Mariella Mehr

«Le conclusioni degli storici non lasciano spazio al dubbio: l'Opera di soccorso Enfants de la grand-route è un tragico esempio di discriminazione e persecuzione di una minoranza che non condivide il modello di vita della maggioranza.»

Mariella Mehr (Zurigo, 27 dicembre 1947Zurigo, 5 settembre 2022) è stata una scrittrice e poetessa svizzera di etnia Jenisch.

Fu vittima, da bambina e da adolescente, del programma eugenetico Enfants de la grand-route conosciuto in tedesco come Kinder der Landstrasse, promosso dal Governo svizzero nei confronti dei figli appartenenti a famiglie di etnia nomade.

La storia di Mariella Mehr

«I piccoli zingari venivano affidati a contadini, e molte ragazze venivano sterilizzate. Solo verso la fine degli anni Sessanta i rom e gli zingari crearono in Svizzera un’associazione e iniziarono una lotta giuridica e politica che portò alla chiusura della “Pro Juventute” e solo nel 1986 il presidente della Confederazione Elvetica ha chiesto pubblicamente scusa ai rom. Alla sua storia, e al percorso psicoterapeutico che le ha permesso di uscire dalla follia in cui era precipitata, Mariella Mehr ha dedicato il libro “La bambina” .... in cui ricostruisce una storia fatta di violenze: la piccola viene rinchiusa al buio e picchiata per la sua paura, subisce le “viscide attenzioni” del padre affidatario, la violenza carnale di un medico, elettroshock e terapie chimiche, mentre viene indicata come un caso disperato ed emblematico di una razza geneticamente tarata....»

In nome dell'eugenetica

Il programma Kinder der Landstrasse (per il recupero dei bambini di strada) fu attuato dal 1926 al 1974 dall'associazione svizzera Pro-Juventute e si tradusse in un dramma nazionale, tacciato da molti come una forma di vero e proprio genocidio[3][4]. Fu il governo svizzero a condurre e sostenere una politica semi-ufficiale che verteva ad istituzionalizzare i genitori Jenisch come "malati di mente" tentando di far adottare i loro figli da più "normali" cittadini svizzeri. Questo modo di procedere fu giudicato come un tentativo di eliminare la cultura Jenisch in nome del miglioramento della specie umana: l'eugenetica.[5] Secondo alcune fonti, 590 bambini furono sottratti ai genitori e messi in orfanotrofi, in istituti psichiatrici e persino in prigioni.[6][7] Il programma coinvolse dai 600 ai 2000 bambini nomadi, che di fatto, furono allontanati in tenera età dalle famiglie originarie. Quel programma è tutt'oggi un tema molto scottante per la coscienza dei cittadini elvetici.

Solo recentemente il Governo Svizzero ha riconosciuto la disumanità di quel programma, come fa notare la dott. Iocovino : "Nel 1987, il presidente della commissione della fondazione, Bernasconi, pronuncia per la prima volta le scuse da parte della PJ [Pro-Juventute] verso gli appartenenti al popolo jenisch e, nel 2000, la Svizzera ratifica la convenzione dell'Onu del 1948 riguardo alla prevenzione e alla punizione del genocidio. "[3][4]. Oggi ci sono 35.000 jenisch che vivono in Svizzera, sono concentrati per lo più nel Cantone dei Grigioni. Di questi, solo 5.000 sono nomadi.

Una infanzia stroncata dal pregiudizio

«Nel 1926, la Pro-Juventute (PJ), un’organizzazione privata che si impegna per la gioventù, sviluppa un progetto per la realizzazione della sedentarità dei jenisch svizzeri che verrà chiamato “Hilfswerk für die Kinder der Landstrasse”. Alfred Siegfired è il nome del direttore di questo programma, già direttore della divisione “Schule und Kind” (“scuola e bambino”) della PJ.

L'attuazione di tali teorie determinerà la sistematica distruzione di famiglie e vite non considerate “conformi alla norma”. Secondo tali studi, la vita non sedentaria, cioè il nomadismo, è dovuta a una disposizione ereditaria che dev’ essere estinta. Secondo le teorie razziste ed eugenetiche si tratta di un comportamento “ereditario-criminale”.»

Mariella Mehr fu una di quei bambini vittime del programma Kinder der Landstrasse.[9] Nacque nel dopoguerra il 27 dicembre 1947, a Zurigo in Svizzera, da madre jenisch.[10] Gli Jenisch, una etnia nomade diffusa in particolar modo in Germania e in Svizzera, negli anni 1940 provenivano da una cruenta persecuzione nazista perpetuata nei loro confronti e di altre etnie nomadi, nazismo che per la famigerata politica razziale, li aveva prima imprigionati e poi gasificati nei campi di sterminio di mezza Europa. Nel dopoguerra la Svizzera era ancora impegnata nella sua politica di igiene razziale, con un programma iniziato nel 1926 e che prevedeva una riconversione dei bambini della strada in bambini normali che di fatto si traduceva nel togliere ai genitori naturali i propri figli ed affidarli a orfanotrofi e istituti di infanzia, per essere poi adottati da famiglie svizzere normali.

Con questo programma, i rapporti con la famiglia originaria venivano definitivamente troncati nonché ostacolati, infatti a questi bambini veniva cambiato il nome di nascita e dato un nuovo nome, per cui era abbastanza difficile risalire ai genitori naturali. Tutti i nomadi senza stabile dimora erano obiettivo di questo programma, per cui gli Jenisch, la parte più consistente delle etnie nomadi in Svizzera, fu il principale gruppo, oggetto di attenzione. L'allontanamento coatto provocava sui bambini e sugli stessi genitori grandi traumi psicologici con manifestazioni di ribellione e grande risentimento anche verso le stesse istituzioni.

Ma il dramma di questi bambini, non finiva lì, come fa notare la dott. Iacovino: "Numerosi furono i casi di abuso sessuale sui bambini e soprattutto sulle bambine e sugli adolescenti, vittime di questo progetto di risanamento, non protetti dai genitori, che nel frattempo dovevano combattere con la depressione, l'alcolismo e i problemi interpersonali sorti tra i partner. Molti [furono] i casi di morte precoce".[8] Mariella, come tutti i bambini nomadi svizzeri fece parte di questo programma. Fu quindi tolta alla propria madre, mentre era piccolissima, crescendo in 16 diverse case famiglia e in 3 istituzioni educative.

La giovinezza della ribelle

Quando aveva 18 anni, come per sua madre, le tolsero il figlio. Questa opera di sradicamento fece crescere la sua rabbia verso le istituzioni e divenne ben presto una ragazza ribelle. Subì 4 ricoveri in ospedali psichiatrici, violenze ed elettroshock e venne perfino reclusa per 19 mesi nel carcere femminile di Hindelbank nel Canton Berna.

La rinascita, scrittrice e poetessa, l'impegno sociale

«Spesso canta il lupo nel mio sangue
e allora l'anima mia si apre
in una lingua straniera.
Luce, dico allora, luce di lupo,
dico, e che non venga nessuno
a tagliarmi i capelli»


Fino agli anni ottanta l'opinione pubblica mondiale sapeva ben poco delle discriminazioni subite dalla etnia Jenisch, paragonate di fatto ad un vero e proprio genocidio. Mariella Mehr come testimone principale del dramma di segregazione, ha fatto della denuncia della persecuzione agli Jenisch l'opera principale dei suoi scritti e delle sue poesie. I suoi libri, tradotti anche in italiano, sono ampie e dettagliate denunce di tutte le violenze fisiche e psicologiche subite negli anni della sua infanzia e della sua adolescenza.

Dal 1975 ha pubblicato prima come giornalista, poi come scrittrice, molti articoli e libri. Nel 1981 ha pubblicato il suo primo romanzo (Steinzeit), (L'età della pietra) tradotto in italiano con il titolo di Silviasilviosilvana. Un romanzo autobiografico che analizza le sue vicissitudini e il cui titolo voleva mettere in risalto la perdita di identità di una donna maltrattata e segregata.

La scrittrice e poeta, ha stabilito dal 1996 il suo centro operativo in Toscana, in Italia ed è diventata testimone autorevole della persecuzione subita dagli Jenisch e dalle altre etnie nomadi. Invitata dai media di tutta Europa, partecipa a trasmissioni radiofoniche e televisive facendo luce con le sue testimonianze e le sue denunce su uno dei periodi più bui della storia della Svizzera del XX secolo e delle discriminazioni nel mondo.

Per l'impegno per i diritti delle minoranze e dei gruppi emarginati, Mariella Mehr nel 1998, ha ricevuto la laurea honoris causa dalla Facoltà di Storia e Filosofia presso l'Università di Basilea.

Premi e riconoscimenti

Opere in lingua originale

Opere tradotte in italiano

Le opere di Mariella Mehr in tedesco sono state tradotte anche in italiano, francese e finlandese e romanès

Opere in Italiano

Filmografia

  • Dove cadono le ombre, lungometraggio di Valentina Pedicini, Italia, 2017, 95 minuti, presentato alla Mostra del Cinema di Venezia 2017[13][14].

Note

  1. ^ Le Monde Diplomatique, articolo di ottobre 1999, su monde-diplomatique.it. URL consultato il 30 marzo 2013 (archiviato dall'url originale il 17 luglio 2011).
  2. ^ Mariella Mehr, Con le poesie io parlo della mia tristezza
  3. ^ a b Persecuzioni in Svizzera
  4. ^ a b Filomena Icovino, tesi di laurea su Mariella Mehr, su mariellamehr.com. URL consultato il 30 marzo 2013 (archiviato dall'url originale il 3 aprile 2011).
  5. ^ On Swiss Crimes against Yeniche (in German)
  6. ^ Le Temps (Geneva), December 12, 2007, "Le passé enfin écrit des enfants enlevés en Suisse", an historical study spanning the years from 1926 to 1973.
  7. ^ Gli Jenisch e il programma della associazione Pro-Juventute
  8. ^ a b Una tesi di laurea italiana su Mariella Mehr, su mariellamehr.com. URL consultato il 30 marzo 2013 (archiviato dall'url originale il 3 aprile 2011).
  9. ^ MEHR MARIELLA, su www.violettanet.it. URL consultato il 10 marzo 2024.
  10. ^ Notizie biografiche sulla Mehr
  11. ^ Premio Letterario Camaiore XX Edizione, su mariellamehr.com. URL consultato il 30 marzo 2013 (archiviato dall'url originale il 4 febbraio 2012).
  12. ^ Premio letterario ProLitteris di Losanna[collegamento interrotto]
  13. ^ Dove cadono le ombre: il trailer e le foto esclusive del film di Valentina Pedicini, su comingsoon.it. URL consultato il 12 ottobre 2018.
  14. ^ Dove cadono le ombre, su mymovies.it. URL consultato il 12 ottobre 2018.

Bibliografia

  • (DE) Benita Cantieni, Mariella Mehr. In: Schweizer Schriftsteller persönlich, S. 222–237; 260. Huber, Frauenfeld 1983
  • (DE) Bernhard C. Schär, Nackte Ohnmacht, verletzte Körper und unverhüllte Kritik: Mariella Mehr. In: Bern 68. Lokalgeschichte eines globalen Aufbruchs – Ereignisse und Erinnerungen, S. 192–196. Hier + jetzt, Zürich 2008, ISBN 978-3-03919-078-2
  • (DE) Dietrich Seybold, Mariella Mehr, Andreas Kotte (Hrsg.), Theaterlexikon der Schweiz, Band 2. Chronos, Zürich 2005, ISBN 3-0340-0715-9
  • (IT) Andrea Galgano, La patria redenta di Mariella Mehr. In: Lo splendore inquieto. Saggi di poesia e letteratura da Archiloco alla contemporaneità, S. 187-192; Aracne, Roma 2018, ISBN 8825522592

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