Eccidio di Portofino
L'eccidio di Portofino, o dell'Olivetta, è stata una strage nazista compiuta a Portofino la notte tra il 2 e il 3 dicembre 1944, per cause mai chiarite, anche se si pensa che sia stato compiuto per rappresaglia.[1][2] AntefattiPer stroncare la rete di delatori messa in piedi dalla XXXI Brigata Nera "Generale Silvio Parodi",[3] gli alti comandi della Resistenza genovese organizzarono per la sera del 30 novembre 1944 la cosiddetta "giornata della spia",[3][4][5][6] ovvero una ventina di agguati in tutto il capoluogo ligure che in poche ore portò all'eliminazione di numerosi squadristi ed informatori fascisti.[2] EventiLa sera del 2 dicembre 1944 la Sicherheitspolizei di Genova, comandata dal colonnello Siegfried Engel, prelevò dal carcere genovese di Marassi 21 partigiani e un civile e li condussero al castello di San Giorgio di Portofino,[5] sede di un distaccamento della Kriegsmarine[7]. Qui i prigionieri, legati con fili di ferro[8] che i tedeschi erano riusciti a farsi dare dagli abitanti del quartiere Olivetta di Portofino, furono fucilati.[2] I cadaveri, sempre legati e appesantiti da grosse pietre, vennero gettati in mare da una barca nella cala dell'Olivetta.[3][8] Alcuni pescatori, nei giorni seguenti il massacro, trovarono dei corpi in mare legati col filo spinato, ma non li riportarono a terra per paura di rappresaglie.[9] La scelta delle persone da fucilare venne fatta dal colonnello Siegfried Engel,[5] capo della polizia nazifascista (Sicherheitspolizei o Sipo, «Polizia di sicurezza») e della Sicherheitsdienst (SD, Servizio di Sicurezza) di Genova dall'inizio del 1944, mentre il responsabile dell'operazione fu il tenente della Kriegsmarine Reimers,[8] comandante del porto di Santa Margherita Ligure.[3] I fucilati
Note
Bibliografia
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