteine di membrana eritrocitaria, che sono prodotte dagli schizonti e dai trofozoiti all'interno degli eritrociti e sono esposte sulla membrana dell'eritrocita. PfEMP1 è la più importante, capace di agire sia come antigene che come molecola di adesione.[62]

Patogenicità

I sintomi clinici della malaria falciparum sono causati dalla rottura e distruzione degli eritrociti da parte dei merozoiti. La febbre alta, chiamata parossismo, è l'indicazione principale. La febbre segue un ciclo caratteristico di fase calda, fase fredda e sudorazione.[63]

Poiché ogni schizogonia eritrocitaria segue un ciclo di 48 ore, cioè due giorni, il sintomo febbrile si manifesta ogni terzo giorno. Per questo motivo, l'infezione è classicamente chiamata febbre terzana maligna (tertian deriva dal latino e significa "terzo").[64][65]

I sintomi più comuni sono febbre (>92% dei casi), brividi (79%), mal di testa (70%) e sudorazione (64%). Anche vertigini, malessere, dolori muscolari, dolori addominali, nausea, vomito, diarrea lieve e tosse secca sono generalmente associati. Tachicardia, ittero, pallore, ipotensione ortostatica, fegato ingrossato e milza ingrossata sono spesso diagnosticati.[48]

I cristalli insolubili di β-ematina, l'emozoina, prodotti dalla digestione dell'emoglobina degli eritrociti, sono il principale agente che colpisce gli organi del corpo. Agendo come tossina ematica, gli eritrociti contenenti emozoina non possono essere attaccati dai fagociti durante la risposta immunitaria alla malaria.[66]

I fagociti possono ingerire le emozoine libere liberate dopo la rottura degli eritrociti, inducendo una catena di reazioni infiammatorie che portano a febbre elevata.[67][68]

È l'emozoina che si deposita negli organi del corpo, come la milza e il fegato, nonché nei reni e nei polmoni, causando l'ingrossamento e la decolorazione degli stessi.[69][70]

Per questo motivo, l'emozoina è anche conosciuta come pigmento malarico.[71][72]

A differenza di altre forme di malaria, che mostrano una periodicità regolare della febbre, P. falciparum, sebbene segua un ciclo di 48 ore, presenta solitamente episodi irregolari di febbre. Questa differenza è dovuta alla capacità dei merozoiti di P. falciparum di invadere un gran numero di eritrociti in modo sequenziale senza intervalli coordinati, fenomeno non osservato negli altri parassiti della malaria.[63]

P. falciparum è quindi responsabile di quasi tutte le forme gravi di malattia e decessi dovuti alla malaria, in una condizione chiamata malaria perniciosa o grave. La malaria complicata si verifica più comunemente nei bambini sotto i 5 anni,[48]e talvolta nelle donne in gravidanza (condizione specificamente chiamata malaria associata alla gravidanza).[73]

Le donne diventano suscettibili alla malaria grave durante la prima gravidanza. La suscettibilità alla malaria grave si riduce nelle gravidanze successive a causa dell'aumento dei livelli di anticorpi contro gli antigeni di superficie varianti che compaiono sugli eritrociti infetti.[74]

Tuttavia, una maggiore immunità nella madre aumenta la suscettibilità alla malaria nei neonati.[73]

P. falciparum agisce tramite un processo chiamato sequestro, in cui gruppi di eritrociti infetti si aggregano, fenomeno non riscontrato in altre specie di parassiti della malaria.[75] Gli schizonti maturi cambiano le proprietà di superficie degli eritrociti infetti, facendoli aderire alle pareti dei vasi sanguigni (citoaderenza). Ciò porta all'ostruzione della microcircolazione e provoca la disfunzione di diversi organi, come il cervello nella malaria cerebrale.[76]

La malaria cerebrale è la condizione più pericolosa di qualsiasi infezione malarica e la forma più grave di disturbi neurologici. Secondo la definizione dell'OMS, il sintomo clinico è indicato dal coma e la diagnosi viene fatta tramite alti livelli di merozoiti nei campioni di sangue periferico. [77][78]

È la forma più letale di malaria, con una stima di 0,2 milioni a oltre un milione di decessi annui. La maggior parte delle vittime sono bambini sotto i 5 anni di età.[79][80]

Si verifica quando i merozoiti invadono il cervello, causando danni cerebrali di varia entità. La morte è causata dalla carenza di ossigeno (ipossia) dovuta alla produzione di citochine infiammatorie e alla perdita di integrità vascolare indotta dai merozoiti.[81]

Tra i sopravvissuti, persistono condizioni mediche come disabilità neurologiche, deficit intellettivi e problemi comportamentali. Tra queste, l'epilessia è la condizione più comune, e la malaria cerebrale è la principale causa di epilessia acquisita tra i bambini africani.[89]

La ricomparsa dei sintomi della malaria falciparum, fenomeno chiamato recrudescenza, si osserva spesso nei sopravvissuti.[82]

La recrudescenza può verificarsi anche dopo un trattamento antimalarico efficace.[83][84]Può manifestarsi dopo alcuni mesi o persino diversi anni. In alcuni individui, può richiedere fino a tre anni. In casi isolati, la durata può raggiungere o superare i 10 anni.[85][86]È un fenomeno comune anche tra le donne in gravidanza.[87][88]

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