Massacro di Ćuška
Il massacro di Ćuška (in albanese Masakra e Qyshkut; in serbo Масакр у Ћушкој?, Masakr u Ćuškoj) fu l'uccisione di 41 civili albanesi del Kosovo (maggioranza etnica in Kosovo), tutti uomini di età compresa tra i 19 e i 69 anni, da parte delle forze di sicurezza serbe, dell'esercito jugoslavo e dei paramilitari il 14 maggio 1999 durante la guerra in Kosovo.[1][2] Il 13 marzo 2010, il procuratore per i crimini di guerra serbi annunciò l'arresto di 9 uomini per il loro ruolo nel massacro e dichiarò che un totale di 26 uomini erano indagati per omicidio e furto a Ćuška.[3] I fattiĆuška è un villaggio vicino alla città di Peć. Il villaggio aveva 200 case e circa 2.000 residenti, prevalentemente albanesi.[4] La mattina presto del 14 maggio 1999, le forze di sicurezza serbe arrivarono nel piccolo villaggio di Ćuška.[3] Una volta lì, le donne e i bambini furono separati dagli uomini, le proprietà private furono sistematicamente rubate e le carte d'identità distrutte. Le forze poi divisero gli uomini in tre gruppi di circa dieci persone ciascuno e li portarono in tre case separate, dove vennero uccisi con armi automatiche.[3] Ciascuna delle case venne poi data alle fiamme. In ciascuna delle tre case, un uomo sopravvisse.[3] La motivazione del massacro di Ćuška rimane poco chiara. Agim Çeku, comandante dell'Esercito di liberazione del Kosovo (KLA), era un nativo del villaggio e suo padre che risiedeva lì venne ucciso nel massacro; tuttavia molti delle forze serbe affermarono che la sua morte non era lo scopo principale del massacro.[2] Procedimenti giudiziariIl 13 marzo 2010 la procura per i crimini di guerra serbi arrestò nove membri del gruppo paramilitare "Sakali".[3] L'ufficio di perseguimento penale serbo per i crimini di guerra ha inoltre avviato un'indagine contro 26 persone per omicidio e furto a Cuska.[3] Il 20 gennaio 2012 un tribunale distrettuale di Stoccolma condannò un ex poliziotto serbo di 34 anni all'ergastolo per il suo ruolo nel massacro.[5][6] Note
Voci correlate |