Equus kiang
L'emione tibetano o kiang (Equus kiang) è un mammifero perissodattilo appartenente alla famiglia degli Equidi. Il più grosso degli asini selvatici, è originario dell'altopiano del Tibet, dove vive nelle praterie e steppe montane. Il suo areale attuale è ristretto alle piane dell'altopiano tibetano, del Ladakh (Jammu e Kashmir)[2][3] e del Nepal settentrionale lungo il confine con il Tibet.[4] Altre denominazioni comuni per questa specie sono Asino selvatico tibetano, khyang, kyang e gorkhar.[5][6] I racconti di viaggiatori aventi come argomento il kiang potrebbero essere una delle origini del mito dell'unicorno. DescrizioneL'altezza media dei kiang al garrese è di 139 cm (con valori compresi tra 135 e 145), con un corpo della lunghezza di 214 cm e una coda lunga 45. Li caratterizza soltanto un leggero dimorfismo sessuale, con maschi del peso tra i 250 e i 400 kg e femmine tra i 250 e i 300. La testa è grossa, con muso arrotondato e naso convesso. La criniera è eretta e relativamente corta. Il mantello è di un sontuoso color nocciola, che diventa un bruno più scuro in inverno e un bruno rossastro nella tarda estate, quando l'animale muta completamente il pelo. Il mantello estivo è lungo 1,5 cm, mentre d'inverno raddoppia di lunghezza. Zampe, ventre, estremità del muso e orecchie sono completamente bianchi. Un'ampia striscia dorsale si estende dalla criniera all'estremità della coda, che termina con un ciuffo di peli bruno-nerastri.[7] EvoluzioneIl genere Equus, che comprende tutti gli equini esistenti, si ritiene si sia evoluto dal Dinohippus attraverso la forma intermedia del Plesippus (da non confondere con il genere di ragni Plexippus). Una delle specie più antiche è l'Equus simplicidens (cavallo di Hagerman), descritto come una sorta di simil-zebra con testa da asino. Il resto fossile attualmente più antico proviene dall'Idaho, USA, e risale a circa 3,5 milioni di anni fa. Il genere sembra essersi diffuso rapidamente nel Vecchio Mondo, insieme al coetaneo Equus livenzovensis documentato in Europa occidentale e Russia.[8] Secondo la filogenesi molecolare l'ultimo antenato comune (MRCA) di tutti gli equidi moderni sarebbe vissuto circa 5,6 milioni di anni fa (3,9 - 7,8). Il sequenziamento paleogenomico diretto dell'osso metapodiale di un cavallo risalente a 700.000 anni fa (Pleistocene medio), trovato in Canada, farebbe invece risalire tale ultimo antenato comune a una più recente epoca di 4,07 milioni di anni fa su una gamma da 4 a 4,05 milioni.[9] Le devianze più antiche sono rappresentate dall'asino selvatico asiatico (sottogenere Asinus, comprendente, tra gli altri, il kulan, l'onagro e il kiang), seguito dalle zebre africane (sottogeneri Dolichohippus e Hippotigris)[10]. Ogni altra forma moderna, compreso il cavallo domestico (più altre forme fossili risalenti a Pliocene e Pleistocene) appartiene al sottogenere Equus, che si è differenziato circa 4,8 (3,2 - 6,5) milioni di anni fa.[11] TassonomiaIl kiang è strettamente imparentato con l'onagro (Equus hemionus), e in certe classificazioni ne è considerato la sottospecie E. hemionus kiang. Studi molecolari hanno tuttavia segnalato che si tratta di una specie diversa.[12] Un parente ancora più prossimo potrebbe tuttavia essere l'estinto Equus conversidens dell'America del Pleistocene,[13] con cui ha un certo numero di rassomiglianze straordinarie, una simile parentela richiederebbe tuttavia che i kiang avessero attraversato la Beringia durante l'Era glaciale, fatto di cui esistono poche prove. In cattività i kiang possono incrociarsi con onagri, cavalli, asini e zebre di Burchell, anche se, come i muli la risultante prole è sterile. I kiang non sono mai stati addomesticati.[14] Distribuzione e habitatI kiang si trovano sull'Altopiano tibetano, tra l'Himalaya a sud e i monti Kunlun nord. Il che restringe la loro presenza alla Cina, anche se se trovano tra 2500 e 3000 al di là dei confini, in Ladakh e Sikkim, e in quantità minori lungo la frontiera settentrionale del Nepal.[15], oltre che nel Qinghai. Ne sono attualmente riconosciute tre sottospecie:
Il kiang orientale è la sottospecie di maggiori dimensioni, quello meridionale la più piccola. L'occidentale è leggermente più piccolo dell'orientale e ha anche un mantello più scuro. In ogni caso nessuna informazione genetica conferma la validità delle tre sottospecie, che potrebbero rappresentare semplicemente una variazione clinale, con poche varaizioni tra le tre forme.[16][17] I kiang vivono in territori montani di prateria e steppa tra i 2700 e i 5300 metri di altitudine. Preferiscono altipiani relativamente piatti, valli ampie e alture basse, dominate da erbe, falaschi e quantità minori di altra vegetazione di bassa altura. Tale terreno aperto, oltre a fornirli di adeguato foraggio assente nelle regionipiù aride dell'Asia centrale, è possibile renda loro più facile notare i predatori e sfuggire loro.[18] ComportamentoCome tutti gli equidi, i kiang sono erbivori e si nutrono di quanto indicato sopra, in particolare di stipa, comprese tuttavia altre piante locali come kobresia, carex e poa. In caso di scarsità di erba, come d'inverno o sui margini più aridi del loro habitat nativo, sono stati notati nutrirsi di arbusti, piante erbacee e persino radici di Oxytropis scavate dal terreno. Anche se capita che bevano ad abbeveratoi, nell'altopiano tibetano tali fonti di acqua sono rare, ed è più facile che essi traggano la maggior parte del fabbisogno acquoso dalle piante che mangiano, o anche da neve in inverno.[14] Oltre agli esseri umani, l'unico vero loro predatore è il lupo, da cui essi si difendono formando un cerchio a testa bassa e scalciando con violenza. Di conseguenza i lupi attaccano di norma animali isolati che si sono separati dal gruppo.[19] A volte i kiang si raccolgono in grossi branchi, che arrivano a comprendere diverse centinaia di individui. Tali branchi non sono tuttavia di norma permanenti, ma aggregazioni temporanee composte soltanto di govani maschi o di madri con i loro puledri. I maschi più adulti sono di norma individui solitari che difendono dai rivali un territorio da 0,5 a 5 km dove dominano su ogni locale gruppo di femmine. Tali maschi possono diventare aggressivi nei confronti degli intrusi, scalciandoli e mordendoli, ma più comunemente li scacciano dopo avere assunto un atteggiamento di minaccia appiattendo gli orecchi e ragliando[14] RiproduzioneI kiang si accoppiano tra la fine di luglio e la fine di agosto, quando i maschi più adulti corteggiano le femmine riproduttive trotterellando loro intorno e poi dando loro la caccia prima di accoppiarsi. La durata della gestazione è stata variamente riferita tra i sette e i dodici mesi con l'esito di un unico puledro. Le femmine sono in grado di procreare immediatamente dopo il parto, ma i parti biennali sono più comuni. Alla nascita i puledri pesano fino a 35 chili e dopo poche ore sono in grado di reggersi sulle zampe. L'età della maturità sessuale non è nota, anche se probabilmente è raggiunta a 3 o 4 anni, come avviene per il loro stretto parente l'onagro. Allo stato brado essi vivono fino a 20 anni.[14] Racconti di viaggiatoriLo storico naturalista Chris Lavers individua nei racconti di viaggiatori aventi come argomento il kiang una delle fonti di ispirazione per l'unicorno, per la prima volta descritto da Ctesia di Cnido nei suoi Indikà.[20] Ekai Kawaguchi, monaco giapponese che ha viaggiato in Tibet da luglio 1900 a giugno 1902 ha riferito:
Thubten Jigme Norbu, fratello maggiore del XIV Dalai Lama Tenzin Gyatso, raccontando il viaggio fatto nel 1950 dal Monastero Kumbum (vicino a Xining, Qinghai) a Lhasa, ha detto:
Giuseppe Tucci, massimo tibetologo italiano, nella cronaca del viaggio fatto nel 1933 salendo per la Valle dello Spiti fino a Tsparang (capitale in rovina dell'antico Regno di Guge) ha scritto:
Note
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