Giovanni Bortolotto
Giovanni Bortolotto (Vittorio Veneto, 11 aprile 1918 – fronte russo, 30 dicembre 1942) è stato un militare italiano. Sergente del Gruppo artiglieria alpina "Conegliano" del Corpo degli alpini, fu insignito della medaglia d'oro al valor militare alla memoria[1] per il coraggio dimostrato in combattimento durante la Seconda battaglia difensiva del Don.[2] BiografiaNacque a Vittorio Veneto l'11 aprile 1918,[1] figlio di Luigi, di professione agricoltore, e Rosa Maset, dove visse fino all'età di 10 anni e 8 mesi. Trasferitosi poi ad Orsago vi rimase per altri 10 anni e 3 mesi, finché nel marzo 1939 fu arruolato nel Regio Esercito, assegnato alla specialità alpini, "Gruppo Conegliano" del 3º Reggimento artiglieria da montagna.[1] Nel mese di giugno fu inviato in Albania sbarcando a Durazzo il 30 giugno dello stesso mese. Promosso artigliere scelto il 15 gennaio 1940, divenne caporale il 15 febbraio e caporal maggiore il 16 agosto dello stesso anno.[3] Trattenuto alle armi al completamento della ferma, iniziò le operazioni belliche il 28 ottobre, all'atto dell'attacco alla Grecia, e già qualche giorno dopo fu decorato con la Croce di guerra al valor militare.[3] Rimase sul fronte greco, in forza alla 14ª Batteria fino al 23 aprile 1941, e fu promosso sergente il 1 dicembre successivo. Rientrò in Italia, imbarcandosi a Patrasso, il 28 marzo 1942 al seguito del reggimento, e sbarcando a Bari il 1 aprile.[3] Il 13 agosto successivo partì con il Gruppo "Conegliano" per il fronte orientale, in forza all'ARMIR, prendendo parte a tutte le operazioni belliche compiute dal suo reparto.[3] Si distinse durante la Seconda battaglia difensiva del Don, combattendo sull'ansa del fiume dove il 30 dicembre, nonostante le gravi ferite riportate, continuò a combattere sparando con il suo obice da 75/13 fino a che non cadde colpito a morte.[3] Gli fu conferita la Medaglia d'oro al valor militare alla memoria.[1] Il 26 settembre 1965 gli fu intitolato il Gruppo di Orsago dell'Associazione Nazionale Alpini,[2] e lo stesso paese gli ha dedicato una via e un cippo commemorativo.[3] Le sue spoglie mortali sono rientrate successivamente in Italia, e l'8 novembre 1992 sono state tumulate nel cimitero di Orsago.[3] Giulio Bedeschi, nel suo libro Centomila gavette di ghiaccio, racconta di lui e della sua tragica fine, chiamandolo col cognome fittizio Sguario.[4] Onorificenze«Capo pezzo di leggendario valore già distintosi sul fronte greco, durante un sanguinoso combattimento contro preponderanti forze avversarie era esempio superbo di sprezzo del pericolo e senso del dovere. Benché ferito ad un braccio sostituiva il puntatore caduto e nonostante il martellante fuoco avversario, che stroncava altri due serventi, falciava dapprima col fuoco il nemico incalzante e poi contrassaltava con bombe a mano riuscendo a respingerlo. Riprendeva in seguito il tiro benché esausto per il sangue perduto, fino a quando nuovamente colpito si abbatteva sul suo cannone. Russia, 30 dicembre 1942.[5]»
— Decreto del Presidente della Repubblica 15 febbraio 1949.[6] «Durante un attacco contro la nostra linea individuava un'arma nemica che veniva messa in posizione, di sua iniziativa sparava con il suo pezzo riuscendo a neutralizzarla e a mettere in fuga i serventi. Si prodigava per rintuzzare col suo pezzo riuscendo a neutralizzare vari tentativi di infiltrazione avversaria. Samarinz, fronte greco-albanese 2 novembre 1940.»
Note
Bibliografia
Voci correlate
Collegamenti esterni
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