Haliaeetus pelagicus

Come leggere il tassoboxProgetto:Forme di vita/Come leggere il tassobox
Come leggere il tassobox
Aquila di mare di Steller
Un esemplare nei pressi di Rausu (Hokkaidō)
Stato di conservazione
Vulnerabile[1]
Classificazione scientifica
DominioEukaryota
RegnoAnimalia
PhylumChordata
ClasseAves
OrdineAccipitriformes
FamigliaAccipitridae
GenereHaliaeetus
SpecieH. pelagicus
Nomenclatura binomiale
Haliaeetus pelagicus
(Pallas, 1811)
Sinonimi

Aquila pelagica (Pallas, 1811)
Thalassaetus pelagicus (Pallas)
Falco leucopterus (Temminck, 1824)
Falco imperator (Kittlitz, 1832)

Areale

     nidificante

     stanziale

     svernante

     erratica

L'aquila di mare di Steller (Haliaeetus pelagicus (Pallas, 1811)) è un grosso rapace diurno della famiglia degli Accipitridi (Accipitridae). Descritta per la prima volta da Peter Simon Pallas nel 1811, non ne vengono riconosciute sottospecie. È un'aquila dalla struttura robusta dal piumaggio marrone scuro, con ali e coda bianche e becco e zampe gialli. Con un peso compreso tra 5 e 10 kg, in genere viene considerata l'aquila più pesante del mondo, sebbene in alcune misure standard possa essere superata dall'arpia (Harpia harpyja) e dall'aquila delle scimmie (Pithecophaga jefferyi).[2] Le femmine sono più grandi dei maschi.

L'aquila di mare di Steller è endemica dell'Asia nord-orientale ed è presente in Russia, Corea, Giappone, Cina e Taiwan. Vive nelle aree costiere e si nutre principalmente di pesci e uccelli acquatici. La penisola della Kamčatka, nell'Estremo Oriente russo, ospita una popolazione relativamente numerosa di questi uccelli: circa 4000 esemplari.[3] L'aquila di mare di Steller è elencata come «vulnerabile» nella Lista Rossa delle specie minacciate dell'Unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN Red List).

Tassonomia

Questa specie venne descritta per la prima volta dal naturalista prussiano Peter Simon Pallas nel 1811, che la chiamò Aquila pelagica.[4] L'epiteto specifico deriva dal greco antico pelagos, «mare aperto», «oceano».[5] Successivamente è stata chiamata anche Falco leucopterus, «aquila dalle ali bianche», dal naturalista olandese Coenraad Jacob Temminck nel 1824[6] e Falco imperator da Heinrich von Kittlitz nel 1832.[7] George Robert Gray trasferì in seguito la specie nel genere Haliaeetus nel 1849.[8]

L'Unione Internazionale degli Ornitologi (IOU) ha designato come nome comune ufficiale della specie «aquila di mare di Steller» (Steller's sea eagle),[9] in onore del naturalista tedesco Georg Wilhelm Steller.[10] È conosciuta anche come aquila pescatrice di Steller, aquila di mare del Pacifico o aquila dalle spalle bianche.[2] In russo viene chiamata morskoi orel («aquila di mare»), pestryi morskoi orel («aquila di mare screziata») o beloplechii orlan («aquila dalle spalle bianche»), in giapponese ō-washi («grande aquila»),[11] in coreano chamsuri («vera aquila») e in mandarino hǔtóu hǎidiāo («aquila di mare dalla testa di tigre»).

Nel 1996, l'analisi del gene del citocromo b del DNA mitocondriale ha dimostrato che le aquile di mare di Steller si separarono dalla linea evolutiva che diede origine all'aquila di mare testabianca e all'aquila di mare codabianca circa 3-4 milioni di anni fa. Tutte e tre queste specie sono caratterizzate da occhi, becco e zampe gialli, a differenza del loro parente più prossimo, l'aquila di mare di Pallas.[12]

H. pelagicus è una specie monotipica, ma in passato ne veniva descritta una sottospecie distinta, H. p. niger,[13] alla quale veniva ascritta una presunta popolazione priva di penne bianche, ad eccezione delle timoniere, che si riteneva risiedesse tutto l'anno in Corea. Avvistata per l'ultima volta nel 1968, è stata a lungo ritenuta estinta, fino a quando, nel 2001, una femmina dall'aspetto identico a H. p. niger non nacque in cattività nel Bayerischen Jagdfalkenhof (Germania) e trasferita in seguito al Tierpark Berlin. Il fatto che entrambi i suoi genitori presentassero la colorazione tipica indica che H. p. niger sia un morfo scuro estramamente raro invece che una sottospecie distinta, come era già stato ipotizzato in precedenza.[14][15] Anche uno dei discendenti della femmina scura di Berlino, un maschio nato nel 2014 che ora vive nello Skandinavisk Dyrepark (Danimarca), è un morfo scuro.[16]

Descrizione

Dimensioni

Falconiere con un'aquila di mare di Steller in Inghilterra.

L'aquila di mare di Steller è il rappresentante più grande del genere Haliaeetus e uno dei rapaci più grandi in assoluto. Le femmine hanno un peso che varia da 6,2 a 9,5 kg, mentre i maschi sono ben più leggeri, con i loro 4,9-6,8 kg.[2][17][18] Il peso tipico, comunque, varia probabilmente in base alla diversa disponibilità alimentare stagionale o alle condizioni fisiche generali, e, a seconda delle fonti, oscilla da 6,25 a 7,75 kg, senza contare, nella media, quello delle aquile morte per avvelenamento da piombo, che vanno incontro a una rapida perdita di peso prima di morire.[2][17][18][19][20]

Il peso medio dell'aquila di mare di Steller sembra superare quello dell'arpia di circa mezzo chilo e quello dell'aquila delle scimmie di più di un chilo.[2][18][21] La lunghezza totale varia da 85 a 105 cm. A quanto pare, la lunghezza media si aggira intorno agli 89 cm nei maschi e ai 100 cm nelle femmine; tale valore medio è leggermente inferiore a quello dell'arpia e circa 65 mm inferiore a quello dell'aquila delle scimmie.[2][19]

L'apertura alare varia da 195 a 250 cm, mentre la corda alare misura da 560 a 680 mm.[2][11][22] L'apertura alare dell'aquila di mare di Steller è una delle più grandi tra tutte le aquile: il suo valore medio viene indicato a 213 cm da Ferguson-Lees (2001) o a 220 cm da Saito (2009).[2][19] È compito più arduo, invece, stabilire l'apertura alare massima assoluta, collocata da molte fonti a 245 cm.[23][24] Tuttavia, fonti non documentate sostengono che possa raggiungere dimensioni maggiori. Tre fonti separate, purtroppo non verificate, affermano che le aquile di mare di Steller possano raggiungere rispettivamente un'apertura alare massima di 270, 274 e 280 cm. Se ciò corrispondesse a verità, sarebbe l'apertura alare più grande di qualsiasi aquila.[25][26][27]

Misure standard e fisiologia

Primo piano della testa di un'aquila allo zoo di Cincinnati (Stati Uniti).
Primo piano della zampa con gli artigli uncinati.

Come nella maggior parte delle aquile del genere Haliaeetus, il tarso (35-100 mm) e la coda (320-390 mm) sono relativamente corti rispetto a quelli di altre aquile di grandi dimensioni: a quanto pare, l'aquila delle scimmie può superare tali misure anche di 40 e 110 mm rispettivamente.[2][28] Tutte le aquile di mare hanno le dita relativamente corte e tozze, con la parte inferiore ricoperta di spicole, e gli artigli relativamente più corti e ricurvi rispetto a quelli delle aquile delle foreste e delle zone erbose, come le specie del genere Aquila o quelle del gruppo dell'arpia. Tutte queste specializzazioni si sono sviluppate per catturare pesci piuttosto che mammiferi di medie dimensioni e grossi uccelli, nonostante questi non siano esclusi dalla loro dieta.[2][28]

Come tutte le aquile di mare, nonché la maggior parte degli altri rapaci pescatori, l'aquila di mare di Steller possiede delle spicole, disposte a formare onde irregolari, lungo tutta la superficie inferiore delle zampe, che le consentono una salda presa su pesci che altrimenti potrebbero scivolare via una volta afferrati.[2] Le zampe sono molto potenti, nonostante non siano dotate di artigli lunghi come quelli dell'arpia. Una volta, un veterinario della fauna selvatica è rimasto gravemente ferito quando una femmina gli afferrò il braccio con gli artigli e glielo perforò dall'altro lato.[29]

Il becco è grande. Il cranio è lungo circa 14,6 cm, il culmen misura 62-75 mm e l'intero becco, dall'apertura all'estremità, è lungo circa 117 mm.[30][31] Il becco dell'aquila di mare di Steller è probabilmente il più grande tra quelli di tutte le aquile, superando di poco quello dell'aquila delle scimmie, del cui culmen è nota un'unica misurazione (di una femmina adulta) di 72,2 mm, ed è simile in robustezza (sebbene abbia il culmen di poco più corto) a quello degli accipitridi più grandi, gli avvoltoi del Vecchio Mondo.[2][30][32]

Quella di Steller è l'unica aquila di mare in cui anche i giovani hanno il becco giallo, e che possiede 14 timoniere invece di 12.[12]

Piumaggio

Adulto di un raro morfo scuro al Tierpark Berlin (Germania). Prima della nascita di questa femmina, che ha genitori «normali», il morfo scuro era considerato una sottospecie separata.[14][15]

Gli esemplari adulti di H. pelagicus hanno il piumaggio quasi interamente di colore marrone scuro o nero, sul quale risalta il bianco delle copritrici piccole e medie della superficie superiore delle ali e di tutte le copritrici della loro superficie inferiore, delle cosce, delle copritrici del sottocoda e della coda. Quest'ultima, a forma di diamante, è relativamente più lunga di quella dell'aquila di mare codabianca.[33] La colorazione bianca e nera degli adulti può essere utile nello stabilire le gerarchie sociali nei confronti degli esemplari della stessa specie al di fuori della stagione riproduttiva, sebbene tale ipotesi non sia stata confermata da studi accurati.[2][28] Il già ricordato morfo scuro, molto raro, che veniva considerato una sottospecie valida (H. p. niger), ha il piumaggio quasi del tutto privo di bianco, ad eccezione delle timoniere.[14][15] Gli occhi, il becco e i piedi degli adulti sono gialli.[2]

Alla schiusa i pulcini sono ricoperti da un lanuginoso piumino bianco-seta, che presto diviene bruno-grigiastro fuligginoso. Come in altre aquile di mare, le remiganti e le timoniere del piumaggio del primo anno sono più lunghe di quelle degli adulti. Il piumaggio giovanile è in gran parte di un marrone fuligginoso scuro uniforme con occasionali striature grigio-brunastre attorno alla testa e al collo, la base delle penne bianca e macchioline chiare sulle timoniere. La coda degli immaturi è bianca con macchioline nere sulla parte distale.[20][28] Le giovani aquile di mare di Steller hanno l'iride marrone scuro, le zampe biancastre e il becco bruno-nerastro. Attraverso almeno tre piumaggi intermedi, le macchioline sulla coda diminuiscono, il piumaggio del corpo e delle ali acquisisce riflessi bronzei e il colore di occhi e becco schiarisce.[11] Sulla base dei dati raccolti in cattività, sembra che il piumaggio definitivo venga probabilmente raggiunto tra il quarto e il quinto anno di vita. I giovani del morfo tipico e del raro morfo scuro sono simili. La differenza diviene evidente solo una volta acquisito il piumaggio adulto.[16]

Il piumaggio del primo anno e quelli intermedi sono difficili da distinguere da quelli dell'aquila di mare codabianca, che è presente in tutto l'areale di nidificazione di H. pelagicus; tuttavia, al di là della forma, nel complesso più voluminosa e più grande, quest'ultima si può distinguere in modo abbastanza affidabile anche a distanze ragionevoli dal becco considerevolmente più massiccio e dal piumaggio del corpo più scuro e uniforme. Inoltre, l'aquila di mare di Steller si distingue per la coda a forma di diamante e le ali a forma di pagaia (non squadrate come quelle dell'aquila di mare codabianca), ben evidenti nell'animale in volo come il caratteristico schema di colorazione della superficie inferiore dell'ala.[11]

Voce

L'aquila di mare di Steller emette un caratteristico grido rauco: ra-ra-ra-raurau. Nelle interazioni aggressive, il richiamo appare simile a quello dell'aquila di mare, ma più rauco.[28] Durante la parata nuziale all'inizio della stagione riproduttiva, il maschio e la femmina si lanciano tra loro dei richiami che ricordano quelli di gabbiani dalla voce molto rumorosa e rauca.[28][34]

Distribuzione e habitat

Un adulto nella riserva naturale di Magadan, in Russia, nel territorio di nidificazione della specie.

L'aquila di mare di Steller nidifica solamente in Russia, nella penisola di Kamčatka, nell'area costiera intorno al mare di Ochotsk, nel bacino inferiore dell'Amur, nella parte settentrionale di Sachalin e nelle isole Šantar. Molte aquile lasciano i loro territori di nidificazione per andare a trascorrere l'inverno in Corea, Giappone e Cina. La maggior parte degli esemplari sverna a sud del territorio di nidificazione, nelle isole Curili meridionali e a Hokkaidō. L'aquila di mare di Steller è meno incline al vagabondaggio rispetto all'aquila di mare codabianca, in quanto i giovani non tendono a disperdersi su lunghe distanze come quelli di quest'ultima,[35][36] ma esemplari erratici sono stati avvistati in America del Nord in luoghi come le isole Pribilof e l'isola Kodiak, ma anche il Texas, la Nuova Scozia, il Massachusetts, il Maine e Terranova[37] (negli ultimi cinque casi si è trattato sempre dello stesso esemplare)[38], nell'interno dell'Asia fino a Pechino e a Jakutsk (Repubblica di Sacha) e a sud fino a Taiwan.[28][39]

Le grosse dimensioni corporee (vedi anche regola di Bergmann) e la distribuzione dell'aquila di mare di Steller suggeriscono che si tratti di una specie relitta evolutasi in una stretta fascia subartica delle coste nord-orientali dell'Asia, il cui areale è oscillato in latitudine in base ai cicli dell'era glaciale, e che non è mai stata presente altrove. Costruisce il nido su grandi affioramenti rocciosi o sulla cima di grandi alberi sulla costa e lungo grandi fiumi. Predilige le aree dove crescono betulle di Erman (Betula ermanii) di grandi dimensioni e foreste alluvionali di larici, ontani, salici e pioppi. Alcuni esemplari, soprattutto quelli che nidificano sulla costa, possono anche essere stanziali. La tempistica, la durata e l'entità delle migrazioni dipendono dalle condizioni del ghiaccio marino e dalla disponibilità di cibo.

In Kamčatka, le aquile svernano nelle foreste e nelle vallate fluviali vicino alla costa, ma sono distribuite irregolarmente in tutta la penisola. Sembra che la maggior parte degli esemplari svernanti siano adulti stanziali. Le aquile di mare di Steller che migrano volano verso sud per svernare nei fiumi e nelle zone umide del Giappone, ma occasionalmente si spostano verso le aree montuose dell'interno invece che verso la costa. Ogni inverno, migliaia di aquile vengono spinte verso sud dai ghiacci alla deriva sul mare di Ochotsk, che raggiungono Hokkaidō alla fine di gennaio.

Il numero delle aquile raggiunge il picco nello stretto di Nemuro alla fine di febbraio. A Hokkaidō, le aquile si concentrano nelle zone costiere e sui laghi vicino alla costa, insieme a un numero considerevole di aquile di mare. Da qui partono tra la fine di marzo e la fine di aprile; gli adulti in genere partono prima degli immaturi. In genere le aquile migratrici tendono a spostarsi seguendo la costa e di solito vengono viste volare da sole. Nelle occasioni in cui sono state viste volare in gruppo, generalmente i vari membri procedevano distanziati di 100-200 m tra loro. In Kamčatka, la maggior parte degli individui che migrano sono esemplari con piumaggi di transizione. Sporadicamente questi uccelli sono stati visti volare sopra il Pacifico settentrionale o posarsi sul ghiaccio marino durante l'inverno.[11][39]

Esemplari erratici

Di tanto in tanto alcuni esemplari hanno raggiunto l'Alaska occidentale, ma nel dicembre 2021, per la prima volta, ne è stata documentata la presenza di un esemplare nei 48 Stati continentali[40][41] Avvistato per la prima volta il 30 agosto 2020, vicino al parco nazionale di Denali, in Alaska,[42] l'esemplare in questione fece perdere le sue tracce, fino a quando un individuo della stessa specie non venne fotografato a Victoria, in Texas, non molto tempo dopo che una tempesta invernale aveva colpito lo stato. L'avvistamento è stato confermato dal Texas Bird Records Committee e già allora gli studiosi hanno pensato che si trattasse dello stesso individuo visto a Denali, sebbene le foto scattate non fossero sufficienti a confermarne l'identità.[43] Si trattava della prima segnalazione della specie negli Stati Uniti continentali. L'aquila è stata poi segnalata in diverse località del New Brunswick, del Quebec e della Nuova Scozia per tutta l'estate, fino a novembre. A dicembre è stata avvistata sul fiume Taunton nel Massachusetts e poi si è spostata a nord, sulla costa del Maine (Georgetown, Boothbay e Pemaquid).[44] Più recentemente, è stata vista sulla costa est di Terranova il 22 aprile 2022.[45] All'inizio del 2023, è stata avvistata di nuovo nel Maine, lungo la costa di Georgetown.[46] I disegni dell'ala indicano che si tratta sempre dello stesso individuo.[47]

Biologia

Alimentazione

Aquila di mare di Steller vicino a Rausu (Hokkaidō) mentre cattura e poi trasporta un pesce.

L'aquila di mare di Steller si nutre principalmente di pesce. Negli ambienti fluviali le sue prede preferite sono i salmoni e le trote appartenenti al genere dei salmoni del Pacifico (Oncorhynchus spp.).[48] Tra questi, i preferiti sono il salmone gobbo (O. gorbuscha) e il salmone cane (O. keta), accompagnati talvolta da grandi quantità di temoli (Thymallus spp.) e spinarelli comuni (Gasterosteus aculeatus).[49] Sebbene il salmone gobbo e il salmone cane adulti pesino in media circa 2,2 e 5 kg rispettivamente, l'aquila di mare di Steller non di rado cattura pesci che possono pesare fino a 6 o addirittura 7 kg.[30] Nelle zone costiere, le aquile nidificanti catturano pesci lupo di Bering (Anarhichas orientalis), Hemitripterus villosus, lompi lisci (Aptocyclus ventricosus) e Myoxocephalus spp.[49] Come la maggior parte delle specie del genere Haliaeetus, va a caccia di pesci quasi esclusivamente in acque poco profonde. Sui fiumi particolarmente produttivi, durante il periodo della fregola, tra agosto e settembre, è possibile vedere un numero relativamente elevato di questi uccelli, di norma solitari, che approfittano dell'abbondante disponibilità di cibo.[39]

In Kamčatka sono state segnalate aggregazioni anche di 700 aquile, ma in genere i gruppi sono più piccoli.[11] In estate, i piccoli nel nido vengono alimentati con pesci vivi, generalmente di lunghezza compresa tra 20 e 30 cm. Normalmente, i genitori catturano circa due o tre pesci al giorno per nutrire i piccoli. In autunno, quando molti salmoni muoiono dopo aver deposto le uova, i pesci morti tendono a essere consumati più spesso di quelli vivi e costituiscono la fonte di cibo principale per le aquile di mare di Steller che svernano nei fiumi dell'interno dalle acque non ghiacciate.[28]

A Hokkaidō, le aquile sono attratte dalla grande quantità di merluzzi del Pacifico (Gadus macrocephalus), che nel mare di Rausu e nello stretto di Nemuro raggiungono il picco a febbraio. Questa risorsa alimenta un'importante attività di pesca commerciale, che, a sua volta, contribuisce ad alimentare le aquile.[11] Il pollock dell'Alaska (Gadus chalcogrammus), insieme al merluzzo, è la fonte di cibo più importante per le aquile che svernano in Giappone.[2] Alcuni esemplari coraggiosi possono camminare fino a pochi metri dai pescatori quando vanno in cerca di cibo in inverno, ma solo a quelli più familiari che hanno già incontrato in precedenza. Nel caso siano presenti degli estranei, si comportano con cautela e mantengono le distanze.[29]

Il pollock dell'Alaska, una delle principali fonti di cibo delle aquile di mare di Steller che svernano in Giappone.
Il gabbiano della Kamčatka, una delle principali specie di uccelli che vengono catturate dall'aquila.

I pesci costituiscono circa l'80% della dieta delle aquile che nidificano sul fiume Amur; altrove, le altre prede costituiscono una proporzione quasi uguale della dieta.[11] Lungo la costa del mare e in Kamčatka le prede più comuni sono gli uccelli acquatici: anatre, oche, cigni, gru, aironi e gabbiani.[50] In certi luoghi la specie mostra una forte preferenza per i gabbiani dorsoardesia (Larus schistisagus).[50]

Le urie comuni e le urie di Brünnich (Uria aalge e U. lomvia, rispettivamente) sono le prede dominanti intorno al mare di Ochotsk, seguite dal gabbiano tridattilo (Rissa tridactyla), dal gabbiano dorsoardesia, dall'alca minore crestata (Aethia cristatella) e dal cormorano pelagico (Urile pelagicus).[49] Talvolta piccoli nidiacei di uria e cormorano vengono catturati vivi e portati al nido, dove si nutrono autonomamente dei resti di pesce rimasti, finché non vengono uccisi.[49] In alcune zone i tetraonidi di montagna, come il gallo cedrone orientale (Tetrao parvirostris), la pernice bianca (Lagopus muta) e la pernice bianca nordica (L. lagopus) possono costituire un'importante fonte di cibo; di solito le altre specie del genere Haliaeetus non catturano i tetraonidi.[28][51] Altri uccelli terrestri oggetto di caccia sono il gufo di palude (Asio flammeus), il gufo delle nevi (Bubo scandiacus), la cornacchia nera (Corvus corone) e il corvo imperiale (C. corax), nonché (seppur raramente) passeriformi più piccoli.[49] In un'occasione, un'aquila di mare di Steller è stata vista nutrirsi di un albatro del genere Diomedea, un raro visitatore accidentale proveniente dagli oceani subantartici.[2] Quando ne ha l'opportunità, può integrare la dieta con vari mammiferi (soprattutto lepri[2][28]), granchi, mitili, vermi del genere Nereis e calamari.[23][49]

A quanto pare, l'aquila di mare di Steller cattura con facilità i mammiferi carnivori. Tra quelli che figurano come prede vi sono lo zibellino (Martes zibellina), il visone americano (Neogale vison), la volpe artica (Vulpes lagopus), la volpe rossa (V. vulpes) e cani domestici (Canis familiaris) di piccola taglia.[28][49] Sono stati segnalati come preda anche mammiferi più piccoli, come l'arvicola boreale (Clethrionomys rutilus) e l'arvicola del Nord (Alexandromys oeconomus).[49] Le carogne, soprattutto quelle dei mammiferi, vengono facilmente consumate durante l'inverno. Circa il 35% delle aquile che svernano in Giappone si sposta nell'entroterra e si nutre in gran parte di carcasse di mammiferi, prevalentemente di cervo sika (Cervus nippon).[52] In inverno, gli esemplari immaturi possono frequentare i macelli per rubare pezzi di frattaglie.[28] In alcune occasioni questa specie è stata vista catturare giovani foche. In uno studio (Brown e Amadon) è stato stimato che alcuni cuccioli di foca portati via in volo dalle aquile pesassero almeno 9,1 kg: si tratterebbe (se la stima fosse veritiera) del più grande peso trasportato in volo da un uccello; tuttavia, il peso effettivo di tali prede non è mai stato verificato.[53] Spesso foche e leoni marini di qualsiasi dimensione vengono consumati sotto forma di carogne e, grazie all'enorme becco, possono essere smembrati sul posto anziché trasportati in volo.[54]

Le aquile di mare di Steller cacciano più comunemente a partire da un posatoio su un albero o su una sporgenza rocciosa situati a 5-30 m sopra l'acqua, sebbene possano anche cacciare in volo, mentre volteggiano a 6-7 m sopra l'acqua. Una volta localizzata, la preda viene catturata con una picchiata. A volte le aquile cacciano stando in piedi nell'acqua poco profonda o sulle sue sponde, su un banco di sabbia, una lingua di terra o un lastrone di ghiaccio, afferrando i pesci di passaggio. Rispetto ai suoi parenti, l'aquila di mare codabianca e l'aquila di mare testabianca, l'aquila di mare di Steller si rivela un rapace più «aggressivo, potente e attivo».[28] Laddove più esemplari si alimentano in gruppo, il cleptoparassitismo è comune. Il cleptoparassitismo si rivela più utile per procurarsi il cibo durante i periodi di abbondanza di cibo e nei contesti di grandi aggregazioni. Gli immaturi praticano il cleptoparassitismo tanto quanto gli adulti, ma vengono attaccati più spesso dagli adulti che dagli esemplari della stessa età. Gli adulti sembrano trarre maggiori benefici da questo comportamento. I colori vivaci degli adulti potrebbero essere un segnale importante che influenza la formazione dei gruppi di alimentazione. Tuttavia, un filmato girato in Russia mostra una giovane aquila di mare di Steller che allontana aggressivamente dal cibo un adulto dopo un lungo scontro fisico.[55] Al di fuori del periodo riproduttivo, queste aquile probabilmente si riuniscono in posatoi comunitari vicino ai loro siti di alimentazione. Quando in inverno, dopo aver deposto le uova in estate, i salmoni e le trote muoiono, i gruppi di aquile di mare di Steller possono mescolarsi con le più piccole aquile reali (Aquila chrysaetos) e aquile di mare codabianca per sfruttare questa fonte di cibo. Questa zona è l'unica dell'areale quasi circumpolare dell'aquila reale in cui tale specie dipende quasi esclusivamente dai pesci per l'alimentazione.[56]

Anche tra le varie specie si registrano talvolta episodi di cleptoparassitismo. Di tanto in tanto, una specie più piccola di aquila può rubare un pesce a una Steller, soprattutto se questa è distratta dalle aggressioni dei conspecifici, e sia le Steller giovani che quelle adulte possono perdere i pesci a favore delle specie più piccole anche in scontri uno contro uno, specialmente quando si tratta di esemplari meno determinati come gli immaturi. Un filmato mostra un'aquila reale che ingaggia una lotta con una Steller immatura, allontanandola dal cibo dopo essere riuscita a non mollare la presa con gli artigli nonostante le dimensioni più piccole.[57] In altri casi, delle Steller sono state fotografate mentre si allontanavano con la preda dopo aver sfruttato la loro stazza superiore per dominare le aquile più piccole, di solito sovrastandole con la mole e il grande becco.[58][59][60]

In altri casi, le tre specie di aquila sono state viste nutrirsi nelle immediate vicinanze, a quanto pare indifferenti alla presenza l'una dell'altra. Nell'interno, dove le aquile reali, le aquile di mare codabianca e le aquile di mare testabianca competono per fonti di cibo non così abbondanti come i pesci e, quel che è più importante, competono per i siti di nidificazione, la competizione aggressiva tra le specie può essere più comune.[11] In Scozia, nell'ambito di competizione per siti di nidificazione limitrofi, aquile di mare codabianca e aquile reali si sono addirittura uccise a vicenda.[56] Come molte altre aquile di mare, l'aquila di mare di Steller può tentare di rubare (di tanto in tanto con successo) dei pesci ai falchi pescatori (Pandion haliaetus), dove le due specie coesistono.[61] Durante l'inverno, nella penisola coreana e nella Cina nord-orientale, le aquile di mare di Steller condividono l'areale con l'avvoltoio monaco (Aegypius monachus), il più grande accipitride esistente, che, insieme all'avvoltoio barbuto (Gypaetus barbatus), è l'unico volatile più grande di loro che questa specie possa incontrare in natura. Una volta, tuttavia, uno di questi enormi volatili è stato visto inseguito in volo e cleptoparassitato da un'aquila di mare di Steller.[62]

Riproduzione

Un immaturo allo zoo di Łódź (Polonia). Impiegherà diversi anni per raggiungere la maturità e indosserà il piumaggio adulto a quattro anni.

L'aquila di mare di Steller costruisce numerosi nidi voluminosi fatti di ramoscelli e legnetti che possono raggiungere 1,5 m di altezza e 2,5 m di diametro. Di solito posiziona tali nidi in alto sugli alberi o su affioramenti rocciosi a 15-20 m dal suolo, talvolta anche fino a 45 m sugli alberi. I nidi alternativi vengono solitamente costruiti entro 900 m l'uno dall'altro. In un'occasione sono stati scoperti due nidi attivi situati a meno di 100 m tra loro.[11][28]

Il corteggiamento di solito avviene tra febbraio e marzo e, secondo quanto riferito, consiste semplicemente in un volo in quota sopra il sito di nidificazione.[28] Si credeva che le coppie di aquile di mare rimanessero fedeli per tutta la vita, ma gli studi di genetica molecolare hanno dimostrato che alcuni pulcini presentano una stretta parentela con quelli di altri nidi. Ciò potrebbe essere un indizio di poligamia occasionale negli esemplari che nidificano in colonie, sebbene non sia da escludere il fatto che i genitori dei pulcini in questione possano essere imparentati.[63] Le aquile di mare di Steller si accoppiano nel nido dopo averlo costruito.[2] Le prime uova, bianco-verdastre, vengono deposte tra aprile e maggio. Queste, leggermente più grandi di quelle dell'arpia, misurano 78-85 mm di lunghezza e 57,5-64,5 mm di larghezza e pesano circa 160 g.[28] Ciascuna covata può comprendere da una a tre uova, in media due. Di solito, solo un pulcino riesce a raggiungere l'età adulta, ma in alcuni casi anche tre nidiacei sono riusciti a raggiungere con successo l'età dell'involo.[28] Dopo un periodo di incubazione di circa 39-45 giorni le uova si schiudono. I nidiacei sono inetti e coperti alla schiusa da un piumino biancastro. Gli aquilotti si involano in agosto o all'inizio di settembre. Indossano il piumaggio adulto all'età di quattro anni, ma in genere non si riproducono la prima volta prima di un altro anno o due.[2][28]

Uova e nidiacei molto piccoli possono essere predati da mammiferi arboricoli, come zibellini ed ermellini, e da altri uccelli, generalmente corvidi. Tutti questi piccoli e astuti razziatori di nidi fanno affidamento sulla distrazione e sulla furtività per saccheggiare i nidi dell'aquila e rischiano di essere uccisi nel caso siano scoperti da uno dei genitori. Una volta raggiunte le dimensioni di un adulto, seppur in una fase iniziale, pochi predatori possono minacciare questa specie. In un'occasione, un orso bruno (Ursus arctos) riuscì ad accedere a un nido situato su una formazione rocciosa e divorò un aquilotto in età dell'involo, ma si ritiene che si sia trattato di un evento eccezionale. I nidiacei in età dell'involo che hanno il nido sugli alberi sono probabilmente invulnerabili ai predatori: fatta eccezione per l'orso dal collare (Ursus thibetanus), che finora non è mai stato segnalato come suo predatore, nessun altro mammifero carnivoro di dimensioni uguali o superiori a quelle dell'aquila è in grado di arrampicarsi sugli alberi nell'areale della specie.[64] A causa principalmente dei razziatori di uova e del crollo dei nidi, solo il 45-67% delle uova viene allevato con successo fino al raggiungimento dell'età adulta e fino al 25% dei nidiacei può andare perduto.[11] Una volta raggiunta l'età adulta, però, l'aquila non ha predatori naturali.[39]

Conservazione

Molte aquile di mare di Steller svernano in Giappone, dove sono protette e classificate come tesoro nazionale.

Le aquile di mare di Steller vengono classificate come «specie vulnerabile» dalla IUCN. Pur essendo legalmente protette – vengono classificate come tesoro nazionale in Giappone, e in Russia vivono principalmente in aree protette –, persistono ancora molte minacce alla loro sopravvivenza. Tra queste le principali sono l'alterazione dell'habitat, l'inquinamento industriale e la pesca eccessiva, che porta alla diminuzione della loro fonte di cibo. La popolazione attuale viene stimata sulle 5000 unità ed è in diminuzione.[1] In alcuni casi le forti inondazioni, possibile conseguenza del cambiamento climatico globale, hanno portato al fallimento quasi completo della riproduzione delle coppie che nidificano sui fiumi russi, in quanto per i genitori catturare i pesci essenziali per la sopravvivenza dei nidiacei si è rivelato un compito difficilissimo.[50] Inoltre, in Russia la specie viene ancora perseguitata a causa della sua abitudine di rubare le prede catturate dalle trappole dei cacciatori di pellicce.[11] In alcune aree, per via della mancanza di altre prede accessibili, le aquile di Hokkaidō si sono spostate sempre più nell'entroterra e si sono cibate delle carcasse di cervo sika lasciate dai cacciatori, esponendosi al rischio di avvelenamento da piombo attraverso l'ingestione dei pallini.[65]

In Kamčatka sono state censite 320 coppie, escluse quelle presenti in altri 89 siti di nidificazione che non vengono monitorati. Sui Monti dei Coriacchi e lungo la baia della Penžina nidificano oltre 1200 coppie e sono stati registrati almeno 1400 giovani. Circa 500 coppie vivono nel territorio di Chabarovsk, sul mare di Ochotsk, e 100 nelle isole Šantar. Altre 600 coppie vivono nel bacino inferiore dell'Amur. Circa 280 coppie vivono sull'isola di Sachalin e qualcuna nelle isole Curili. La popolazione totale è di circa 3200 coppie nidificanti. Probabilmente fino a 3500 esemplari svernano in Kamčatka, e circa altri 2000 potrebbero svernare a Hokkaidō. In generale, il futuro della specie appare roseo. Al di fuori dell'areale riproduttivo, la disponibilità di cibo è stata finora sicura.[11]

Note

  1. ^ a b (EN) BirdLife International. 2021, Haliaeetus pelagicus, su IUCN Red List of Threatened Species, Versione 2020.2, IUCN, 2020.
  2. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q r s James Ferguson-Lees e David A. Christie, Raptors of the World, illustrazioni di Kim Franklin, David Mead e Philip Burton, Londra, Christopher Helm, 2001, pp. 406-08, ISBN 0-7136-8026-1.
  3. ^ Fauna on Kamchatka: Brown Bear, Steller's Sea Eagle, Salmon, su kamchatka.org.ru. URL consultato il 1º novembre 2017 (archiviato dall'url originale il 25 febbraio 2019).
  4. ^ Peter Simon Pallas, Zoographia Rosso-Asiatica, sistens omnium animalium in extenso Imperio Rossico et adjacentibus maribus observatorum recensionem, domicilia, mores et descriptiones, anatomen atque icones plurimorum, Petropoli, 1811, pp. 343-45.
  5. ^ Henry George Liddell e Robert Scott, A Greek-English Lexicon, Oxford, Oxford University Press, 1980 [1871], p. 540, ISBN 0-19-910207-4.
  6. ^ Coenraad Jacob Temminck, Nouveau recueil de planches coloriées d'oiseaux: pour servir de suite et de complément aux planches enluminées de Buffon, vol. 1, Strasburgo, Chez Legras Imbert et Comp., 1824, pp. 87-88.
  7. ^ (DE) Kupfertafeln zur Naturgeschichte der Vögel, Francoforte sul Meno, Johann David Sauerländer, 1832, pp. 3-4.
  8. ^ George Robert Gray, The genera of birds: comprising their generic characters, a notice of the habits of each genus, and an extensive list of species referred to their several genera, vol. 1, Londra, Longman, Brown, Green, and Longmans, 1849, p. 17.
  9. ^ Frank Gill e David Donsker (a cura di), New World vultures, Secretarybird, kites, hawks & eagles, su World Bird List Version 7.1, International Ornithologists' Union, 2017. URL consultato il 9 dicembre 2017.
  10. ^ Steller's Sea Eagle – Los Angeles Zoo and Botanical Gardens, su Lazoo.org. URL consultato il 31 maggio 2011 (archiviato dall'url originale il 13 giugno 2011).
  11. ^ a b c d e f g h i j k l m (RU) Species Synopsis Steller's Sea Eagle, su Fadr.msu.ru. URL consultato il 21 agosto 2012.
  12. ^ a b Michael Wink, Petra Heidrich e Claus Fentzloff, A mtDNA phylogeny of sea eagles (genus Haliaeetus) based on nucleotide sequences of the cytochrome b gene (PDF), in Biochemical Systematics and Ecology, vol. 24, n. 7-8, 1996, pp. 783-91, DOI:10.1016/S0305-1978(97)81217-3 (archiviato dall'url originale il 29 ottobre 2008).
  13. ^ Etimologia: dal latino niger, «nero».
  14. ^ a b c M. Kaiser, A living specimen of the dark form of Steller's Sea Eagle, Haliaeetus pelagicus ("niger") in captivity, in Journal of Ornithology, vol. 152, 2010, pp. 207-208, DOI:10.1007/s10336-010-0580-2.
  15. ^ a b c E. Davies, Dark Steller's sea eagle solves 100 year debate, su BBC, 2010.
  16. ^ a b A rare sea eagle, su skandinaviskdyrepark.dk, Skandinavisk Dyrepark. URL consultato il 26 giugno 2020 (archiviato dall'url originale il 28 settembre 2020).
  17. ^ a b G. Dementev e N. A. Gladkov, Ptitsy Sovetskogo Soyuza [The Birds of Soviet Union], vol. 5, Mosca, Sovetskaya Nauka, 1954, p. 803.
  18. ^ a b c John B. Dunning Jr. (a cura di), CRC Handbook of Avian Body Masses, 2ª ed., CRC Press, 2008, ISBN 978-1-4200-6444-5.
  19. ^ a b c K. Saito, Lead poisoning of Steller's Sea Eagle (Haliaeetus pelagicus) and White-tailed Eagle (Haliaeetus albicilla) caused by the ingestion of lead bullets and slugs. Hokkaido Japan, in R. T. Watson, M. Fuller, M. Pokras e W. G. Hunt (a cura di), Ingestion of Lead from Spent Ammunition: Implications for Wildlife and Humans, Boise (Idaho), The Peregrine Fund, 2009.
  20. ^ a b V. B. Masterov, Postnatal development of Steller's sea eagles in East Asia, in First symposium on Steller's and white-tailed sea eagles in East Asia, Tokyo, Wild Bird Society of Japan, 2000, pp. 17-28.
  21. ^ A. Gamauf, M. Preleuthner e H. Winkler, Philippine Birds of Prey: Interrelations among habitat, morphology and behavior (PDF), in The Auk, vol. 115, n. 3, 1998, pp. 713-726, DOI:10.2307/4089419, JSTOR 4089419.
  22. ^ Steller's Sea Eagle, su polarconservation.org. URL consultato il 13 gennaio 2024 (archiviato dall'url originale il 6 settembre 2012).
  23. ^ a b Steller's Sea Eagles, su Animals.nationalgeographic.com. URL consultato il 31 maggio 2011 (archiviato dall'url originale il 7 luglio 2007).
  24. ^ Steller's Sea Eagle – The Cincinnati Zoo & Botanical Garden, su Cincinnatizoo.org, 20 giugno 2014. URL consultato il 14 dicembre 2016 (archiviato dall'url originale il 2 dicembre 2016).
  25. ^ Japan's Winter Wildlife Zoom, su National Geographic Magazine. URL consultato il 29 gennaio 2017 (archiviato dall'url originale il 17 dicembre 2007).
  26. ^ R. S. Palmer (a cura di), Handbook of North American Birds Volume VI: Diurnal Raptors (Part 1), Yale University Press, 1988.
  27. ^ W. Fischer, Die Seeadler, 1ª ed., Neue Brehmn-Bucherei, 1959.
  28. ^ a b c d e f g h i j k l m n o p q r Leslie Brown e Dean Amadon, Eagles, Hawks and Falcons of the World, The Wellfleet Press, 1986, ISBN 978-1555214722.
  29. ^ a b R. E. Tingay e T. E. Katzner (a cura di), The eagle watchers: Observing and conserving raptors around the world, Cornell University Press, 2010.
  30. ^ a b c Alexander Ladyguin, The morphology of the bill apparatus in the Steller's Sea Eagle (PDF), in M. Ueta e M. J. McGrady (a cura di), First Symposium on Steller's and White-tailed Sea Eagles in East Asia, Wild Bird Society of Japan, 2000, pp. 1-10.
  31. ^ H. Nakagawa, Steller's Sea Eagle (PDF), in Bird Research News, vol. 6, n. 2, 2009, pp. 2-3.
  32. ^ Blas R. Tabaranza Jr., The largest eagle in the world, su haribon.org.ph, Haribon Foundation, 17 gennaio 2005. URL consultato il 23 settembre 2012 (archiviato dall'url originale il 13 dicembre 2012).
  33. ^ A field guide to the Birds of Korea, 2005, ISBN 89-951415-3-0.
  34. ^ Steller's Sea-Eagle, su sandiegozoo.org, San Diego Zoo.
  35. ^ D. Philip Whitfield, Kevin Duffy, David R. A. McLeod, Richard J. Evans, Alison M. MacLennan, Robin Reid, David Sexton, Jeremy D. Wilson e Andrew Douse, Juvenile Dispersal of White-Tailed Eagles in Western Scotland, in Journal of Raptor Research, vol. 43, n. 2, 2009, pp. 110, DOI:10.3356/JRR-08-54.1.
  36. ^ Michael J. McGrady, Mutsuyuki Ueta, Eugene R. Potapov, Irina Utekhina, Vladimir Masterov, Alexander Ladyguine, Vladimir Zykov, Jack Cibor, Mark Fuller e William S. Seegar, Movements by juvenile and immature Steller's Sea Eagles Haliaeetus pelagicus tracked by satellite, in Ibis, vol. 145, n. 2, 2003, pp. 318, DOI:10.1046/j.1474-919X.2003.00153.x.
  37. ^ Bruce Mactavish, [1] What will become of the solitary Steller's sea eagle, the displaced flying beast from Siberia now roving the Newfoundland coastline?], su SaltWire, 13 agosto 2022.
  38. ^ Deepa Shivaram, A lost eagle from Asia has been traveling around North America for more than a year, su NPR, 21 dicembre 2021. URL consultato il 21 dicembre 2021.
  39. ^ a b c d ADW: Haliaeetus pelagicus: Information, su animaldiversity.ummz.umich.edu. URL consultato il 31 maggio 2011.
  40. ^ Deidre Fleming, Birders cap off 2021 with a first-ever sighting of a Steller's sea eagle in Maine, su Portland Press Herald, 31 dicembre 2021. URL consultato il 5 dicembre 2022.
  41. ^ Associated Press, Rare Steller’s sea eagle travels far from home to Maine coast, su The Washington Post, 29 gennaio 2022. URL consultato il 5 dicembre 2022.
  42. ^ The Story of America's Rarest Eagle, su youtube.com. URL consultato l'8 gennaio 2022.
  43. ^ Texas Bird Records Committee Report for 2021, su texasbirdrecordscommittee.org. URL consultato il 7 febbraio 2023.
  44. ^ RARE BIRD ALERT: STELLER'S SEA-EAGLE, su Maine Audubon, 31 dicembre 2021. URL consultato l'8 gennaio 2022.
  45. ^ STELLER'S SEA-EAGLE, su Merlin eBird, 22 aprile 2022. URL consultato il 25 aprile 2022.
  46. ^ Twitter, su Twitter. URL consultato il 7 febbraio 2023.
  47. ^ Inside the Amazing Cross-Continent Saga of the Steller's Sea-Eagle, su Audubon, 10 gennaio 2022. URL consultato il 25 gennaio 2022.
  48. ^ Steller's sea eagle videos, photos and facts – Haliaeetus pelagicus, su ARKive, 17 aprile 2003. URL consultato il 31 maggio 2011 (archiviato dall'url originale l'8 dicembre 2009).
  49. ^ a b c d e f g h I. Utekhina, E. Potapov e M. J. McGrady, Diet of the Steller's Sea Eagle in the northern Sea of Okhotsk (PDF), in First Symposium on Steller's and White-tailed Sea Eagles in East Asia, Tokyo, Wild Bird Society of Japan, 2000, pp. 71-92.
  50. ^ a b c E. Potapov, U. Irina, M. McGrady e D. Rimlinger, Source-sink populations of the Steller's Sea Eagles (Haliaeetus pelagicus) in the northern part of the Sea of Okhotsk: ecological traps and their conservation implications, in S. Gombobaatar, R. Watson, M. Curti, R. Yosef, E. Potapov e M. Gilbert (a cura di), Asian raptors: science and conservation for present and future: The proceedings of the 6th International Conference on Asian Raptors, Asian Raptor Research and Conservation Network, Mongolian Ornithological Society, and National University of Mongolia, Ulaanbaatar, Mongolia, 2010, p. 32.
  51. ^ Steller's sea eagle Haliaeetus pelagicus, su The Peregrine Fund: Global Raptor Information Network, 12 febbraio 2012. URL consultato il 9 marzo 2013 (archiviato dall'url originale il 9 dicembre 2020).
  52. ^ Mutsuyuki Ueta, Michael J. McGrady, Hajime Nakagawa, Fumio Sato e Vladimir B. Masterov, Seasonal change in habitat use in Steller's sea eagles, in Oryx, vol. 37, 2003, DOI:10.1017/S003060530300019X.
  53. ^ Wood, The Guinness Book of Animal Facts and Feats, Sterling Pub Co Inc., 1983, ISBN 978-0-85112-235-9.
  54. ^ BirdLife International, BirdLife's online World Bird Database: the site for bird conservation. Version 2.0., Cambridge, 2003.
  55. ^ Wild Russia- Eagles Battle Over Food, su YouTube. URL consultato il 4 giugno 2013.
  56. ^ a b Jeff Watson, The Golden Eagle, A&C Black, 23 agosto 2010, ISBN 978-1-4081-1420-9. URL consultato il 23 ottobre 2012.
  57. ^ Kamatchka: Golden Eagle fights Steller's Sea Eagle, su contunico.com. URL consultato il 19 settembre 2014 (archiviato dall'url originale l'8 ottobre 2014).
  58. ^ Steller's sea eagle photo – Haliaeetus pelagicus – G113853, su arkive.org, 5 maggio 2013. URL consultato il 13 gennaio 2024 (archiviato dall'url originale il 5 maggio 2013).
  59. ^ The Secret Lives of Sea Eagles – National Wildlife Federation, su Nwf.org, 26 ottobre 2011. URL consultato il 21 agosto 2012.
  60. ^ Photo Keywords: steller's sea eagle: White-tailed Eagle and Steller's Sea Eagle, su Golden First Light, 21 giugno 2012. URL consultato il 21 agosto 2012.
  61. ^ Steller's Sea-Eagle, su Woodland Park Zoo Seattle WA. URL consultato il 22 settembre 2014.
  62. ^ Birds Korea- Bird News January 2006, su Birds Korea. URL consultato il 22 maggio 2013.
  63. ^ (RU) V. B. Masterov e М. S. Romanov, Тихоокеанский орлан Haliaeetus pelagicus: экология, эволюция, охрана, 2014, p. 384.
  64. ^ M. J. McGrady, E. Potapov e I. Utekhina, Brown bear (Ursus arctos) feeds on Steller's Sea Eagle (Haliaeetus pelagicus) nestling, in Journal of Raptor Research, vol. 33, n. 4, 1999, pp. 342-343.
  65. ^ BirdLife International (2016), Species factsheet: Haliaeetus pelagicus, su birdlife.org, 21 ottobre 2016. URL consultato il 13 gennaio 2024 (archiviato dall'url originale il 21 ottobre 2016).

Bibliografia

Altri progetti

Collegamenti esterni

  Portale Uccelli: accedi alle voci di Wikipedia che trattano di uccelli