Glutammato monosodico
Il glutammato monosodico è il sale di sodio dell'acido glutammico (tra gli amminoacidi più abbondanti in natura). È largamente utilizzato come additivo esaltatore di sapidità; nell'industria alimentare è identificato dalla sigla E621. A temperatura ambiente si presenta come una polvere bianca cristallina, solubile in acqua. In natura, scoperto nel 1908 dal chimico giapponese Kikunae Ikeda, è un costituente della Laminaria japonica (Kombu), un'alga comunemente utilizzata nella cucina giapponese.[senza fonte] È possibile trovare naturalmente il glutammato monosodico in molti alimenti tra cui latte, pomodori, funghi e alcune alghe usate nella cucina giapponese. Il parmigiano è il cibo che ne contiene di più: 1,2 grammi ogni 100. È l'ingrediente principale dei dadi da brodo e dei preparati granulari per brodo. Negli anni sessanta venne descritta in letteratura una sindrome, nota come "sindrome del ristorante cinese",[2][3] caratterizzata da cefalea, vasodilatazione cutanea, talvolta orticaria ed esacerbazioni in soggetti asmatici;[4] si ipotizzò fosse provocata dall'assunzione di glutammato monosodico: i dati più recenti, fra cui un grande studio multicentrico condotto nel 2000[5][6], smentiscono la correlazione tra il glutammato e tali sintomatologie.[7][8] Sulla base degli studi sopra menzionati, il glutammato è classificato come innocuo per la salute dalle autorità sanitarie degli Stati Uniti e della maggior parte dei paesi europei;[9] il Comitato scientifico dell'alimentazione umana (Scientific Committee on Food) dell'Unione europea non ha fissato una dose massima giornaliera consentita per il glutammato. In Germania, il glutammato monosodico è vietato solo negli alimenti per bambini. Note
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