Non rimangono notizie sulle sue origini né sulla sua formazione; la critica moderna lo considera comunque un seguace della cosiddetta "scuola di Murano", cioè della bottega dei Vivarini.[2] Tantomeno di lui rimangono molte opere,[3] fatto salvo il solo dipinto certo, il Leone di san Marco tra i santi Gerolamo e Agostino (1459) nella Sala Grimani del Palazzo Ducale di Venezia, e alcune tavole che talvolta emergono nel mercato antiquario. Nel pittore furono indicative le difficoltà di passaggio dal tardo gotico al primo rinascimento lagunare.
Le testimonianze documentali sulla sua attività sono solo leggermente più generose. Sansovino nella sua Venetia città nobilissima et singolare ricorda una prima opera (1438), la pala del Battesimo di Cristo nella chiesa di Santa Marina, già scomparsa prima della demolizione della chiesa[4]. Ci rimane anche la notizia di un'associazione tra il Bragadin e Jacopo Bellini nel 1440, creata allo scopo di favorire la commercializzazione dei propri lavori ma presto cessata.[5] Tra il 1445 ed il 1452 Donato risiedette a Zara accompagnato dai figli, anch'essi pittori o decoratori. Qui la bottega di famiglia eseguì la decorazione della cappella di Santa Anastasia nella cattedrale ma nulla oggi è rimasto.[6]
Sansovino ancora ci rammenta una Madonna nel refettorio di Sant'Elena che Donato dipinse nel 1452[7], appena tornato a Venezia, e un ampio polittico più tardo (1460) per la chiesa di San Samuele, opere entrambe oggi scomparse[8]. I documenti ci forniscono poche le altre notizie: nel 1468 abitava e aveva bottega presso San Lio, consentì al figlio Tommaso di aprire una propria bottega e morì a Venezia il 30 ottobre del 1473.[9]
Note
^Così lo menzionava Francesco Sansovino, talvolta ripreso in pubblicazioni più moderne ignorando il vero cognome, vedi p.e. (EN) Michael Bryan, Dictionary of Painters and Engravers, Biographical and Critical, II, Walter Armstrong & Robert Edmund Graves, 1889, p. 652.
^Ettore Merkel, Venezia, 1430-1450, in Quattrocento, p. 66
^Un trittico del Metropolitan Museum, già a lui tradizionalmente assegnato in base alla firma Opus Donati, è stato riattribuito da Federico Zeri a Donato de' Bardi (cfr. (EN) Federico Zeri e Elizabeth E. Gardner, Italian Paintings - North Italian School - A Catalogue of the Collection of The Metropolitan Museum of Art, Vicenza, Neri Pozza, 1986, p. 1.) ed anche una tavoletta della Madonna con il Bambino al Museo Correr proposta da Roberto Longhi a Bragadin è stata indicata da Giovanni Mariacher come opera di Lazzaro Bastiani e successivamente Ettore Merkel ha riconsiderato l'attribuzione a Pisanello (cfr. Fondazione Cini, su arte.cini.it. URL consultato il 30 maggio 2019.).
^La pala viene confermata nella chiesa, ottant'anni dopo, anche nell'edizione aggiornata di Martinioni (Martinioni 1663, p. 41) ma è già assente nelle MIniere di Marco Boschini (Boschini 1664, pp. 34-35) e naturalmente anche nel volume ben più tardo di Anton Maria Zanetti (Zanetti 1733, pp.172-173).
^Anche in questo caso l'opera è confermata dall'edizione di Martinioni (Martinioni 1663, p. 212) ma in Boschini e Zanetti non viene descritto il refettorio (Boschini 1664, p. 558; Zanetti 1733, pp. 466)
^Di nuovo Martinioni conferma la presenza del polittico (Martinioni 1663, p. 115) che risulta invece assente in Boschini e Zanetti (Boschini 1664, pp. 112.113;Zanetti 1733, pp. 172)
Marco Boschini, Le miniere della pittura, Venezia, Francesco Nicolini, 1664.
Francesco Sansovino e Giustiniano Martinioni [con aggiunta di], Venetia città nobilissima et singolare descritta in XIIII libri da M. Francesco Sansovino, Venezia, Steffano Curti, 1663.
Antonio Maria Zanetti, Descrizione di tutte le pubbliche pitture della citta' di Venezia e isole circonvicine: o sia Rinnovazione delle Ricche minere di Marco Boschini, colla aggiunta di tutte le opere, che uscirono dal 1674. sino al presente 1733., Venezia, Pietro Bassaglia al segno della Salamandra, 1733.