Merobaude (poeta)
Flavio Merobaude (in latino Flavius Merobaudes; fl. 432-446) è stato un retore, poeta e generale romano di origine franca. Fu poeta laureato ufficiale dell'imperatore Valentiniano III e del patricius Flavio Ezio. BiografiaNativo della Betica (la moderna Spagna meridionale), era figlio[1] del magister militum e due volte console Merobaude, di origine franca. Genero di Astirio, probabilmente sopravvisse alla moglie[2]. Nel 432 compose un panegirico per Flavio Ezio e, in cambio, nel 435 ricevette l'onore di una statua nel Foro di Traiano, la cui base, scoperta nel 1813, reca un'iscrizione[3] che permette di sapere che era vir spectabilis e ricoprì il ruolo di comes sacri consistorii a corte, a Ravenna, la capitale imperiale dell'epoca; la dedica loda la combinazione, in lui, delle arti letterarie e di quelle militari. Questa statua era nota a Sidonio Apollinare, che la descrisse in un suo poema[4] e fu citata dal suo contemporaneo Idazio, che nella propria Cronaca appuntò, sotto l'anno 443, le lodi di Merobaude come poeta e oratore, menzionando l'erezione di diverse statue in suo onore. Nel 435 aveva dunque già guadagnato fama di buon comandante militare, combattendo nelle Alpi, forse in occasione delle campagne del 430 e 431 di Ezio contro Nori e Alemanni. È possibile che tra il 435 e il 439 abbia ottenuto il patriziato, conferitogli da Teodosio II, probabilmente in occasione della visita a Costantinopoli in occasione del matrimonio tra Valentiniano III e Licinia Eudossia; alternativamente fu onorato col consolato onorario. Nel tardo 438/439 era a Salona (forse di ritorno dalla sua visita a Costantinopoli), dove seppe della vittoria di Ezio sui Visigoti a Mons Colubrarius; questa vittoria, avvenuta su un popolo rivale dei Franchi, portò Merobaude a comporre un panegirico in suo onore[1]. Il primo dei panegirici conservatisi fu declamato molto probabilmente nel 439. Nel 443, Merobaude succedette ad Astirio come magister utriusque militiae in Hispania (e per Gallias); qui combatté contro i Bagaudi, che sconfisse in battaglia con truppe che si era portato dall'Italia. Fu poi richiamato in Italia da Valentiniano a seguito di alcuni intrighi orditi contro di lui. Delle sue opere rimangono parti in prosa e versi dei panegirici a Ezio del 439 e 446, un poema in endecasillabi per il compleanno del figlio di Ezio, altri frammenti di poemi cortigiani e alcuni versi su Cristo (De Christo). Entrò a far parte del senato romano. Note
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