Günter Schabowski

Günter Schabowski
Günter Schabowski nel 1982

Segretario per l'informazione del Segretariato del Comitato centrale del Partito Socialista Unificato di Germania
Durata mandato6 novembre 1989 –
3 dicembre 1989
Predecessorecarica istituita
Successorecarica abolita

Segretario per l'agitazione del Segretariato del Comitato centrale del Partito Socialista Unificato di Germania
Durata mandato30 ottobre 1989 –
3 dicembre 1989
PredecessoreJoachim Hermann
Successorecarica abolita

Primo Segretario del Partito Socialista Unificato di Germania a Berlino
Durata mandato22 novembre 1985 –
10 novembre 1989
PredecessoreKonrad Naumann
SuccessoreHeinz Albrecht

Editore capo di Neues Deutschland
Durata mandato15 marzo 1978 –
26 novembre 1985
PredecessoreJoachim Herrmann
SuccessoreHerbert Naumann

Membro del Comitato centrale del Partito Socialista Unificato di Germania
Durata mandato3 marzo 1984 –
6 dicembre 1989

Membro della Camera del popolo
Durata mandato25 giugno 1981 –
18 marzo 1990

Dati generali
Partito politicoPartito Socialista Unificato di Germania
(1952-1989)
Partito Socialista Unificato di Germania - Partito del Socialismo Democratico
(1989-1990)
UniversitàUniversità di Lipsia
ProfessioneGiornalista, politico
FirmaFirma di Günter Schabowski
Günter Schabowski nel 2007

Günter Schabowski (Anklam, 4 gennaio 1929Berlino, 1º novembre 2015) è stato un politico tedesco. Funzionario del Partito Socialista Unificato di Germania (SED) nella Repubblica Democratica Tedesca si guadagnò fama in tutto il mondo nel novembre 1989 quando, involontariamente, favorì l'abbattimento del muro di Berlino.

Biografia

Schabowski è nato a Anklam, in Pomerania (ora parte dello Stato federale del Meclemburgo-Pomerania occidentale). Ha studiato giornalismo a Lipsia, dopo di che è diventato redattore della rivista sindacale Tribune. Nel 1952 divenne un membro del SED. Nel 1978 è diventato il redattore capo del giornale Neues Deutschland ("Nuova Germania"), che come organo ufficiale del SED era considerato il primo giornale nella RDT. Nel 1981 divenne membro del Comitato Centrale del SED. Nel 1985 divenne il Primo Segretario della Bezirksleitung (direzione di distretto) del SED di Berlino Est e quindi possibile successore di Erich Honecker alla carica più alta della RDT.

Il 9 novembre 1989, in seguito ad un malinteso, Schabowski annunciò in una trasmissione in diretta, nel corso di una conferenza stampa e rispondendo alla domanda rivolta dal giornalista italiano Riccardo Ehrman (all'epoca inviato dell'ANSA), che tutte le norme per i viaggi all'estero erano state revocate con effetto immediato (ab sofort)[1]. In realtà il piano era, date le precedenti migrazioni di massa dei tedeschi orientali che si spostavano nella Germania Ovest attraverso l'Ungheria e la Cecoslovacchia, di far entrare in vigore le nuove regole solo il giorno successivo. Subito dopo l'annuncio ambiguo, nacque l'equivoco: decine di migliaia di persone si riversarono immediatamente nei pressi del muro di Berlino, dove le guardie di frontiera furono costrette ad aprire i punti di accesso e consentire loro l'abbattimento del muro.

Durante i seguenti regolamenti di conti interni alla "vecchia guardia", Schabowski fu rapidamente espulso dal SED. Dopo la riunificazione tedesca, Schabowski divenne molto critico sulla propria attività nella RDT e su quella dei suoi compagni membri del Politbüro, come pure sullo stile comunista-leninista in generale. Ha lavorato di nuovo come giornalista e redattore per un piccolo giornale locale, tra il 1992 e il 1999. Insieme ad altre personalità di spicco del regime di RDT, è stato accusato degli omicidi dei rifugiati. Nel mese di agosto del 1997 Schabowski venne condannato, insieme a Egon Krenz e Günther Kleiber, dal tribunale regionale di Berlino a tre anni di carcere per omicidio colposo multiplo. È stato uno dei pochi ex politici della SED a riconoscere pubblicamente la sua corresponsabilità per gli aspetti dittatoriali della DDR.

Onorificenze

Note

  1. ^ Morto Guenter Schabowski, l'uomo che con le sue parole abbatté il muro di Berlino, su repubblica.it, 1º novembre 2015. URL consultato il 3 novembre 2015.

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