Paradiso - Canto trentunesimoIl canto trentunesimo del Paradiso di Dante Alighieri si svolge nell'Empireo, ove risiedono Dio, gli angeli e tutti i beati; siamo nella notte del 14 aprile 1300, o secondo altri commentatori del 31 marzo 1300. Incipit«Canto XXXI, il quale tratta come l’auttore fue lasciato da Beatrice e trovò Santo Bernardo, per lo cui conducimento rivide Beatrice ne la sua gloria; poi pone una orazione che Dante fece a Beatrice che pregasse per lui lo nostro Segnore Iddio e la nostra Donna sua Madre; e come vide la Divina Maestà.» Temi e contenutiLa candida rosa - versi 1-24I beati, che Cristo ha redento col suo sangue, si mostrano a Dante in forma di candida rosa; gli Angeli cantano la gloria e la bontà di Dio. Come uno sciame di api che ora si posa sui fiori e ora ritorna all'alveare, dove il frutto della sua fatica si converte in miele, gli angeli scendono volando verso i beati e quindi risalgono verso Dio. Ci troviamo nell'Empireo, sede di Dio e degli Angeli e vera sede dei beati i quali, come Beatrice ha spiegato nel canto quarto del Paradiso (vv. 28-63), sono apparsi finora a Dante distribuiti nei diversi cieli al fine di mettere in evidenza il loro diverso grado di beatitudine, e quindi per un motivo simbolico e didascalico. Gli angeli hanno volti di fiamma e ali d'oro mentre il resto è bianchissimo: comunicano ai beati la pace e l'ardore che hanno attinto presso Dio. Lo spazio tra i banchi dei beati e ciò che si trova al di sopra, dov'è Dio, è tutto pieno di angeli ma essi, per fitti che siano, non impediscono ai beati la vista diretta di Dio, giacché nulla può ostacolare la luce divina. Stupore di Dante - vv. 25-51L'Empireo, popolato dai beati del Vecchio e del Nuovo Testamento, volge a Dio, come al suo unico fine, gli sguardi e gli animi; Dante invoca allora Dio perché guardi quaggiù alla nostra procella, alle tempeste della nostra vita mortale. Se i barbari, venuti dal Settentrione, restano stupefatti al cospetto di Roma, quale non doveva essere lo stupore di chi, come Dante, era venuto dall'umano al divino, dal tempo all'eterno, dalla corrotta Firenze al popolo giusto e sano dei beati. Simile a un pellegrino che contempla le bellezze del tempio che aveva fatto voto di visitare, Dante guarda, portando i suoi occhi per i gradini della candida rosa, in alto in basso in circolo e non vede che visi che ispirano, persuadono amore (Vedëa visi a carità süadi), e atti dignitosi e nobili. San Bernardo - vv. 52-78Si rinnova la situazione del Paradiso terrestre: Dante ha già contemplato la forma general di Paradiso e si rivolge verso Beatrice per chiarire alcuni dubbi, ma la donna è scomparsa come aveva fatto Virgilio alla fine del Purgatorio. Al posto di Beatrice un vecchio, vestito di bianco come le genti gloriose, in atteggiamento benigno e affettuoso come si conviene a un padre amorevole. Alla richiesta di Dante (Ov'è ella?) il vecchio risponde che Beatrice ha mosso lui dal suo seggio perché guidi il poeta al termine del suo viaggio; ora Beatrice è tornata al suo posto, nel terzo giro a cominciare dall'alto: lassù Dante la vede coronata dai raggi divini che in lei si riflettono. E sebbene egli sia tanto lontano da lei quanto neppure il più profondo abisso del mare è lontano dalla parte più alta dell'atmosfera, dove si formano i tuoni, Dante può vederla perfettamente perché nell'Empireo nessuna massa fluida materiale si interpone. Ringraziamento a Beatrice - vv. 79-93"O Donna in cui sempre trova forza la mia speranza - prega Dante - che ti sei degnata di scendere al Limbo per salvarmi, dalla tua potenza e dalla tua bontà riconosco la possibilità di vedere tutto ciò che ho visto. Tu dalla servitù del peccato mi hai tratto alla libertà, con tutti i mezzi in tuo potere: mantieni anche per il resto della mia vita la generosità che hai avuto e hai verso di me, sì che l'anima, redenta dal peccato, esca dal corpo in stato di grazia". A queste parole Beatrice lo guarda con un sorriso, poi si volge di nuovo a Dio. Trionfo della Vergine - vv. 94-142Il vecchio ora esorta Dante, per compiere il suo viaggio, a percorrere con lo sguardo il giardino dei beati per fortificare la vista e sostenere la visione di Dio. Dopo avere assicurato il Poeta che la Vergine, per cui il santo arde tutto d'amore, farà loro ogni grazia, il vecchio si manifesta come San Bernardo. Dante contempla il volto del famoso santo; simile a un pellegrino che venga da assai lontano, forse dalla Croazia, per vedere in San Pietro a Roma il velo della Veronica, che è la sembianza di Cristo nel panno nel quale egli si asciugò il volto. Infine Bernardo lo invita a non guardare solo i gradi inferiori della Rosa ma a rivolgere lo sguardo al sommo dove siede la Regina del Cielo. Dante leva gli occhi e vede un punto del sommo grado vincere gli altri per luminosità: risplende lì la luce di Maria, con intorno più di mille angeli festanti. Una bellezza che Dante non osa tentare di descrivere nemmeno in minima parte. San Bernardo rivolge anch'egli ad essa lo sguardo, con tanto affetto che accresce nel Poeta il desiderio di contemplare la Regina del Cielo. AnalisiIl canto è caratterizzato da una prevalenza di descrizione; contemplativo è lo sguardo di Dante che esplora l'infinito digradare dei petali della candida rosa, accompagna il muoversi degli angeli, ne scopre i colori, vede il diffondersi da un seggio all'altro della pace e dell’ardore, nell'armonioso e unanime rivolgersi di tutti i beati (del Vecchio e del Nuovo Testamento) ad un unico obiettivo, cioè Dio. Dalla contemplazione di tanta beatitudine scaturisce in Dante-poeta l'invocazione alla Trinità perché rivolga il suo sguardo alla nostra procella, ovvero alla vita tormentata degli uomini quaggiù sulla Terra. All'invocazione segue una similitudine nella quale Dante rappresenta il suo stupore. La distanza fra il mondo conosciuto dai barbari del Nord e lo splendore di Roma è ben poca rispetto a quella compiuta dal viaggiatore oltremondano: dall'umano al divino, dal tempo all'eternità e - qui sta il culmine - da Firenze (luogo di iniquità) a un popol giusto e sano (v.39). Bibliografia
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