Enrico Paolo Salem
Enrico Paolo Salem (Trieste, 10 ottobre 1884 – luglio 1948) è stato un banchiere e politico italiano. Figlio di un matrimonio misto, tra padre ebreo e madre cattolica, fu con Renzo Ravenna a Ferrara uno dei due soli podestà fascisti di origini ebraiche in Italia prima dell'introduzione delle leggi razziali.[1] BiografiaNacque a Trieste nel 1884 da un matrimonio misto tra padre ebreo (Vittorio Salem) e madre cattolica (Anna D'Angeri).[1] Il lato paterno della famiglia era originario dei Paesi Bassi, giunto in città mezzo secolo prima.[1] Fu sia circonciso che battezzato.[2] Irredentista, all'inizio della prima guerra mondiale si offrì volontario nelle file del Regio esercito.[1] Fervente nazionalista, nel 1921 si iscrisse al Partito Nazionale Fascista. Nel 1923 acquistò il castello di Saciletto a Ruda e lo fece restaurare secondo canoni estetici d'ispirazione romantica.[3] Nel 1933 venne scelto come candidato podestà di Trieste, in quanto amministratore di banca,[2] figura intermedia tra i fascisti più rivoluzionari e i conservatori legati all'establishment liberale cittadino. Venne nominato podestà il 21 ottobre 1933.[1] Promosse numerosi lavori pubblici in città, deterrente alla disoccupazione, per il risanamento e l'abbellimento della città, tra cui nuove case per gli sfollati, la "tripperia" e il "frigorifero" per le carni, il mercato all'ingrosso di frutta e verdura, e fu per questo soprannominato «podestà picòn».[1] Dopo le sue dimissioni, avvenute il 10 agosto 1938, e la promulgazione delle leggi razziali, venne sollevato da ogni incarico e con la sua famiglia fu in un primo momento perseguitato dal regime.[4] Il 6 dicembre 1938 indirizzò una lettera di sei pagine al Ministero dell'interno, rivendicando la propria fede fascista e la sua appartenenza alla razza ariana, soprattutto facendo leva sulla cittadinanza italiana conferita al padre nel 1881 e sulla madre ariana cattolica nata a Vienna e con nazionalità italiana. Il ministero procedette a riconoscere Salem come "non ebreo" con notifica alla prefettura di Trieste del 9 marzo 1939.[4] Trasferitosi prima a Firenze e poi a Roma, durante l'occupazione nazista vide i suoi beni a Trieste confiscati e finì per essere nuovamente perseguitato.[4] Riuscì tuttavia a sopravvivere alle vicissitudini della guerra e morì nel luglio 1948.[5] Dopo la sua morte gli è stata dedicata una via a Trieste. Note
Bibliografia
Voci correlateCollegamenti esterni
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