KharjaLa kharja (in arabo خرجة?, 'finale'; in lingua spagnola jarcha) è una brevissima composizione lirica, di massimo quattro versi, dall'al-Andalus, della Spagna musulmana.[1] Le kharjas costituivano i versi finali di un poema strofico arabo o ebraico, chiamato muwaṡṡah. La strofa finale di un poema muwaṡṡah si differenzia linguisticamente dalle strofe precedenti. Le kharǧāt (plurale arabo di kharǧa) sono composte o nella lingua colloquiale ispano-araba o nella lingua romanza parlata dagli Andalusi, che alcuni romanisti chiamano dialetto mozarabico.[2] Il teorico egiziano della letteratura medievale Ibn Sanā’ al-Mulk (1155–1211) ha scritto una poetica del muwaṡṡah nell'introduzione alla sua antologia "Dar al-ṭirāz". In essa menziona, tra le altre cose, che la kharja può essere scritta anche in una lingua non araba: (DE)
«Bisweilen ist die Ḫarǧa in fremdsprachlichen Worten abgefasst; es ist aber dann Bedingung, dass die Worte in der fremden Sprache auch so recht wüst und wirr und kauderwelsch klingen.» (IT)
«A volte la kharja è formulata in parole di lingue straniere; ma è condizione che le parole nella lingua straniera suonino anche molto selvagge, confuse e sconnesse.» Questo fenomeno di alternanza linguistica si chiama Code Switching, commutazione di codice. Secondo l'arabista spagnolo Federico Corriente (anno dell'ultima fonte disponibile 1998) sono noti 68 kharjas con elementi romanzi: 42 della serie araba e 26 della serie ebraica.[3] Il loro studio richiede la collaborazione interdisciplinare di arabisti, ebraisti e ispanisti. Il primo passo della decifrazione[4], la traslitterazione dei manoscritti medievali, scritti in consonanti arabe ed ebraiche, richiede una profonda conoscenza della paleografia semitica. Dato che queste kharjas romanze sono anche scritte in lettere ebraiche o arabe, non si trovano le vocali. La vocalizzazione (trascrizione), il secondo passo della decifrazione, necessita interpretazioni che hanno portato a risultati diversi.[1][5] Dopo l'espulsione dei musulmani dall'al-Andalus, i manoscritti originali furono copiati all'estero da copisti che non conoscevano una parola di spagnolo. Pertanto si sono introdotti errori di copiatura. Questo fatto richiede emendazioni, cioè correzioni in alcune parti della scrittura semitica, prima di procedere con la vocalizzazione. Le kharjas mozarabe sono considerate le testimonianze più antiche di poesia in una lingua romanza. Esistono esempi a partire dalla metà dell'XI secolo. La scoperta sensazionale delle kharjas«Nel maggio del 1948 il piccolo mondo dei romanisti è scosso da una notizia straordinaria. Samuel Miklos Stern scopre che alcune composizioni liriche medioevali in lingua ebraica contengono brevi testi conclusivi (kharja) in un dialetto romanzo, fino ad allora sostanzialmente sconosciuto. Trae dall'alfabeto consonantico in cui sono scritti delle ipotesi di trascrizione ed interpretazione e li pubblica.» Nel 1948 l'orientalista Samuel Miklos Stern stava lavorando a Oxford alla sua dissertazione sulla poesia medievale dall'al-Andalus, il muwaṡṡah di poeti ebrei ed arabi.[6] Le sue fonti erano frammenti di manoscritti medievali trovati nella Geniza del Cairo, e conservati in Inghilterra. Durante la sua ricerca, studiando, traslitterando e trascrivendo la grafia ebraica nell'alfabeto latino, scoprì che venti muwāšaḥaāt contenevano kharjas romanze o parzialmente romanze che pubblicò nello stesso anno in suo famoso articolo scritto in lingua francese: Les vers finaux en espagnol dans les muwaššaḥs hispano-hébraïques. Une contribution à l'histoire du muwaššaḥ et à l'étude du vieux dialecte espagnol « mozarabe », in: Al-Andalus, Revista de las escuelas de estudios árabes de Madrid y Granada, XII (1948), pp. 299–346. Dopo la pubblicazione di Stern (1948) delle 20 kharjas trovate in muwaššaḥs ebrei, l'arabista spagnolo Emilio García Gómez pubblicó (1952) 24 kharjas trovate in muwaššaḥs arabi.[7] Queste pubblicazione innescano una reazione a catena nel mondo della filologia romanza: (EN)
«In short order dozens of articles appeared, and comprehensive editions, such as those by Heger (1960), García Gómez (1965), and Solà-Solé (1973), were published, followed by hundreds of translations, commentaries, and essays, with the predictable result that the still very problematic translations of kharajāt became the required first chapter of school manuals of Spanish literature, thereby convincing almost everyone in Spain and many abroad that some popular lyrical poetry, genuinely Hispanic in all its metrical, stanzaic, thematic, and linguistic structers, had survived the Islamic conquest and was reflected in the kharajāt, as a hallmark of Mozarabic culture, though with the occasional cooperation of bilingual and bicultural Muslims and Jews.» (IT)
«In breve tempo sono comparsi dozzine di articoli e edizioni esaustive, come quelle di Heger (1960), García Gómez (1965) e Sola-Sole (1973), seguite da centinaia di traduzioni, commentari e saggi. Il risultato prevedibile è che le traduzioni ancora molto problematiche delle kharajāt sono diventate il primo capitolo richiesto nei manuali scolastici di letteratura spagnola, convincendo così quasi tutti in Spagna e molti all'estero che una popolare poesia lirica, autenticamente ispanica nelle sue strutture metriche, stanziali, tematiche e linguistiche, avesse resistito alla conquista islamica e si riflettesse nelle kharajāt come simbolo della cultura mozarabica, sebbene con l'occasionale collaborazione di musulmani ebrei bilingui e biculturali.» Nel 1988 l'arabista inglese Alan Jones pubblicò per la prima volta i facsimili dei manoscritti arabi originali delle kharjas, denominati "Ms. G.S. Colin" dal nome del loro defunto proprietario francese.[8] Alan Jones criticó ferocemente il lavoro del suo collega spagnolo Emilio Gracía Gómez: nel suo libro Las jarchas de la serie árabe en su marco[9] (1965) nessuna trascrizione è esente da errori (“not one transcription is completely accurate”).[10]. L'arabista spagnolo Federico Corriente Córdoba si unisce alla critica di Alan Jones: (ES)
«De hecho, el gran avance en los estudiosos de la serie árabe viene tras la publicación por Jones, en 1988, de los facsímiles de ʿUddat al-jalīs [es decir, "Ms. G.S. Colin"] con la transliteración nueva a grafías latinas de las jarchas de la serie árabe. Corriente concluye que cualquier lectura anterior a la publicación de los facsímiles en 1988 habrá sido basada en pruebas insuficientes y no sirve como base de estudios lingüísticos o literarios de la serie árabe.(Federico Corriente Córdoba, The kharjas: An Updated Survey of Theories, Texts and their Interpretation. In: Romance Philology. Vol. 63, Spring 2009, p. 111)» (IT)
«In effetti, il grande progresso negli studi sulla serie araba è avvenuto dopo la pubblicazione da parte di Jones, nel 1988, dei facsimili di ʿUddat al-jalīs [cioè "Ms. G.S. Colin"] con la nuova trascrizione in caratteri latini delle kharjas della serie araba. Corriente conclude che qualsiasi lettura precedente alla pubblicazione dei facsimili nel 1988 sia stata basata su prove insufficienti e non sia adatta come base per studi linguistici o letterari sulla serie araba. (Federico Corriente Córdoba, The kharjas: An Updated Survey of Theories, Texts and their Interpretation. In: Romance Philology. Vol. 63, Spring 2009, p. 111)» Gli originali della serie ebrea sono ora parzialmente digitalizzati.[11] Prima testimonianza dell'esistenza di poesia in una lingua romanzaLa sua importanza risiede nel fatto di essere la testimonianza letteraria più antica che si conosca in un dialetto romanzo (1042), quindi mezzo secolo prima della poesia lirica occitana dei trovatori (Guglielmo IX d'Aquitania), intorno all'anno 1100.[12][13] La scoperta delle "jarchas" (1948/1952) provocò una certa euforia, soprattutto in Spagna. I grandi filologi di allora, Ramón Menéndez Pidal e Dámaso Alonso, opinarono che nelle "haragât" con elementi romanzi si riflettesse una poesia lirica romanza anteriore alla dominazione musulmana dall'Al-Andalus. Dámasio Alonso parlava delle testimonianze di una «Primavera precoce della lirica europea».[14] E lo spagnolo arabista Emilio García Gómez non solo condivise questa opinione, ma considerò il genere del "muwassah" frutto di influenze metriche romanze sulla tradizione della poesia araba classica.[15] Tre decenni dopo, quando l'euforia si era placata, altri filologi sostennero un'altra ipotesi: l'idea che le "haragât" con elementi romanzi non fossero tracce di un'antica lirica romanza anteriore alla dominazione musulmana dall'Al-Andalus, ma piuttosto creazioni degli stessi autori, sia arabi che ebrei (per esempio: dal poeta ebreo Yehuda Ha-Levi, delle "muwassahât" che le contengono, ovvero arguzie finali che riflettevano il bilinguismo e la situazione culturale dall'Al-Andalus nei secoli XI e XII.[16] L'esistenza della kharja testimonia una stretta relazione fra tre culture: romanza, araba ed ebraica nell'Al-Andalus multilingue.[17] La voce è sempre femminileIl tema di queste canzonette romanze che sono le kharjas è sempre l'amore. La voce appartiene sempre a una donzella innamorata che si rivolge al suo amato, a sua madre o alle sorelle e amiche; dando così un'anticipazione alle cantigas de amigo galiziano-portoghesi che si diffusero nei secoli successivi: (FR)
«Ce sont toutes des chansons de femmes. C'est presque toujours, en un ou deux vers très simples, la plainte mélancolique, discrète et sensuelle d'une jeune fille qui se languit de son bien-aimé. Les poètes des cours arabes d'Al-Andalus jugeaient piquant cet effet de citation, cette rupture linguistique et poétique. La khardja qui concluait leur poème brillant et sophistiqué devait paraître fragmentaire,balbutiante, venue du fond des âges et du fond de l'âme [...], celle d'une poésie rudimentaire, celle de la jeune fille ignorante et de l'amoureuse inquiète qui fait entendre sa voix.» (IT)
«Queste sono tutte canzoni di donne. È quasi sempre, in uno o due versi molto semplici, il malinconico lamento, discreto e sensuale, di una giovane ragazza che desidera ardentemente il suo amato. I poeti delle corti arabe di Al-Andalus trovavano affascinante questo effetto di citazione, questa rottura linguistica e poetica. La kharja che concludeva il loro brillante e sofisticato poema doveva sembrare frammentaria, balbettante, proveniente dal profondo dei tempi e dell'anima [...], quella di una poesia rudimentale, quella di una giovane ragazza ignorante e di un'amante inquieta che fa sentire la sua voce.» La tristezza espressa dalla donna rappresenta la catarsi, in cui la donna non è oggetto bensì soggetto di un'emozione fortissima, da cui deriva grande sofferenza. Un esempio della serie ebreaLa più antica kharja mozarabica (prima del 1042), kharja n° 18 (Stern), n° I (Solà-Solé), che è scritta con lettere ebraiche nel manoscritto originale serve da esempio. Da sinistra a destra 1) Testo originale nelle lettere ebraiche[18], 2) traslitterazione del testo nel alfabeto consonantico ebraico al alfabeto latino 3) Tentativo (ipotetico) di trascrizione con vocali[19] 3)Traduzione in spagnolo di oggi 4) Traduzione in italiano:[20] 1 תנת אמרי תנת אמרי tnt 'm'ry tnt 'mry[21] ¡Tant' amare, tant' amare,[22] ¡Tanto amar, tanto amar, Tanto amare, tanto amare, Glossario: A causa dell'influenza della lingua araba vi sono molte parole che appartengono ad essa come " habib " nel secondo verso. 2 habib (arabo) = amico, amato; 3 welyoš[9] (mozarabico) = occhi. 3 gayados = lacrimanti Il romanista romeno Dimitrie Găzdaru ha proposto nel 1963, per ragioni logiche, una diversa interpretazione di questa antichissima kharja. Egli suggerì di sostituire il verbo 'amar' con 'mirar' ('guardare' o 'osservare'), poiché solo lo sguardo può provocare dolore agli occhi: Tan te mirai, tan te mirai, habib tan te mirai (ti ho guardato tanto, amico, ti ho guardato tanto) (ES)
«.Al sustituir la forma del futuro »amaray« con el pretérito del verbo »mirar«, todas las dificultades ya notadas desaparecen como per encanto» (IT)
«Sostituendo la forma del futuro 'amaray' con il passato remoto del verbo 'mirar', tutte le difficoltà già notate scompaiono come per incanto» La vivace polemica nel giornale La Corónica(EN)
«When Alan Jones published his first article in La Corónica (1981), he little realized, perhaps, that it would be the start of a transatlantic dialogue notable on occasions for its lively polemical tone.» (IT)
«Quando Alan Jones pubblicò il suo primo articolo su La Corónica (1981)[23], forse non si rese conto che sarebbe stato l'inizio di un dialogo transatlantico notevole in alcune occasioni per il suo tono polemico vivace» Negli anni Ottanta, a partire dal provocatorio articolo dell'arabista inglese Richard Hitchcock, si scatenò una accesa Kharja-Debate (dibattito Kharja) nella rivista specialistica statunitense La Corónica, una rivista dedicata alle lingue, letterature e culture medievali ispaniche. Il dibattito riguardava questioni metriche e la percentuale di parole romanze nelle cosiddette Kharjas mozarabe. Inoltre, si discuteva se si trattasse di preesistente poesia popolare ispano-iberica. La intensità della polemica è testimoniata dai sorprendentemente frivoli e divertenti titoli degli articoli come:[24]
Il romanista tedesco Georg Bossong riassume metaforicamente la critica degli inglesi Richard Hitchcock e Alan Jones alla ricerca sulla khardja spagnola, mentre allo stesso tempo critica severamente il libro di Alan Jones: (EN)
«García Gómez has built a beautiful house, but in the Light of Jones’ edition perhaps it is only a castle in the air. Or expressed with another metaphor, perhaps it is partly built on sand and has no solid foundation, while Alan Jones’ edition is more reminiscent of a heap of rubble, of debris from a construction site.» (IT)
«García Gómez ha costruito una bellissima casa, ma alla luce dell'edizione di Jones potrebbe essere solo un castello in aria. O esprimendolo con un'altra metafora, forse è parzialmente costruita sulla sabbia e non ha una solida base, mentre l'edizione di Alan Jones ricorda più un mucchio di macerie, detriti di un cantiere edile.» Note
Bibliografia
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