Giovanni CarliGiovanni Carli, nome di battaglia "Ottaviano" (Asiago, 18 gennaio 1910 – Sandrigo, 27 aprile 1945), è stato un partigiano italiano, medaglia d'oro al valor militare alla memoria. BiografiaNato ad Asiago (Vicenza) nel 1910, laureato in ingegneria all'Università di Padova, insegnò nel locale istituto "Giovanbattista Belzoni". Militante di Azione Cattolica, dopo l'8 settembre entrò nella resistenza. Venne inquadrato nella Brigata Sette Comuni, della Divisione Alpina Monte Ortigara delle Brigate Fiamme Verdi, diventando presto commissario politico della divisione per il suo impegno e per le capacità dimostrate. In collegamento con lui nell'area di Canove operava un altro giovane, Francesco Urbani "Pat"[1]. Al comando di una squadra di partigiani, anche se ferito attaccò una colonna in ritirata di tedeschi. Gli uomini di Carli riuscirono a fermare la colonna, ad impossessarsi di una grande quantità di armi e munizioni e a fare un gran numero di prigionieri. Il gruppo, vinta la battaglia, si diresse verso Vicenza ma venne attaccato il 27 aprile 1945 nei pressi di Sandrigo dalle truppe tedesche. In tale combattimento Giovanni Carli cadde vittima di una raffica. Nello stesso scontro fu anche catturato Giacomo Chilesotti, poi fucilato. Onorificenze«Anima ardente di patriota e di cristiano, iniziatore ed animatore del movimento clandestino sull’Altipiano di Asiago, tutto sacrificava alla causa della liberazione cui, per radicata fede, era votato. Commissario dì Divisione trasformava in falangi le formazioni della sua unità partigiana per larga schiera di giovani ardenti accorsi ad impugnare le armi, chiamati dal suo esempio, dalla sua parola e dalle sue gesta. Durante un forte rastrellamento, con pochi uomini sistemati a difesa in un bosco, riusciva a contenere l’avanzata nemica per oltre 24 ore e, ultimate tutte le munizioni, a colpi di bombe a mano, forzando l’accerchiamento, raggiungeva il reparto con tutti i compagni. Nella fase insurrezionale della lotta, dopo avere compiuti atti di superbo ardimento tra le file nemiche in ritirata, benché ferito, attaccava alla testa di un gruppo di audaci una autocolonna tedesca, catturando prigionieri e molti materiali. Sopraffatto da preponderanti forze sopraggiunte, s’immolava in un supremo atto di sacrificio e di dedizione alla Patria. Fulgido esempio di coraggio, di mirabile forza d’animo e di combattente[2].»
— Sandrigo, 27 aprile 1945. Note
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