Khafāja ibn Sufyān ibn SawādaKhafāja ibn Sufyān ibn Sawāda (in arabo ﺧﻔﺎﺟـة ﺑﻦ ﺳﻔﻴﺎﻥ ﺑﻦ ﺳﻭﺍﺩة?; ... – fiume Dittaino, 15 giugno 869) è stato un governatore (wali) di Sicilia per conto della dinastia aghlabide.[1][2] Khafâgia fu scelto dall'emiro dell'Ifriqiya e condusse una politica aggressiva e di conquista della Sicilia sud-orientale. Nei suoi sette anni di governo, l'esercito musulmano si lanciò in varie spedizioni nella Sicilia sud-orientale, razziando il territorio di Siracusa e riconquistando alcune città siciliane come Noto e Ragusa, forse a seguito di una loro ribellione (ma lo storico Ibn al-Athir dichiara di aver riscontrato contraddizioni tra le fonti da lui usate). Khafâgia fu assassinato da un traditore dell'esercito sulla riva del fiume Dittaino nell'869; il figlio, Muhammad ibn Khafâgia, subentrò alla carica di governatore. Governo e guerre di conquistaDopo l'estromissione di Abdallah al-Fadl nell'862, l'emiro di Kairouan scelse Khafâgia ibn-Sofiân come nuovo governatore della Sicilia. Khafâgia, proveniente dall'Ifriqiya, riprese la politica aggressiva di al-Abbas[3] e lanciò varie spedizioni nella Sicilia sud-orientale. Inviò suo figlio Muhammad a razziare i dintorni di Siracusa, che ne uscì tuttavia sconfitto dai bizantini e costretto a ritirarsi a Palermo.[4] Nel febbraio/marzo 864 con l'aiuto di un rinnegato bizantino, dopo alcune sanguinose sconfitte, l'esercito musulmano riuscì a espugnare la città di Noto, destinata a diventare più tardi l'ultimo baluardo del dominio arabo nell'isola;[5] dopo un lungo assedio cadde anche la città di Scicli.[6][3][7] Nel 865, Khafāja condusse di persona una spedizione contro i sobborghi di Castrogiovanni (Enna), il che potrebbe implicare che i Bizantini l'avessero riconquistata, oppure che essi possedessero ancora fortezze nelle vicinanze. Arrivò a Siracusa dove una flotta lo raggiunse, ma in seguito alla cattura di quattro navi, rinunciò di prendere la città e tornò indietro;[8] il figlio Muḥammad fu nuovamente sconfitto in un'imboscata, perdendo 1 000 uomini.[9][7][8] Nell'866 Khafâgia marciò ancora una volta contro Siracusa e nella zona etnea, lungo la costa verso nord. Lì incontrò una delegazione di cittadini di Taormina, che conclusero con lui un trattato, ma presto lo violarono.[10][11] Khafâgia occupò una città da identificarsi probabilmente con Troina[12] e sottomise nuovamente Noto e Ragusa, probabilmente riconquistate dai bizantini, o che semplicemente avevano fallito nel rinnovare i loro pagamenti del tributo dopo le capitolazioni precedenti. Khafâgia procedendo verso la costa meridionale nei pressi di Girgenti, conquistò anche la fortezza chiamata "Ghirân", probabilmente Grotte,[13] e varie altre città, prima che una malattia lo costringesse a tornare a Palermo.[13][11] Nell'estate dell'867, passata la malattia, Khafâgia condusse nuovamente il suo esercito verso Siracusa e Catania, saccheggiando i loro sobborghi.[13][11] Il nuovo imperatore bizantino Basilio I il Macedone, salito al trono nel settembre dell'867, rivolse le sue attenzioni verso Occidente e inviò nel 868-869 una forza in Sicilia per assistere il piccolo numero di truppe imperiali rimaste nell'isola.[14] I Bizantini furono pesantemente sconfitti in battaglia da Khafāja, in seguito alla quale i musulmani saccheggiarono impunemente i sobborghi di Siracusa.[15][16] Dopo il ritorno di Khafāja a Palermo, suo figlio Muḥammad sferrò un'incursione contro le coste dell'Italia, assediando Gaeta.[17] Al suo ritorno in Sicilia, nel febbraio 869, Muḥammad tentò senza successo di conquistare la città di Taormina.[18] Un mese dopo, Khafāja sferrò un attacco nella regione dell'Etna, probabilmente contro la città di Tiracia (l'attuale Randazzo),[19] mentre Muḥammad compì un'incursione intorno a Siracusa.[20] I Bizantini, tuttavia, tesero un'imboscata dalla città e inflissero una pesante sconfitta all'esercito di Muḥammad.[19] La sconfitta musulmana provocò la reazione di Khafāja che decise vendicativamente di assediare Siracusa. Si narra che assediò la città per alcune settimane, prima di decidere di ritornare a Palermo a giugno.[20] MorteDurante la marcia sulla via del ritorno, Khafāja fu assassinato sulla riva del Dittaino per mano di soldato berbero hawwara del jund (esercito), che poi fuggì a Siracusa.[21] Fu una pesante perdita per i musulmani siciliani. I motivi per il suo assassinio rimangono non chiari: Metcalfe suggerisce una disputa sulla divisione delle spoglie tra le varie sezioni dell'esercito islamico,[22] mentre Alexander Vasiliev suggerisce la possibilità che il soldato berbero sarebbe stato pagato dai Bizantini.[23] Khafāja fu onorevolmente seppellito a Palermo.[20] Il figlio Muhammad fu acclamato come successore. Note
Bibliografia
|