Duomo dei Santi Apostoli Pietro e Paolo
Il duomo dei Santi Apostoli Pietro e Paolo è il principale luogo di culto (madrice o matrice o chiesa madre) ubicato in piazza Duomo (Û Chianu â Chiesa) nel centro abitato di Petralia Soprana.[1] StoriaEpoca bizantino-arabaNella b.ṭralîah[2][3] araba è documentato un luogo di culto entro la cinta muraria del borgo. Non trattandosi di un edificio ricostruito su preesistente insediamento ma di una costruzione soggetta a progressive stratificazioni d'interventi, l'aggregato è probabilmente il tempio menzionato nel 985 da Al-Muqaddasi nella sua descrizione di Petralia Soprana. Il suo singolare orientamento potrebbe confermare un’originaria funzione come moschea araba. Epoca normannaDecorazioni bizantino-arabe anteriori agli stilemi della bifora del campanile normanno collocano la costruzione di elementi del primitivo nucleo immediatamente prima della dominazione araba. In origine era molto più piccola, ad una sola navata e probabilmente a croce greca come i primitivi impianti degli altri luoghi di culto cittadini. La parte più antica è quella corrispondente all'attuale navata sinistra. Il tempio è ubicato nel cuore medievale del paese, ed è quasi adiacente alla chiesa del Santissimo Salvatore, la Cappella Palatina voluta da Ruggero I di Sicilia, ed è equidistante dalle due fortezze cittadine dell'epoca: il vetusto castello a mezzogiorno e la moderna fortificazione extra portam a settentrione. Il primo maniero fu destinato in seguito ad ospitare i religiosi carmelitani per poi essere riedificato come chiesa di Santa Maria di Loreto, il secondo - conclusa la riconquista normanna - decadde progressivamente a causa di terremoti e degli agenti naturali. Goffredo Malaterra, cronista di corte, nel 1066 documenta il primitivo sistema di fortificazioni cittadino, caposaldo con funzione di piazzaforte militare, avamposto della città di Palermo in caso di assedio di quest'ultima. Gli storici Filippo Cluverio e Tommaso Fazello concordano sull'impianto arabo-normanno del borgo, ma l'archeologo domenicano, con le sue ricognizioni e gli studi approfonditi sulla Geografia di Tolomeo,[4] retrodata le origini della località e la fondazione del Castru, fissandone l'origine in epoca romana. Epoca aragoneseSemidistrutta da un disastroso incendio nel Trecento, la chiesa fu rimodulata per volere di Antonio Ventimiglia, salvo il campanile ad occidente.[1] I lavori di ripristino terminarono nel 1497, come si evince dall'iscrizione incisa sulla lapide ancora visibile sopra il portale dalla parte interna, di ridotte dimensioni fu riedificata con due sole navate.[1] Trasformazioni, ampliamenti e perfezionamenti seguirono all'inizio del 700, quando fu ingrandita con l'aggiunta di una terza navata, l'interno impreziosito con decorazioni in stucco di gusto barocco opera dei Serpotta,[1] ingentilita da un portico esterno con colonne binate, e un secondo campanile eretto ad oriente.[1] È ipotizzabile che lo spazio oggi occupato dalla navata destra fosse occupato da un porticato o un chiostro, come denota il ritrovamento di elementi di pilastri decorati con fiori, inglobati nell'attuale parete destra. La zona prospiciente la teoria di colonne binate (16 colonne, 7 luci a sud e una rivolta ad est, l'arcata centrale sensibilmente più larga), era destinata a zona cimiteriale, area oggi denominata «Û chianu â chiesa». Il portale di stile gotico del Quattrocento al centro del fianco meridionale sotto il portico, fu rimodulato in seguito allo spostamento determinato per consentire e garantire l'ingrandimento del tempio. Epoca contemporaneaLe due statue di San Pietro e San Paolo, inserite negli archi della bifora normanna, sono state collocate solo nel 1912, provenienti da una diversa originaria sistemazione assieme al San Giovanni Battista presente accanto al fonte battesimale. In questo stesso periodo, il portico è stato oggetto di un completo rifacimento ed è stata realizzata la scalinata di raccordo tra il piano di calpestio e i vari livelli esistenti fino al piano stradale. Intorno agli anni '60 è stato completato il campanile settecentesco,[1] rimasto monco dotando il secondo ridotto ordine di balaustra, nel 1998 nella cella campanaria è installata una campana di 18 quintali denominata Campana dell'Unione. Sui prospetti sono stati eliminati sovrastrutture, superfetazioni, grondaie, vasi ornamentali acroteriali sul cornicione del portico e i lampioni. ProspettiIl prospetto laterale destro è quello principale, il corpo ecclesiale è incastonato per 3/4 nel resto del contesto edilizio abitato. Il campanile normanno insiste in corrispondenza della pseudo controfacciata, quello più moderno d'epoca settecentesca gravita in prossimità delle absidi. Sul lato sinistro è visibile una finestra murata a testimonianza dell'esistenza di un edificio pre-normanno. Il manufatto presenta decorazioni bizantino-arabe anteriori rispetto agli stilemi della bifora del campanile normanno. Per l'innalzamento del terreno la finestra appare al di sotto del livello della strada, una carbonaia adiacente ha consentito di preservarla dalle ingiurie del tempo. Campanili
InternoL'interno è a croce latina diviso in tre navate da pilastri.[1] Sulla parete in fondo alla navata (pseudo controfacciata) è collocata la cantoria e il più grande organo del comprensorio, risalente al 1780, opera di Giacomo Andronico. Le superfici interne sono ricoperte da un apparato decorativo in stucco. Navata destra
Navata sinistra
Absidi
Presbiterio e altare maggiore. La tela sulla sopraelevazione raffigura il Martirio dei Santi Pietro e Paolo, opera del palermitano Vincenzo Riolo, ai lati sulla mensa dell'altare versus absidem, le statue lignee dei titolari della chiesa, eseguite a Catania dallo scultore napoletano Gaetano Franzese nel 1767.[1] Sulle pareti laterali del presbiterio sono collocate due grandi tele raffiguranti rispettivamente San Pietro liberato dall'angelo e San Paolo che fa bruciare i libri profani, entrambe firmate nel 1890 da Corrado Tanasi. L'artista è autore anche della tela quaresimale raffigurante la Deposizione ispirata all'opera omonima di Rembrandt. Addossato alle pareti il Coro ligneo realizzato nella seconda metà del Settecento da intagliatori siciliani. SacrestiaTesoro.[1]
Altre opere di Matteo Garigliano, pittore di Gangi.
Feste religiose
Note
Bibliografia
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