Fareynikte Partizaner Organizatsye

Fareynikte Partizaner Organizatsye
Descrizione generale
Attiva21 gennaio 1942 - luglio 1944
NazioneLituania (bandiera) Lituania
MottoNon permetteremo loro di portarci come pecore al macello
Battaglie/guerreSeconda guerra mondiale
Comandanti
Degni di notaAbba Kovner
Josef Glazman
Yitzhak Wittenberg
Voci su unità militari presenti su Wikipedia
Abba Kovner (in piedi, al centro) con i membri della FPO a Vilnius

Il Fareynikte Partizaner Organizatsye (in yiddish: פֿאַראײניקטע פּאַרטיזאַנער אָרגאַניזאַציע, "organizzazione unita partigiana"; indicato come FPO dalle iniziali in yiddish) fu un'organizzazione di resistenza ebraica operante nel ghetto di Vilnius durante la seconda guerra mondiale.[1] L'organizzazione clandestina fu fondata dai partigiani comunisti e sionisti con a capo lo scrittore Abba Kovner, Josef Glazman e Yitzhak Wittenberg.

Istituzione dell'FPO

La Fareynikte Partizaner Organizatsye fu creata il 21 gennaio 1942 nel ghetto di Vilnius, con il motto: "Non permetteremo loro di portarci come pecore al macello".

Fu la prima organizzazione di resistenza ebraica nata nei ghetti dell'Europa occupata dai nazisti,[2] seguita dall'organizzazione clandestina del ghetto di Łachwa nell'agosto 1942.[3] A differenza di altri ghetti, dove la resistenza fu coordinata in una certa misura con i funzionari della classe dirigente ebraica locale, Jacob Gens, a capo del ghetto di Vilnius, collaborò con i funzionari tedeschi per contrastare la resistenza armata.

L'FPO riunì al suo interno i sionisti socialisti, i sionisti revisionisti di destra, i comunisti-marxisti e i bundisti, sotto la guida di Yitzhak Wittenberg, Josef Glazman e Abba Kovner: gli obiettivi previsti furono di stabilire l'autodifesa nel ghetto, sabotare le attività industriali e militari tedesche e l'unione alla lotta partigiana e dell'Armata Rossa contro i nazisti.[4] Abba Kovner, capo del movimento, insieme ad altri 17 membri del gruppo sionista locale Hashomer Hatzair, di stanza in un convento cattolico polacco di suore domenicane e protetto dai nazisti dalla madre superiora suor Bertranda,[5] fu il primo a fornire le bombe a mano e altre armi alla resistenza del ghetto di Vilnius.[6]

Repressione della rivolta

L'FPO non riuscì a raggiungere gli obiettivi prefissati. All'inizio del 1943, i tedeschi catturarono un membro della resistenza nella foresta. Lo Judenrat, in risposta alle minacce tedesche, consegnò Wittenberg alla Gestapo. La Fareynikte Partizaner Organizatsye pianificò la rivolta, riuscendo a salvare Wittenberg e dando vita ad una piccola formazione miliziana.[7] Lo Judenrat non lo tollerò, anche perché i nazisti imposero un ultimatum con il doppio scopo di porre fine alla resistenza o di affrontare lo sterminio. Lo Judenrat fu a conoscenza del contrabbando di armi nel ghetto e quando un ebreo fu arrestato per l'acquisto di un revolver, l'FPO non ebbe altra scelta che ritirarsi, cosa che portò la popolazione contro i membri della resistenza facendoli sembrare nemici che stavano provocando i nazisti. Jacob Gens sottolineò la responsabilità delle singole persone e aggiunse che la resistenza stava sacrificando il bene della comunità. Alla fine, la popolazione affrontò la resistenza e rivendicò il proprio diritto alla vita, la resistenza scelse di non sparare contro gli altri ebrei e furono prima disarmati e quindi arrestati il 1º settembre 1943.[8][9]

Quando i nazisti liquidarono il ghetto nel 1943, i membri ricostituirono l'FPO. Jacob Gens prese il controllo del gruppo per liberare il ghetto dai tedeschi, ma contribuì a segnalare gli ebrei tra i combattenti anche se non fossero necessariamente parte della resistenza. I membri dell'FPO fuggirono nelle foreste circostanti e la maggior parte riuscì a raggiungere le unità partigiane sovietiche. Successivamente, l'FPO partecipò alla liberazione di Vilnius insieme all'esercito sovietico nel luglio 1944.[1]

Note

  1. ^ a b Yad Vashem Shoah Resource Center, The International School for Holocaust Studies., United Partisan Organization, Vilna (PDF), su www1.yadvashem.org.
  2. ^ Israel Gutman, Resistance. The Warsaw Ghetto Uprising, Houghton Mifflin Harcourt, 1998, pp. 104-105.
  3. ^ Łachwa Jewish community. History, su sztetl.org.pl, Museum of the History of Polish Jews. URL consultato il 26 maggio 2012 (archiviato dall'url originale il 2 aprile 2012).
  4. ^ Oral history interview with Nusia Dlugi, su collections.ushmm.org, United States Holocaust Memorial Museum Collection, 1996.
  5. ^ Yad Vashem, The Righteous among the Nations: Anna Borkowska., su www1.yadvashem.org (archiviato dall'url originale il 30 ottobre 2018).
  6. ^ Robert Rozett e Shmuel Spector, The Encyclopedia of the Holocaust, New York, Routledge, 2013, p. 152, ISBN 978-1-57958-307-1.
  7. ^ Asael Lubotzky, Not My Last Journey, Yedioth Ahronoth, 2017, pp. 85–86.
  8. ^ David Cesarani, Final Solution: The Fate of the Jews 1933-1949, Pan Books, pp. 637-638.
  9. ^ Robert van Voren, Undigested Past: The Holocaust in Lithuania, Rodopi, pp. 102–104.

Bibliografia

  • Yitzhak Arad, Encyclopaedia of the Holocaust, vol. 2, pp. 470–472.

Collegamenti esterni

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