Domenico Millelire (sommergibile)
Il Domenico Millelire è stato un sommergibile della Regia Marina. L'unità è intitolata all'ufficiale e patriota Domenico Millelire, prima medaglia d'oro al valor militare della Regia Marina Sarda e delle Forze Armate italiane. StoriaIl 20 settembre 1928, agli ordini del capitano di corvetta Carlo Savio, ricevette a La Maddalena la bandiera di combattimento da un comitato cittadino dell'isola. Madrina dell'evento fu Anita Susini-Millelire, figlia Ammiraglio Antonio Susini-Millelire, discendente di Domenico Millelire. Nel marzo 1929, agli ordini del capitano di corvetta Pietro Parenti, fu il primo sommergibile italiano a portare la bandiera tricolore nell'Oceano Atlantico. Tra il marzo ed il settembre 1933 fu adibito all'appoggio alla trasvolata atlantica di Italo Balbo: insieme al gemello Balilla e alle cannoniere Biglieri e Matteucci, attraversò l'Atlantico al comando del capitano di corvetta Franco Zannoni; servì da radiofaro e segnalò le condizioni meteorologiche agli aerei di Balbo; tale viaggio servì anche per mettere alla prova le qualità oceaniche dei «Balilla», giudicate buone[2]. Giunto a Chicago, il sommergibile fu visitato da Italo Balbo che tenne poi un discorso rivolgendosi all'equipaggio[2]. Prese clandestinamente parte alla guerra di Spagna, senza ottenere alcun risultato[3]. All'entrata dell'Italia nella seconda guerra mondiale era ormai obsoleto; svolse comunque 11 missioni di guerra percorrendo circa 5.000 miglia[4]. Nel dicembre 1940 cercò infruttuosamente di silurare un sommergibile in navigazione nel Canale d’Otranto, nelle vicinanze dell'isola di Fano[4]. Dopo alcuni mesi fu assegnato alla Scuola Sommergibili di Pola, unitamente al capoclasse Balilla[5]. Prestò servizio alle dipendenze di tale scuola sino al il 15 aprile 1941, data del suo disarmo[6]. Denominato GR. 248 divenne pontone di carica e deposito carburanti[4]. Il 13 settembre 1942, a rimorchio del cacciatorpediniere Saetta, effettuò il trasporto di 443 tonnellate di gasolio[4]. A fine guerra fu trovato affondato a Palermo[4]. Recuperato e radiato nel 1946, fu acquistato nel 1948 dalla Pirelli e trasformato in deposito di lattice[4]. Fu smantellato nel 1977, quarantanove anni dopo il completamento[4]. Note
Bibliografia
|