Figlio primogenito di una cartaginese e del figlio di un siracusano esiliato da Agatocle, da giovane con il fratello servì valorosamente l'esercito di Annibale e da lui fu mandato in ambasciata dal tiranno di Siracusa Geronimo.[1] Entrambi riuscirono a convincere il giovane sovrano a rinunciare all'alleanza con i Romani.[2]
L'assassinio del tiranno[3] e la rivolta che seguì impaurì i due cartaginesi, che prima chiesero di tornare in patria, poi compresero che avrebbero potuto trarre dei giovamenti da quella situazione. Dopo l'assassinio del generaleAdranodoro, presero il potere.[4] In città però tornò a prevalere il partito filoromano, e i due furono costretti a rifugiarsi a Lentini.[5] Lì li attaccò Marco Claudio Marcello[6] che, a causa di una presunta strage compiuta dai suoi soldati nella città, si inimicò nuovamente i siracusani, che acclamarono Ippocrate ed Epicide nuovi tiranni.[7]
Marcello iniziò l'assedio di Siracusa,[8] che fu difesa coraggiosamente da entrambi e poi dal solo Epicide, mentre Ippocrate era andato a difendere altre parti dell'isola grazie al sostegno di Imilcone, sbarcato ad Eraclea Minoa con le truppe cartaginesi.[9] Imilcone sbarcò, infatti, con 25.000 fanti, 3.000 cavalieri e 12 elefanti, una quantità di soldati superiore a quella con cui aveva tenuto la flotta al promontorio di Pachino. Egli era stato inviato da Annibale in soccorso di Ippocrate.[10] Giunto ad Eraclea, ricevette la resa di Agrigento e, poco dopo, si congiunse ad Ippocrate che, con la sua armata di 10.000 fanti e 500 cavalieri, aveva deciso di accamparsi presso Akrillai.[11] E mentre i Siracusani stavano fortificando il loro campo, giunse Marcello, che tornava da Agrigento, già occupata dal nemico, e non si aspettava di incontrare un esercito siracusano.[12] Tuttavia temendo di poter essere attaccato da Imilcone, marciava con l'esercito in formazione, pronto a difendersi da un possibile assalto improvviso.[13] Il caso volle che quella cautela utilizzata contro un possibile attacco dei Cartaginesi servì al comandante romano per avere la meglio contro i Siracusani. Questi ultimi infatti vennero sorpresi mentre erano ancora intenti a preparare gli accampamenti. La fanteria venne assalita praticamente inerme, mentre la cavalleria riuscì a rifugiarsi da Ippocrate ad Akrillai, dopo brevi scaramucce.[14] Grazie all'esito di questa battaglia, molti tra i Siculi abbandonarono il proposito di allontanarsi dai Romani e Marcello poté far ritorno a Siracusa.[15]
Dopo pochi giorni che Marcello era tornato nell'accampamento romano davanti a Siracusa, anche Imilcone, che si era congiunto con Ippocrate, pose gli accampamenti nei pressi del fiume Anapo, a circa otto miglia dalla città (pari a 12 km circa).[15] Dopo la strage compiuta dei Romani ad Henna, Ippocrate si rifugiò a Murgantia ed Imilcone ad Agrigento, dopo aver inutilmente avvicinato ad Henna l'esercito.[16]
E mentre questi fatti accadevano all'interno della Sicilia, Marcello si era adoperato per conquistare quasi interamente Siracusa (212 a.C.). A resistergli rimaneva solo l'Isola di Ortigia e il quartiere dell'Akradina.[17] Ippocrate ed Imilcone attaccarono così le forze romane, riportando però una sconfitta.[18] Rifugiatisi sulle rive del fiume Anapo, furono vittime di una grave pestilenza che decimò le truppe ed uccise i due generali.[19]