Oreste Salomone
Oreste Salomone (Capua, 20 settembre 1879 – Padova, 2 febbraio 1918) è stato un aviatore e militare italiano, che come pilota fu dapprima decorato di Medaglia d'argento al valor militare nella guerra di Libia, e poi di Medaglia d'oro a vivente nel corso della prima guerra mondiale.[N 1]. BiografiaNacque a Capua il 20 settembre 1879,[1] figlio[N 2] di Michele e Maria Giuseppa Valletta.[2] Il 2 settembre 1897 si arruolò volontario nel Regio Esercito, assegnato al 76º Reggimento fanteria "Napoli", e poco prima del congedo chiese di rimanere in servizio permanente effettivo.[2] Il 31 ottobre 1902 viene ammesso a frequentare la Regia Accademia Militare di Modena, da cui uscì con il grado di sottotenente il 3 settembre 1904[3] del Corpo di commissariato,[1] assegnato al 7º Reggimento fanteria "Cuneo".[2] Il 24 gennaio del 1907 entrò in servizio presso il Magazzino Casermaggio di Gaeta, e il 19 settembre[3] dello stesso anno è promosso la grado di tenente.[2] Con lo scoppio della guerra italo-turca[4] partì per la Libia[5] dove si appassionò al mondo dell'aviazione, tanto da presentare domanda per entrare in servizio come "osservatore"[2] presso il Nucleo Aeronautico di Tripoli.[6] Rientrato in Italia, nell'agosto del 1912 conseguì il brevetto[N 3] di pilota il 5 novembre[3] dello stesso anno, volando su monoplano Blériot XI[2] presso la Scuola di volo di Aviano.[5] A partire dal marzo 1913[3] prestò servizio a Tobruk,[2] conseguendo il brevetto di pilota militare il 7 maggio[5] e prendendo parte alle ultime fasi della guerra, dove si distinse in numerose azioni. Per gli audaci voli di ricognizione compiuti sulle linee nemiche fu decorato con una medaglia d'argento al valor militare.[3] Rientrò in Italia il 26 novembre,[3] per essere mandato in missione in Francia[2] al fine di valutare nuovi aeroplani, e rientrato in Patria fu insignito del titolo di Cavaliere dell'Ordine della Corona d'Italia.[7] Il 24 aprile 1914 batté il record italiano di altitudine[N 4] arrivando alla quota di 4.700 m.[3] Promosso capitano il 31 marzo 1915[3] entrò in servizio presso il Battaglione Squadriglie Aviatori,[1] transitando successivamente nel Corpo Aeronautico Militare.[2] All'ingresso del Regno d'Italia nella grande guerra,[5] viene assegnato, nel mese di luglio, dapprima alla 8ª Squadriglia da ricognizione e combattimento di Aviano dotata di caccia Macchi-Nieuport Ni.10, di cui fece parte, tra gli altri, anche il futuro asso Francesco Baracca, ed il 1º settembre è distaccato alla 1ª Sezione Nieuport per la 2ª Squadriglia da ricognizione e combattimento. Ottenuta l'abilitazione al volo sul Caproni Ca.33 verrà destinato, su domanda, all'aviazione da bombardamento passando alla 1ª Squadriglia di stanza alla Comina, vicino a Pordenone. Il 18 febbraio 1916[3] prese parte alla rappresaglia dell'aviazione italiana sul quartier generale austroungarico di Lubiana in risposta al bombardamento di Milano eseguito dalla forza aerea nemica qualche giorno prima[N 5]. Nel corso dell'azione il velivolo Caproni Ca.33 Aquila Romana pilotato dai capitani Luigi Bailo, comandante di squadriglia,[5] ed Oreste Salomone che imbarcava come osservatore il comandante del Gruppo comando supremo, il tenente colonnello Alfredo Barbieri,[8] attirò su di sé la caccia nemica per permettere agli altri aerei che avevano raggiunto l'obiettivo di portare a termine la missione.[9] Durante il combattimento[N 6] vennero uccisi tutti i suoi compagni, ed egli, seppur gravemente ferito, riuscì a ripassare le linee[9] con il mezzo gravemente danneggiato, ed ancora carico di bombe, fatto oggetto del continuo fuoco avversario.[N 7]. Per tale azione Sua Maestà il Re Vittorio Emanuele III gli conferì motu proprio la prima medaglia d'oro al valor militare per fatti d'arme aeronautici.[9] Nominato comandante della 1ª Squadriglia dal 19 aprile, prenderà parte sul finire del 1916 ai bombardamenti su Trieste e Pola ma sarà poi costretto dall'aggravarsi delle sue condizioni di salute ad accettare, in data 8 novembre, un comando presso il Battaglione Aviatori di Torino. Dopo la battaglia di Caporetto[N 8] otterrà, dietro sua domanda, di esser inviato nuovamente al fronte venendo in breve nominato comandante del XIV Gruppo di base a Padova.[10] Promosso maggiore[11] per meriti eccezionali il 17 gennaio 1918,[11] troverà poco tempo dopo la morte. La sera del 2[N 9] febbraio,[1] al rientro da una missione di bombardamento notturno[N 10] su Levico e Caldonazzo, mentre stava per atterrare sull'campo d'aviazione di Padova, a causa della nebbia sbagliò la manovra[3] ed il suo velivolo appartenente alla 10ª Squadriglia da bombardamento "Caproni"[N 11] si schiantò contro una casa nella frazione di Brusegana.[11] Con lui perirono nell'incidente il tenente osservatore Mariano D'Ayala Godoy e il sergente pilota Antonio Porta. Il quarto membro dell'equipaggio, sergente mitragliere Silvio Piovesan rimase illeso. Al funerale Gabriele D'Annunzio volle pronunciare l'elogio funebre.[N 12] Dopo i funerali la salma venne inumata dapprima nel cimitero di Padova, e al termine della grande guerra fu traslata a Capua, dove le vennero tributate solenni onoranze.[11] Riconoscimenti
Onorificenze«Ferito al capo in una lotta aerea, benché il sangue gli offuscasse la vista e il corpo inerte d'uno dei suoi compagni uccisi gli rendesse difficile il governo del velivolo, rifiutava sdegnosamente di arrendersi alle intimazioni degli aviatori nemici e proseguiva, imperterrito, la lotta, mentre le pallottole di mitragliatrice dell'aeroplano avversario gli grandinavano attorno. Col motore funzionante irregolarmente, manovrando a bassa quota in mezzo alle raffiche di artiglierie antiaeree nemiche, riusciva a discendere in uno dei nostri campi, ove, con sentimento elevatissimo di cameratismo e con profonda coscienza del dovere, si occupava dei compagni e delle bombe inesplose, ancora sospese all'apparecchio. Ajdussina, 18 febbraio 1916.»
«Con intelligente e ponderata audacia, nelle più svariate e sfavorevoli condizioni di navigazione aerea, pilotò per ben 25 volte il proprio aeroplano sul campo di Madmar. Durante i voli fu fatto, quasi sempre, segno a vivissime scariche di fucileria nemica, dalle quali l'apparecchio fu una volta colpito. Tobruk, marzo-agosto 1913.»
«Spontaneamente partecipò ad una azione di bombardamento a luce stellare, pure non essendo ancora pratico di quel genere di volo; rientrando al campo lasciava la vita in un incidente d'atterraggio. Padova 2 febbraio 1918.»
«in considerazioni di speciali benemerenze[12]»
— Alla memoria[13]
NoteAnnotazioni
Fonti
Bibliografia
Voci correlate
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