Francesco VenturelliFrancesco Venturelli (Ganaceto di Modena, 18 gennaio 1888 – Fossoli, 15 gennaio 1946) è stato un presbitero italiano, parroco di Fossoli, addetto all'assistenza dei prigionieri del campo di concentramento di Fossoli, medaglia d'oro al valor civile.[1] BiografiaFrancesco Venturelli era originario del mirandolese, nel 1935 fu nominato parroco di Fossoli, vicino a Carpi, ed era addetto alla assistenza dei prigionieri nel campo di concentramento di Fossoli (a partire dal 1942), situato nel territorio della sua parrocchia. Prima della fine della guerra assistette i prigionieri del campo alleati e partigiani, e dopo la fine della guerra assistette i prigionieri del campo, o militari che avevano combattuto al servizio dello sconfitto regime o civili collaboratori dello sconfitto regime. Inizialmente il campo era destinato a prigionieri di guerra inglesi. Vi era un cappellano cattolico che era in stretto contatto con il "parroco" Venturelli.[2] Dopo l'8 settembre il campo passò direttamente alle forze tedesche che evacuarono i primitivi detenuti per trasformarlo in un campo di transito per ebrei. L'opera di don Francesco Venturelli s'intensificò e fu particolarmente apprezzata dalle organizzazioni ebraiche.[3] Dopo la liberazione il campo divenne luogo di detenzione per militari e civili fascisti e, con uguale spirito, Venturelli fornì l'assistenza spirituale anche ai "nuovi ospiti" del campo. Gli avvertimentiNel dopoguerra introdusse nel Campo La lanterna, il foglio dei Francescani di San Cataldo, classificato antidemocratico dal foglio dell'ANPI La Voce del Partigiano.[1][4] L'assassinioNella notte del 15 gennaio 1946 uno sconosciuto lo pregò di seguirlo per assistere un ferito. La mattina del 16 gennaio lo trovarono ucciso. La DC di Modena accusò il giornale dell'ANPI, la polemica politica divampò assai dura. Rimane uno dei fatti più controversi perché i familiari e molti conoscenti l'attribuirono sempre al contesto di fatti interni al campo di Fossoli di cui Don Francesco nonostante il suo lavoro di assistenza era venuto in qualche modo a conoscenza. Pubblicità dei fattiGià nei primi anni cinquanta, sulla scia dei fatti delittuosi, il vescovo di Reggio Emilia, Beniamino Socche, a capo di un comitato appositamente istituito, tentò di ottenere l'autorizzazione a erigere un monumento al cosiddetto «prete ignoto», ma la sua iniziativa non ebbe successo. I coniugi Elena Aga-Rossi (docente universitaria di Storia contemporanea) e Viktor Zaslavskij (esperto di storia dei rapporti italo-sovietici), dopo l'apertura degli archivi di Stato dell'ex-URSS, ebbero lo spunto per una nuova analisi di tali avvenimenti alla luce dei rapporti del PCUS con i suoi partiti fratelli (ivi incluso, quindi, il PCI). La tesi dei due studiosi, esposta anche in un'intervista al giornalista e scrittore Roberto Beretta dalle colonne di Avvenire, è che il PCI all'epoca, se non proprio favorirla, quantomeno tollerò e coprì la soppressione di esponenti di categorie (borghesi, sacerdoti, possidenti) che in un'ottica di breve-medio periodo potessero costituire un impedimento materiale e culturale-ideologico all'espansione comunista.[5] Le ricostruzioni operate in occasione delle commemorazioni, anche a distanza di anni quindi, non vanno affatto nella stessa direzione, e molti dubbi rimangono per le eterogeneità delle situazioni esistenti nel campo profughi.[6][7] OnorificenzeIl 13 giugno 2006 gli viene conferita la medaglia d'oro al valor civile dal presidente della repubblica Carlo Azeglio Ciampi «Sacerdote di elevate qualità umane e civili, nel corso dell'ultimo conflitto mondiale, si prodigò con eroico coraggio e preclara virtù civica in favore dei cittadini ebrei, dei prigionieri politici e degli internati civili nel Campo di Fossoli, procurando loro medicine, cibo e capi di vestiario. Dopo la Liberazione continuava la sua opera di assistenza in aiuto di appartenenti alla Repubblica di Salò e all'esercito tedesco sbandati, fino alla barbara uccisione da parte di uno sconosciuto. Fulgido esempio di coerenza, di senso di abnegazione e di rigore morale fondato sui più alti valori cristiani e di solidarietà umana[8].»
— 1943 - 1946 Fossoli (MO) RiconoscimentiLa città di Carpi gli ha intitolato un piazzale e una pista ciclabile. Una via gli è dedicata anche a Castel Goffredo e a Mirandola. Il ministro degli interni il 25 aprile 2006 ebbe a dire: «...Questo fu sicuramente il caso di don Francesco Venturelli, che dopo essersi prodigato per assistere gli ebrei, i prigionieri politici e gli internati civili del Campo di Fossoli, proseguì la sua opera aiutando con uguale generosità gli sbandati della Repubblica di Salò e dell'esercito tedesco. Non conosciamo il nome di chi poi lo uccise barbaramente. Ma sentiamo viva e attuale l'eredità che egli ci ha lasciato, un'eredità nella quale amore cristiano e virtù civiche si saldano tra loro per riaffermare, allo stesso tempo, incrollabile fiducia nel destino dell'uomo e radicale rifiuto dell'odio razziale, della violenza politica,e del disprezzo della vita. I "ribelli per amore" furono tanti in quegli anni. Molti resteranno sconosciuti, perché il loro valore silenzioso si nasconde facilmente nelle pieghe della storia» . Note
Bibliografia
Voci correlate
Collegamenti esterni
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