Narges MohammadiNarges Mohammadi (in persiano نرگس محمدی; Zanjan, 21 aprile 1972) è un'attivista iraniana, vice-presidente del Centro dei Difensori dei Diritti Umani imprigionata dalle autorità iraniane dal maggio 2016[1][2][3] e condannata a Teheran a 16 anni di reclusione per aver fondato e gestito "un movimento per i diritti umani che si batte per l'abolizione della pena di morte".[4] Rilasciata nel 2020, è stata rispedita in prigione nel 2021, dove da allora ha denunciato gli abusi e l'isolamento di donne detenute. Il 6 ottobre 2023, mentre era in carcere, è stata insignita del Premio Nobel per la pace "per la sua battaglia contro l'oppressione delle donne in Iran e per promuovere diritti umani e libertà per tutti"[5]. Mohammadi è stata una sostenitrice della disobbedienza civile femminista di massa contro l'hijab in Iran e una voce critica del programma di hijab e castità del 2023. Ai primi di dicembre 2024 è stata rilasciata per tre settimane dopo essere stata sottoposta il 19 novembre 2024 a un complesso intervento chirurgico alla gamba destra.[6][7] BiografiaSostenitrice della campagna contro la pena di morte, è stata arrestata più volte. La prima condanna, di un anno di carcere, è arrivata nel 1998, per aver criticato il governo.[8] Nell'aprile 2010 è stata convocata presso la Corte rivoluzionaria islamica per la sua adesione al Centro dei Difensori dei Diritti Umani. È stata rilasciata con una cauzione di 50 000 dollari, e nuovamente arrestata qualche giorno dopo e detenuta nella prigione di Evin.[9][4] Arrestata poi nel luglio 2011, il 31 luglio 2012 è uscita di prigione.[10] Di nuovo in carcere nel 2015[11] e 2016,[12] il 16 novembre 2021[13] è stata arrestata mentre partecipava a una cerimonia commemorativa nella città di Karaj, in ricordo di Ebrahim Ketabdar, ucciso dalle forze dell'ordine durante le proteste di novembre 2019.[14] Il 15 gennaio 2022 è stata condannata a otto anni e due mesi di reclusione, due anni di esilio e 74 frustate. A Narges sono state negate le cure mediche secondo Amnesty International, nonostante soffra di una malattia polmonare.[14][15][16] L'Unione europea ha condannato la persecuzione contro Mohammadi, dichiarando: "[...] l'UE invita l'Iran a rispettare gli obblighi derivanti dal diritto internazionale e a rilasciare urgentemente la signora Mohammadi, tenendo conto anche del deterioramento delle sue condizioni di salute".[17] In una lettera alla BBC[18] ha descritto nel dicembre 2022 il clima all'interno del carcere dove è reclusa: "Un'attivista è stata legata mani e piedi a un gancio sul tettino del veicolo che l'ha portata in carcere ed è poi stata violentata dagli agenti di sicurezza" (rielaborazione di Fanpage.it).[19] Nello stesso anno è stata inserita nella lista della BBC delle 100 donne più importanti.[18] Nell'ottobre 2023, mentre era in carcere, è stata insignita del Premio Nobel per la Pace 2023 "per la sua lotta contro l'oppressione delle donne in Iran e per la sua lotta per promuovere i diritti umani e la libertà per tutti". Il Ministero degli Affari Esteri dell'Iran condannò la decisione. Il 19 novembre 2024 Mohammadi è stata sottoposta a un complesso intervento chirurgico in Iran che ha visto la rimozione di parte di un osso della gamba destra per timori di cancro, ed è stata immediatamente riportata in prigione. Ai primi di dicembre 2024 Mohammadi è stata rilasciata per tre settimane per motivi medici.[6][7] Vita privataNel 1999 ha sposato il collega giornalista riformista Taghi Rahmani, che non molto tempo dopo è stato arrestato per la seconda volta.[9][20] Rahmani si è trasferito in Francia nel 2012 dopo aver scontato un totale di 14 anni di pena detentiva, ma Mohammadi è rimasta per continuare il suo lavoro sui diritti umani.[21] Mohammadi e Rahmani hanno due figli gemelli, Ali e Kian nati nel 2006.[21] Note
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