Mario Mantovani (anarchico)Mario Mantovani (Milano, 7 aprile 1897 – Limbiate, 4 luglio 1977) è stato un anarchico, partigiano e pubblicista italiano. BiografiaTipografo di professione, opera inizialmente negli ambienti dell'anarchismo individualista milanese con Ugo Fedeli, Pietro Bruzzi e altri. Nel 1915 espatria in Svizzera per sfuggire alla chiamata alle armi. Nel 1919 viene indicato dalle autorità italiane come elemento di collegamento tra gli ambienti anarchici e quelli bolscevichi svizzeri, tedeschi e russi[1], infatti in quello stesso anno è nella Russia rivoluzionaria dove riceve da Angelica Balabanoff (segretaria del comitato esecutivo della Terza Internazionale)[2] documenti per il Partito Socialista Italiano. Dopo un viaggio avventuroso attraverso l'Ungheria sovietica di Béla Kun, ritorna in Italia, dove continua la militanza politica tra arresti e fughe all'estero[1]. Dopo l'avvento in Italia del fascismo, espatria clandestinamente nel 1928 in Francia e poi in Belgio, collaborando con pubblicazioni anarchiche come Fede, Lotte sociali, Il Risveglio di Ginevra, L'Adunata dei Refrattari di New York[3]. Nel frattempo i suoi contatti con Michele Schirru prima e con Angelo Sbardellotto poi, fanno sospettare alla polizia italiana un suo coinvolgimento nei falliti attentati contro Benito Mussolini. Dopo lo scoppio della Guerra civile spagnola, è tra gli organizzatori del Comitato anarchico pro Spagna di Bruxelles, che si occupa dell'invio di volontari, fondi e altri aiuti ai combattenti anti-franchisti. A seguito dell'invasione tedesca del Belgio, viene consegnato alle autorità italiane, che lo assegnano al confino di Ventotene, da dove, dopo il 25 luglio 1943, viene trasferito a Renicci d'Anghiari[1]. Dopo l'8 settembre 1943 è liberato e torna a Milano, dove partecipa insieme a Mario Orazio Perelli e Antonio Pietropaolo alla lotta partigiana in qualità di commissario politico delle Brigate Bruzzi Malatesta[4]. Fonda e dirige il periodico clandestino Il Comunista libertario che continuerà a uscire, come settimanale, dopo la liberazione, assumendo la denominazione di Il Libertario[5]. A Milano, nell'ambito del dibattito con l'ala riformista capeggiata da Perelli, Germinal Concordia e Pietropaolo, favorevoli alla presentazione alle elezioni, si schiera per il mantenimento di un anarchismo ortodosso e intransigente. Dopo la fuoriuscita dell'area riformista nel 1946, continua a dirigere Il Libertario, che nel frattempo diventa uno dei periodici di maggior rilievo dell'area anarchica di lingua italiana[1], fino alla sua definitiva chiusura nel 1965[5], ed è una delle figure di maggiore spicco della Federazione Anarchica Italiana[6]. Nel periodo 1950-1953, di fronte alla rottura tra la FAI e i GAAP assume una posizione di mediazione, ricevendo dure critiche da parte dell'area facente riferimento a L'Adunata dei Refrattari di New York[1]. Al congresso di Carrara della FAI del 1965, gli viene affidata (congiuntamente a Umberto Marzocchi) la direzione del settimanale della federazione Umanità Nova, incarico che manterrà fino al 1971, trasferendosi a Roma[1][7]. Il suo archivio è conservato presso l'Archivio Storico della Federazione Anarchica Italiana[8]. Note
Bibliografia
Collegamenti esterni
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