Il Mercurio[2] (in francese e inglese: Mercure) fu un brigantino della marina francese donato al neocostituito Regno italico (1805-1814). Fu ufficialmente la prima nave battente la bandiera italiana tricolore[2][3].
Storia
L'inizio dei lavori di costruzione del Mercure avvenne nell'aprile 1805 presso i cantieri navali di Genova[4][5]. Dopo il varo del 17 luglio 1806[4], la nave entrò in servizio a Tolone (Francia) sotto Lacombe. Nel 1808 è resgistrata la sua presenza a Corfù e nel 1810 a Venezia. Il 14 giugno 1810 venne ceduta alla marina del Regno italico, insieme alla Cyclope e all'Écureuil, in cambio della fregata Favorite.
Il 22 febbraio 1812, mentre scortava il nuovo vascello Rivoli da 74 cannoni, insieme con i brigantini Mamelouk ed Eridano (ex Iéna), la squadriglia incontrò la forza britannica. In esito alla battaglia di Grado, il Mercurio combatté contro la HMS Weazel per 45 minuti, fino a quando il suo magazzino delle munizioni esplose, facendolo affondare all'istante e uccidendo rapidamente tutti i membri dell'equipaggio, esclusi 3 uomini che furono salvati dalla stessa Weazel.[6]
In base ad uno studio del 2010 sui documenti storici delle marina francese e di quella britannica, è stato ipotizzato che l'esplosione della santabarbara del Mercurio potrebbe essere stata innescata dallo stesso comandante Giovanni Palicuccia in risposta al tentativo di ammutinamento dell'equipaggio che voleva arrendersi agli inglesi[7]. Tale ricostruzione è basata sulle fonti francesi (che riportano l'affondamento come "incidente"), al contrario dei diari di bordo della Victorius e della Weazel (conservati a Londra presso gli Archivi nazionali di Kew) che registrano l'esplosione del Mercurio a seguito di una cannonata britannica[7].
Il ritrovamento del relitto
Il relitto del Mercurio venne rinvenuto casualmente nel 2001[8] a circa 7 miglia al largo di Punta Tagliamento (tra Caorle e Lignano Sabbiadoro) alla profondità di 16 metri da un peschereccio[9] le cui reti da pesca catturarono una carronata che riportava una punzonatura del 1806 della fonderia Du Creusot di Parigi[10]. Dal 2002 sono state condotte diverse campagna archeologiche sottomarine, che consentirono di ritrovare nel 2005 lo scafo, in ottime condizioni.
I resti del relitto si trovano adagiati sul fondale in due punti distanti tra loro circa 55 metri: nella "zona A" è presente la parte più significa di prua, mentre nella "zona B" vi è il dritto di poppa. Tale dislocazione è compatibile con l'effettivo verificarsi di un'esplosione a bordo che spezzò la nave in due parti. Il ritrovamento degli scheletri di circa 10 marinai conferma che l'affondamento fu molto rapido.
Lo scafo in rame (40 x 10 metri), il fasciame e gli oltre 900 reperti in ottimo stato conservativo costituiscono un eccezionale esempio di archeologia dei relitti marini[7][11] che consente di comprendere la vita di bordo dei marinai del Regno italico di inizio '800[8].
Alain Demerlaiac, La Marine du Consulat et du Premier Empire - Nomenclature des navires français de 1800 à 1815, Nice, Èditions A.N.C.R.E., 2003, pp. 110-111, ISBN9782903179304.
Jean-Michel Roche, Dictionnaire des bâtiments de la flotte de guerre française de Colbert à nos jours, 1671 - 1870, Group Retozel-Maury Millau, 2005, p. 260, ISBN978-2-9525917-0-6, OCLC165892922.
Paolo Foramitti, L’ultima battaglia del Mercure, 1812 (PDF), in Le armi di San Marco, Venezia-Verona, Società Italiana di Storia Militare, 2011, pp. 221-246.