In matematica, l'integrale di una funzione inversa può essere espresso nei termini della stessa inversa e di una primitiva della funzione non inversa, se questa la possiede. La formula è stata pubblicata nel 1905 da Charles-Ange Laisant[1].
Enunciato
Sia una funzione invertibile e strettamente monotona che ammette una primitiva , con e intervalli di , e sia la sua inversa. Per qualche fissato e per ogni si ha
da cui il corollario immediato con costante reale arbitraria.
dove è la derivata della funzione inversa. Se riscriviamo la funzione identità come nell'integrale di partenza, poiché con una primitiva di , per il teorema fondamentale del calcolo integrale otteniamo
QED.
Tuttavia non è necessario che [2] affinché il teorema valga.
Infatti, poiché è una mappa biunivoca , possiamo usare l'integrazione per parti con cambio di variabili dell'integrale di Stieltjes,
L'ultimo integrale è immediato e otteniamo che può però essere riscritto come
QED.
Storia
Da quanto è noto, questo teorema è stato pubblicato per la prima volta nel 1905 da Charles-Ange Laisant, e indipendentemente nel 1912 dall'ingegnere italiano Alberto Caprilli nell'opuscolo "Nuove formole d'integrazione"[3], assumendo che o sia differenziabile.
Una versione più generale, libera da questa assunzione, fu proposta da Michael Spivak nel 1965 come esercizio nel suo libro Calculus[4], e una dimostrazione sotto le ipotesi ridotte è stata pubblicata in letteratura da Eric Key nel 1994.[5]
Il teorema sotto ipotesi ridotte assume solo che (o ) sia, oltre che integrabile ovviamente, strettamente monotona. La tesi viene dimostrata direttamente usando la definizione di integrale di Darboux. Infatti, se i punti inducono una partizione nell'intervallo di integrazione (di ) , allora induce una partizione nell'intervallo di integrazione di (poiché è strettamente monotona); si può quindi facilmente dimostrare che
dove e sono rispettivamente le somme inferiori e superiori di Darboux. Dal risultato precedente segue la tesi poiché le funzioni sono integrabili.
È bene inoltre notare che, in generale, la (stretta) monotonia sia condizione necessaria, oltre che sufficiente, affinché valga la tesi. Ciò è facilmente dimostrabile considerando apposite funzioni invertibili e integrabili appositamente definite a tratti in forma, per esempio, simile a