Heidi Hammel

Hammel parla alla NASA nel 2009

Heidi Beth Hammel (California, 14 marzo 1960) è un'astronoma statunitense, nota per i suoi studi su Nettuno e Urano.

Ha fatto parte del team che ha diretto la sonda Voyager 2 nell'osservazione di Nettuno nel 1989, ed ha poi guidato quello che ha controllato il telescopio spaziale Hubble nelle osservazioni dell'impatto della cometa Shoemaker-Levy 9 con Giove nel 1994. Inoltre, ha eseguito osservazioni dei due giganti ghiacciati utilizzando sia il telescopio spaziale Hubble, sia il telescopio Keck, alla ricerca di nuove informazioni sulle tempeste e sugli anelli dei due pianeti. Nel 2002 è stata selezionata per partecipare allo sviluppo del telescopio spaziale James Webb.

Hammel si è anche occupata di divulgazione scientifica, ricevendo nel 2002 la medaglia Carl Sagan.[1] Nel 2003 è stata indicata da Discover Magazine come una delle 50 donne più importanti nel campo della scienza.[2] È vicepresidente esecutivo del consorzio AURA (Association of Universities for Research in Astronomy) dal 2010.[3]

L'asteroide 3530 Hammel è stato così chiamato in suo onore nel 1996.[4]

Biografia

Nata nel marzo 1960 in California,[5] figlia di Robert e Phyllis M. Hammel; la famiglia era composta anche dal fratello Hazen e dalla sorella Lisa, la più giovane, nata due anni dopo di Heidi. Robert, il padre, aveva una buona educazione, la casa era sempre piena di libri e giocattoli, spesso acquistati a scopo educativo. Tra questi anche un telescopio, che Heidi usava raramente, preferendo trascorrere il tempo guardando Star Trek o studiando i piani dell'Enterprise.

Il padre cambiava spesso lavoro e, di conseguenza, luogo di lavoro, il che gli causava sempre più pressione e stress. Quando ciò lo condusse all'alcolismo, l'atmosfera in casa peggiorò. Heidi, allora nel periodo preadolescenziale, fu soggetta a un forte stress familiare. La madre, di fede luterana, per restituire serenità ai figli, decise di divorziare.

Dopo aver terminato le scuole superiori, con voti molto alti, Heidi Hammel si iscrisse alla Penn State (Pennsylvania State University). Ammessa ad un corso avanzato, fu esortata dall'insegnante Mary Rhodes a frequentare il Massachusetts Institute of Technology (MIT), data la sua bravura in matematica. Convinta da questo incoraggiamento, Heidi Hammel conseguì prima la laurea presso il MIT nel 1982 e poi il dottorato di ricerca in fisica e astronomia presso l'Università delle Hawaii nel 1988 con una tesi sul pianeta Nettuno.[6] L'anno seguente, il pianeta sarebbe stato visitato dalla sonda Voyager 2 e Hammel fu assunta dal Jet Propulsion Laboratory della NASA, a Pasadena, California, per far parte del team che avrebbe programmato le osservazioni e analizzato i risultati.[7] Terminata questa esperienza, tornò al MIT, dove ha trascorso quasi nove anni come ricercatrice presso il Dipartimento di Scienze della Terra, scienze dell'atmosfera e scienze planetarie.[7]

In seguito, è stata assunta come ricercatrice senior e co-direttrice della ricerca presso lo Space Science Institute di Boulder, in Colorado.[8] Nel 2002, è stata chiamata a far parte della squadra che ha sviluppato il successore del telescopio spaziale Hubble, il telescopio spaziale James Webb.[9] In particolare, è stata membro del gruppo di lavoro scientifico per lo sviluppo dello specchio del telescopio.[10] Inoltre, ha fatto parte della task force congiunta NASA/NSF sugli esopianeti.[11]

Dal 2010,[3][12][13][14] Hammel è la vicepresidente esecutiva dell'Association of Universities for Research in Astronomy (in italiano, associazione delle università per la ricerca in astronomia, AURA), un consorzio di 44 università e istituti di ricerca senza scopo di lucro statunitensi e altre 5 affiliazioni internazionali.[3] AURA è responsabile dell'amministrazione di tre istituti astronomici, che a loro volta gestiscono importanti osservatori statunitensi, il NOIRLab, il National Solar Observatory e lo Space Telescope Science Institute.[15] In questo ruolo ha affermato di aver compreso, dopo circa 15 anni di carriera, che nella comunità scientifica sono necessarie persone che pianificano e lavorano per il futuro della scienza.

«Diversi anni fa mi sono impegnata a passare dal fare ricerca all'abilitare alla ricerca... Voglio assicurarmi che i giovani abbiano le opportunità, con i nuovi strumenti che stiamo sviluppando proprio ora, per ampliare i confini della scienza.[12]»

A partire dal 2014, la sua ricerca ha coinvolto l'imaging di Nettuno e Urano con l'uso del telescopio spaziale Hubble, dell'Osservatorio WM Keck, dell'Osservatorio Mauna Kea, della NASA Infrared Telescope Facility (IRTF).[16]

Attività di ricerca

Nettuno e la sua Grande Macchia Scura

La principale area di interesse di Heidi Hammel sono state le osservazioni astronomiche nel visibile e nel vicino infrarosso[17] delle atmosfere[13] e dei satelliti[1] dei pianeti del sistema solare esterno, condotte da terra (utilizzando le ottiche adattive[18][19]) e dallo spazio.

Come ha spiegato nella puntata del 9 novembre 1995, The Great Planet Debate, del programma televisivo della NASA Live from the Hubble Space Telescope:[20] "Tutti sono interessati dal tempo meteorologico, ma l'interazione dell'atmosfera terrestre con gli oceani e i continenti, ne complica la modellazione e limita la capacità di previsione degli scienziati. Sui pianeti gassosi, come Giove o Nettuno, non ci sono continenti, né oceani. Risulta quindi più semplice sviluppare dei modelli per descrivere la dinamica delle loro atmosfere, e quanto da noi imparato, non si limita a quei pianeti, ma ci permette di migliorare la comprensione anche della dinamica dell'atmosfera terrestre".

Come detto, Hammel ha partecipato alle attività del gruppo di ricercatori che presso il Jet Propulsion Laboratory diresse le osservazioni della sonda Voyager 2 durante il sorvolo di Nettuno nel 1989.[21] In seguito ha programmato le osservazioni condotte con il telescopio spaziale Hubble che hanno documentato la caduta della cometa Shoemaker-Levy 9 su Giove nel 1994, così come quelle dell'anno seguente che hanno documentato la scomparsa della Grande Macchia Scura su Nettuno.[22] Dal 2000, Hammel ha iniziato a condurre osservazioni del pianeta Urano con i telescopi Keck, con Imke de Pater, registrando la presenza di venti prossimi ai 110 m/s nel 2003 nelle regioni settentrionali del pianeta.[18][23][24][25] Hammel ha inoltre scoperto che i nove principali anelli di Urano comprendono un singolo strato di particelle e identificato, con de Pater, un undicesimo anello attorno al pianeta, largo circa 3500 chilometri, a circa 39600 chilometri dal centro del pianeta.[23][24][25][26] Nel 2006, hanno anche riferito che Urano aveva sia un anello blu estremamente raro, sia un anello rosso.[27]

Il telescopio spaziale Hubble e i telescopi Keck hanno offerto una nuova prospettiva per studiare Urano e Nettuno, permettendo di osservare dei fenomeni atmosferici che prima non potevano essere osservati.[28] Hammel, con le osservazioni da lei dirette, ha dimostrato che i due pianeti sono mondi dinamici.[12]

Vita privata

Nel 1996 ha sposato Tim Dalton, col quale ha avuto tre figli, l'ultimo nel 2001.[13]

Premi e riconoscimenti

  • 1995 - Premio Klumpke-Roberts 1995 della Astronomical Society of the Pacific per la comprensione e l'apprezzamento del pubblico dell'astronomia.
  • 1996 - Premio Harold C. Urey, per il suo lavoro di ricerca.
  • 1996 - Premio nazionale "Spirit of American Women", per aver incoraggiato le giovani donne a non seguire i consueti schemi di carriera.
  • 1998 - Premio per la comprensione pubblica della scienza 1998 del San Francisco Exploratorium.
  • 2000 - Eletta membro della "American Association for the Advancement of Science".
  • 2002 - Nominata da "Discover Magazine" una delle 50 donne più importanti della scienza.
  • 2002 - Medaglia Carl Sagan per le sue grandi capacità comunicative.
  • 2006 - I dati osservati dal telescopio Hubble durante la collisione della cometa Shoemaker-Levy 9 con Giove vengono citati al primo posto della Top-10 di Hubble nell'articolo principale di "Scientific American".

Filmografia

  • The Planets and Beyond, episodio TV del 2018 su Science Channel
  • Urano e Nettuno: L'Ascesa dei Giganti di Ghiaccio, episodio TV del 2018 in How the Universe Works, lei stessa come astronoma
  • Il viaggio cosmico di Hubble, episodio televisivo del 2015 sul National Geographic Channel
  • Naked Science, 2006–2008 2 episodi TV sul National Geographic Channel
  • Lo straordinario universo di Hubble, episodio TV del 2008
  • Deadliest Planets, episodio TV del 2006, nel ruolo della dottoressa Heidi B. Hammel, ricercatrice senior
  • Hubble: Segreti dallo spazio, episodio televisivo del 1998, nel ruolo della professoressa Heidi Hammel

Note

  1. ^ a b (EN) Heidi Hammel to be awarded DPS Sagan Medal [collegamento interrotto], in American Astronomical Society, 30 settembre 2002. URL consultato il 10 novembre 2018.
  2. ^ (EN) Kathy Svitil, The 50 Most Important Women in Science, in Discover, 1º novembre 2002. URL consultato il 21 dicembre 2014.
  3. ^ a b c (EN) Heidi B. Hammel, Joint Subcommittee on Research and Technology and Subcommittee on Space Hearing - The Great American Eclipse: To Totality and Beyond (PDF), in U1S House of Representatives, 28 settembre 2017. URL consultato il 10 novembre 2018.
  4. ^ (EN) Tiffany K. Wayne, American Women of Science Since 1900, Santa Barbara, California, ABC-CLIO, 2011, p. 482, ISBN 978-1-59884-158-9. URL consultato l'11 novembre 2018.
  5. ^ (EN) Benjamin F. Shearer e Barbara Smith Shearer, Notable Women in the Physical Sciences: A Biographical Dictionary, Greenwood Press, 1997, p. 166, ISBN 978-0-313-29303-0. URL consultato il 21 marzo 2020.
  6. ^ (EN) Heidi Beth Hammel, The Atmosphere of Neptune Studied with CCD Imaging at Methane-Band and Continuum Wavelengths, in Publications of the Astronomical Society of the Pacific, vol. 100, dicembre 1988, p. 1586, Bibcode:1988PASP..100.1586H, DOI:10.1086/132369.
  7. ^ a b (EN) Heidi Hammel Vice President of the Board of Directors, su planetary.org, The Planetary Society. URL consultato il 29 settembre 2023.
  8. ^ (EN) Barbara Kantrowitz, Woman Astronomer on Her Career, in Newsweek, 17 novembre 2007. URL consultato il 10 novembre 2018.
  9. ^ (EN) NASA's James Webb Space Telescope to target Jupiter's Great Red Spot, in Science Daily, 25 giugno 2018. URL consultato l'11 novembre 2018.
  10. ^ (EN) Liz Kruesi, Telescopes and space missions Research update US astronomers call for a new space telescope with a giant 12 m mirror, in Physics World, 15 luglio 2015. URL consultato il 10 novembre 2018.
  11. ^ (EN) Jonathan I. Lunine, D. Fischer, H. Hammel, T. Henning, L. Hillenbrand, J. Kasting, G. Laughlin, B. Macintosh, M. Marley, G. Melnick, D. Monet, C. Noecker, S. Peale, A. Quirrenbach, S. Seager e J. Winn, Worlds Beyond: A Strategy for the Detection and Characterization of Exoplanets, 2008.
  12. ^ a b c (EN) Drew Costley, Astronomer Pushes Science Forward for Planetary Exploration, in AAAS, 17 ottobre 2016. URL consultato l'11 novembre 2018.
  13. ^ a b c (EN) Claudia Dreifus, An Astronomer Devoted to the Icy and Far Away, in The New York Times, 1º settembre 2008. URL consultato il 10 novembre 2018.
  14. ^ Hubble Imagery Confirms New Dark Spot on Neptune, in NASA TV, 23 giugno 2016. URL consultato l'11 novembre 2018.
  15. ^ (EN) AURA, in Association of Universities for Research in Astronomy. URL consultato il 10 novembre 2018.
  16. ^ (EN) Astronomers Thrilled by Extreme Storms on Uranus, in W. M. Keck Observatory News, 12 novembre 2014. URL consultato l'11 novembre 2018.
  17. ^ Hubble Spots Northern Hemispheric Clouds on Uranus, in NASA Jet Propulsion Laboratory, 2 agosto 1998. URL consultato l'11 novembre 2018.
  18. ^ a b (EN) Emily Lakdawalla, No Longer Boring: 'Fireworks' and Other Surprises at Uranus Spotted Through Adaptive Optics, in The Planetary Society, 11 novembre 2004. URL consultato l'11 novembre 2018.
  19. ^ (EN) Martin J. Booth, Adaptive optics in microscopy, in Philosophical Transactions of the Royal Society A: Mathematical, Physical and Engineering Sciences, vol. 365, n. 1861, 15 dicembre 2007, pp. 2829–2843, Bibcode:2007RSPTA.365.2829B, DOI:10.1098/rsta.2007.0013.
  20. ^ Transcript of the PASSPORT TO KNOWLEDGE program "LIVE FROM THE HUBBLE SPACE TELESCOPE" #101, "THE GREAT PLANET DEBATE" first aired November 9, 1995, over public television and NASA-TV, in NASA-TV, 9 novembre 1995. URL consultato l'11 novembre 2018.
    «One thing that we all care about is the weather, and we care about the weather on the Earth the most. But what makes weather is gases and clouds, and the reason the weather on the Earth is hard to predict is because we have oceans and continents that interact with our atmosphere. That makes it very hard to predict the weather, as we all know. But if you take a planet like Jupiter or Neptune you don't have continents and you don't have oceans. All you have is gas, all you have is atmosphere, and therefore it's a lot easier to model the weather on those planets. But it's the same physical process, it's the same kind of thing happening, whether it happens on the Earth or whether it happens on Neptune. Therefore by studying weather on Neptune we learn about weather in general, and that helps us understand the weather on Earth better.»
  21. ^ F. Bortz, 2006.
  22. ^ (EN) H. B. Hammel, G. W. Lockwood, J. R. Mills e C. D. Barnet, Hubble Space Telescope Imaging of Neptune's Cloud Structure in 1994, in Science, vol. 268, n. 5218, 1995, pp. 1740–1742, DOI:10.1126/science.268.5218.1740.
  23. ^ a b (EN) Uranus photos reveal planet in flux, in Discovery News, 12 novembre 2004. URL consultato l'11 novembre 2018.
  24. ^ a b (EN) Robert Sanders, Keck Telescope images of Uranus reveal ring, atmospheric fireworks, in UC Berkeley News, 10 novembre 2004. URL consultato l'11 novembre 2018.
  25. ^ a b (EN) Francis Reddy, Uranus: Whacky weather, odd rings, in Astronomy, 10 novembre 2004. URL consultato l'11 novembre 2018.
  26. ^ (EN) Uranus photos reveal planet in flux, in ABC Science, 12 novembre 2004. URL consultato l'11 novembre 2018.
  27. ^ (EN) I. de Pater, Heidi B. Hammel, Seran G. Gibbard e Mark R. Showalter, New Dust Belts of Uranus: One Ring, Two Ring, Red Ring, Blue Ring, in Science, vol. 312, n. 5770, 7 aprile 2006, pp. 92–94, DOI:10.1126/science.1125110.
  28. ^ Robert Sanders, Keck, Hubble provide new view of Uranus' rings, in UC Berkeley News, 23 agosto 2007. URL consultato l'11 novembre 2018.

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