Lycalopex griseus
La chilla (Lycalopex griseus Gray, 1837), nota anche come volpe grigia sudamericana o volpe grigia argentina, è una licalopecia diffusa nelle pianure della Pampa e in altre regioni desertiche e pianeggianti del Sudamerica. Il suo nome volgare è un prestito dal mapuche.[3] Alcuni autori non riconoscono nessuna sottospecie[1]; altri, invece, ne riconoscono fino a un massimo di quattro[4]. TassonomiaUn'analisi delle sequenze delle regioni HV1 e HV2 del DNA mitocondriale delle licalopecie rivelò che la chilla è strettamente imparentata con il culpeo, da cui si diversificò circa 350,000-600,000 anni fa durante il Pleistocene medio-superiore, così rendendo ambedue specie le più giovani tra le licalopecie. L'analisi inoltre rivelò che molteplici individui dell'aguarachay portano aplotipi riconducibili alla chilla in zone dove quest'ultimo non è presente. Ciò indicherebbe che l'areale della chilla è più vasto del previsto o che le due specie si siano incrociate.[5] Questo albero filogenetico è basato su una filogenia proposta nel 2005 in base al genoma mitocondriale delle specie odierne,[6] ma modificata per incorporare scoperte successive:[7][5]
DescrizioneGli esemplari adulti sono lunghi, dalla punta del muso alla base della coda, 42-68 cm, e hanno una coda di 30-36 cm. Il peso varia dai 2,5 ai 4 kg. Nell'aspetto la chilla ricorda le vere volpi, ma ha orecchie relativamente più grandi, lunghe 7,5-8 cm. Il colore del mantello varia dal grigio chiaro al marrone chiaro, con regioni inferiori più chiare[4]. Distribuzione e habitatLa chilla è diffusa su entrambi i lati delle Ande, in Cile e Argentina; voci riguardanti la sua presenza nel Perù non sono mai state confermate. A nord si spinge fino a 17° sud di latitudine. Generalmente vive in distese erbose aride, come steppe e pampas, nonché nelle macchie non troppo aride (matorral), ma popola anche i boschi della Terra del Fuoco, dove la temperatura media annuale è di circa 7 °C. Si incontra solitamente ad altitudini minori del culpeo (L. culpaeus). Alcuni esemplari, tuttavia, sono stati rinvenuti anche a 4000 m di quota[2]. Questa specie è stata deliberatamente introdotta in altre regioni del Sudamerica. Nel 1951, ad esempio, venne introdotta nella Terra del Fuoco per fronteggiare l'avanzata dei conigli, importati sull'isola a scopo venatorio e sfuggiti al controllo dei cacciatori[2]. L'introduzione della chilla, tuttavia, ha avuto un impatto negativo sulle popolazioni ivi presenti di oca testarossiccia, la specie più rara del genere Chloephaga (tribù dei Tadornini). Il declino della specie è stato attribuito, tra le altre cose, proprio all'introduzione della chilla[8]. BiologiaAlimentazioneQuesto canino si nutre di piccoli mammiferi, uccelli, insetti e rettili che sorprende al suolo. Mangia anche frutta, carogne e, raramente, cattura qualche agnello. Quando è la stagione, fa grandi scorpacciate dei frutti degli alberi di Prosopanche americana, Cryptocarya alba e Lithraea caustica. Le abitudini alimentari, comunque, variano a seconda delle disponibilità di prede animali o di sostanze vegetali di una determinata zona. La maggior parte degli esemplari va a caccia da sola, ma occasionalmente sono stati osservati anche 4-5 capi cacciare insieme; si trattava, probabilmente, di coppie riproduttive seguite da piccoli giunti quasi al termine dello sviluppo. La ricerca del cibo ha luogo perlopiù di notte, ma se la maggior parte delle prede è attiva di giorno la chilla si adegua al loro stile di vita[4]. RiproduzioneMaschi e femmine di solito costituiscono coppie monogame, ma solo raramente si incontrano al di fuori della stagione riproduttiva. Talvolta un'altra femmina aiuta la coppia nell'allevamento dei piccoli, e di rado i maschi si accoppiano con due femmine. Generalmente ogni coppia occupa un territorio di 0,2-2,9 km², che viene difeso dalle intrusioni di altri conspecifici[4]. In generale gli accoppiamenti hanno luogo in agosto e settembre. Dopo un periodo di gestazione di 53-58 giorni, in ottobre, nascono da quattro a sei cuccioli. Il parto non avviene mai in ripari scavati dalla volpe stessa, ma in cavità naturali o costruite dall'uomo, come i sottopassaggi delle strade. Per i primi 3-4 giorni dopo il parto la femmina rimane nella tana con i piccoli e riceve il cibo dal compagno. In seguito, però, entrambi i genitori si prendono cura dei piccoli. Dopo circa un mese i volpacchiotti iniziano a compiere brevi scorrerie al di fuori della tana e dopo cinque-sei mesi abbandonano definitivamente i genitori. Probabilmente raggiungono la maturità sessuale all'età di un anno, ma questo dato non è stato ancora confermato[4]. Le chilla non hanno nemici naturali; raramente alcuni esemplari cadono vittima di puma e di culpeo[4]. La durata di vita in natura è sconosciuta, ma esemplari ospitati allo Zoo di Santiago del Cile sono vissuti in media circa cinque anni[4]. ConservazionePoiché questo canino viene considerato dagli allevatori un predatore di piccoli animali domestici, molti esemplari vengono abbattuti o catturati con le trappole. Fino agli anni '80 la specie ha dovuto subire un'intensa caccia datale per la pelliccia. Tra il 1976 e il 1979 vennero messe in commercio, a circa 39 dollari l'una, tra le 700.000 e 1.200.000 pelli all'anno. Tuttavia, non sappiamo se queste cifre siano state esagerate o se in esse siano state erroneamente conteggiate anche pelli appartenenti ad altri cerdocionini. A partire dal 1986, la richiesta diminuì a 100.000-300.000 pelli all'anno, esportate generalmente in Germania. Verso il 1990 tale numero scese a circa 33.000 pelli. In seguito, questa cifra è aumentata leggermente a seguito di una maggiore richiesta dalla Russia. Anche negli ultimi valori indicati, tuttavia, è probabile che siano state conteggiate anche pelli di altre specie del genere Lycalopex[4]. La IUCN considera le popolazioni di chilla stabili e ancora molto numerose e, data anche la notevole estensione dell'areale, inserisce la specie tra quelle a rischio minimo[2]. Note
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