Cinque GraniI Cinque Grani/Chicchi/Cereali (zh. 五穀T, 五谷S, Wǔ GǔP) sono un gruppo di colture di particolare rilevanza nella storia della Cina, sia per la loro funzione storica di alimento base sia per complessi motivi mitologico-culturali. Le messi stesse dei Wǔ Gǔ potevano essere considerate sacre e/o un dono del Cielo, riconducibile ad un'origine mitologica o soprannaturale. In senso più ampio, i Wǔ Gǔ erano, nella cultura cinese, una sineddoche riferita a tutti i "prodotti agricoli", a prescindere dal fatto che questi avessero o no una forma granulare. La lista dei Wǔ Gǔ è variata nel tempo e diversi autori hanno identificano diversi cereali, categorie di cereali e alimenti vegetali non appartenenti ai cereali (es. la soia, presente fin da principio nella lista) come facenti parte del novero dei Wǔ Gǔ.[1][2] Dati mitologico-culturaliL'agricoltura nel folclore e nella mitologia cineseAl tempo delle testimonianze scritte, lo sviluppo dell’agricoltura in Cina era ormai fortemente mitizzato e c'erano varie correnti interpretative riguardo a quale degli dèi/ancestrali progenitori introdusse i 五穀T, 五谷S, Wǔ GǔP, lett. "Cinque Grani" nel Celeste Impero. Folclore e mitologia cinesi associano pertanto oggi diverse entità all'agricoltura e ai grani/cereali:[3]
«Nell'antichità, i popoli si cibavano di piante erbacee e bevevano [solo] acqua, raccoglievano frutti da arbusti e alberi e mangiavano la carne d'ostriche e vongole. Soffrivano spesso tribolazioni dovute a malattie febbrili e veleni dannosi. Pertanto, il Divino Agricoltore insegnò innanzitutto alla gente a piantare e coltivare i Cinque Cereali. Valutava l'idoneità del terreno, [annotando] se era asciutto o umido, fertile o brullo, alto o basso. Assaggiò il gusto e il sapore delle cento piante e la dolcezza o l'amarezza dei ruscelli e delle sorgenti, impartendo direttive affinché la gente sapesse cosa evitare e cosa accettare. In quel momento [stava facendo questo], soffriva di avvelenamento [fino a] settanta volte al giorno»
«Shennong salì sul monte Yangtou, guardò attentamente, esaminò attentamente, poi trovò il seme del miglio. Lo lasciò con il dattero cinese, e andò ad aprire [vangare] una terra desolata. Otto volte piantò il seme e poi produsse frutto. E da allora in poi gli esseri umani furono in grado di mangiare miglio. Cercò il seme di riso sul monte Daliang, il seme era nascosto nell'erba. Lo lasciò al salice, e andò ad aprire una risaia. Sette volte piantò il seme e poi esso produsse frutto. E da allora in poi gli esseri umani poterono mangiare riso. Cercò il seme del fagiolo azuki e lo lasciò presso il susino. L'ha piantato una volta. Il fagiolo azuki era così facile da piantare ed è stato in grado di crescere in campi sterili. La soia veniva prodotta sul monte Weishi, quindi era difficile per Shennong procurarsene i semi. Ne lasciò un seme con un albero di pesco, lo piantò cinque volte, poi produsse frutto, e più tardi si poté produrre il tofu a sud del fiume Huai. L'orzo e il grano venivano prodotti sul monte Zhushi, Shennong fu contento di averne ottenuti due semi. Li lasciò con un albero di pesco e li piantò dodici volte, poi la gente poté mangiarne i frutti. Cercò il seme di sesamo sul monte Wuzhi, lasciò il seme tra i rovi. L'ha piantato una volta. Successivamente le persone furono in grado di friggere i piatti nell'olio di sesamo. Shennong piantò i Cinque Grani/Chicchi e sopravvissero tutti, perché furono aiutati dalle sei specie di alberi.»
La cerealicoltura nella storia della Cina AnticaIl senso di sacralità che circonda i Cinque Grani deriva dalla loro tradizionale attribuzione ai Santi Sovrani a cui viene attribuita la creazione della civiltà cinese. Erano visti non semplicemente come cinque colture scelte tra molte opzioni ma come l'elemento originante della società agricola e quindi della civiltà stessa. «Sperperare i Wǔ Gǔ» era visto come un peccato degno di tormento nel Diyu, l'inferno cinese. Il simbolo tradizionale cinese della civiltà e dello stato era appunto 穀T, 谷S, GuP, lett. "Cereale; grano; (穀子) miglio", qui inteso come sineddoche per "prodotti agricoli", da cui l'importanza dei Wǔ Gǔ. Il Libro dei riti (禮記T, 礼记S, LǐjìP), un altro dei Cinque Classici confuciani datato alla dinastia Zhou, nel capitolo WangzhiP, lett. "Regolamenti reali", utilizza la cottura del cibo e il consumo dei grani come termine di paragone per marcare la divergenza culturale tra il "Regno di Mezzo", cioè la Cina, e i c.d. "Quattro [Regni] Barbari": Yi a oriente, Man a meridione, Rong a occidente e Di a settentrione: «Così le persone delle cinque regioni [...] ciascuna aveva la propria natura che non poteva essere costretta a modificare. Quelli dell'est erano chiamati Yi: portavano i capelli sciolti e si tatuavano il corpo e alcuni di loro mangiavano il cibo senza cucinarlo. La gente del sud era chiamata Man: si tatuavano la fronte e avevano i piedi rivolti l'uno verso l'altro e alcuni di loro mangiavano il cibo senza cucinarlo. La gente dell'ovest era chiamata Rong: portavano i capelli sciolti e indossavano pelli e alcuni di loro non mangiavano grano. La gente del nord era chiamata Di: indossavano piume e pellicce e vivevano nelle caverne e alcuni di loro non mangiavano grano.» Il sinologo Kwang-chih Chang (1931–2001) interpretò questo passaggio del Libro dei riti come: «Si poteva mangiare grano ma anche carne cruda o si poteva mangiare la carne cotta ma non mangiare grano. Nessuno delle due pratiche era completamente cinese. Un cinese, per definizione, mangiava grano e cucinava la carne»[13], ciò anche in ragione del legame semantico, prim'ancora che culturale, tra la cerealicoltura e l'uso del fuoco per cucinare nuovamente rappresentato da Shennong-Yandi, ad un tempo dio dell'agricoltura e dio della fiamma.[14] Al tempo delle prime dinastie della Cina Imperiale, la dinastia Qin (221–206 a.C.) e la dinastia Han (206 a.C.–220 d.C.), le tecniche agricole cinesi furono rivoluzionate. Applicando le conoscenze idrauliche efficacemente impiegate dai Qin prima nella realizzazione del Canale di Zhengguo (circa 268 a.C.) e poi nel mirabile Sistema di irrigazione del Dujiangyan che, intorno al 250 a.C. aveva fatto del Sichuan, prima una provincia flagellata periodicamente dalle esondazioni del Min (principale tributario del Fiume Azzurro), la regione più produttiva della Cina,[15][N 1] i terreni coltivabili del neonato impero furono convertiti in risaie capaci di garantire due o più raccolti all'anno, aumentando significativamente la produzione cerealicola per un paese perennemente "affamato" dalla necessità di foraggiare diversi milioni di abitanti e, in conseguenza, favorendo la deforestazione. In un simile contesto, i Wǔ Gǔ divennero imprescindibili alimenti di base nella cucina cinese.[16][17][18] L'accresciuta importanza dell'agricoltura nella Cina "pacificata" dagli Imperatori è ben dimostrata dal fatto che il 農T, NongP, lett. "Contadino; Agricoltore" figura quale seconda, per importanza, tra le Quattro occupazioni (zh. 士農工商T, 士农工商S, Shì nóng gōng shāngP) nel tradizionale sistema feudale cinese, il Fengjian. Ciò non fece però della Cina rurale un paradiso in terra poiché, come osservato dal sinologo Kristofer Schipper (1934–2021): «I contadini dipendevano interamente dall'agricoltura ed erano per sempre legati alla loro terra attraverso ogni tipo di misura fiscale e amministrativa. Di conseguenza, le comunità rurali divennero una facile preda di tutti i mali della civiltà sedentaria: tasse sempre più alte, asservimento al governo attraverso il lavoro di corvée e la leva militare, epidemie, carestie e ristrettezze periodiche, guerre ed incursioni da parte delle tribù non-cinesi provenienti da oltre confine.» I sopracitati altari Shejitan (zh. 社稷坛S, ShèjìtánP, lett. "Altare della Terra e del Grano") erano il centro rituale dello stato cinese. In origine, 社T, LeiP era il "Dio della terra" e 稷T, JiP il "Dio del raccolto" (v.si Houji sopra), e il composto sheji "dèi del suolo e del grano" assunse significato metaforico di "Stato; Nazione". Così il sopracitato Shijing riporta che per stabilire una nuova dinastia era atto fondante eliminare gli sheji della dinastia precedente ed erigerne di nuovi, onde appropriarsi del suolo-nazione e dei suoi prodotti.[19] Parimenti, una eclatante protesta politica nei confronti di una nuova dinastia "usurpatrice" poteva essere la pubblica astensione dai Cinque Grani: es. come protesta contro il rovesciamento della dinastia Shang da parte degli Zhou, Boyi e Shuqi si rifiutarono ostinatamente di mangiare i Wǔ Gǔ. Il rifiuto dei cereali per ragioni politiche subì uno sviluppo complesso nel concetto di bigu (zh. 辟穀T, 辟谷S, Bì GǔP, Pi-KuW, lett. "Astenersi dai cereali") la pratica esoterica taoista di raggiungere lo stato di xian (zh. 仙人T, XiānP, 'HsienW, lett. "Immortalità/Trascendenza") evitando determinati cibi. Le offerte di grano, liquore a base di cereali (es. Baijiu) e carne erano infine necessarie non solo per i sacrifici sheji ma anche per i sacrifici richiesti dal culto degli antenati (zh. 拜祖 bàizǔ, o 敬祖 jìngzǔ), la cui alimentazione era un obbligo morale fortissimo nella società cinese.[20] Campany così riassume l'importanza culturale del «sacrificio dei grani» per nutrire sia gli spiriti naturali sia quelli ancestrali: «Il grano era, insomma, simbolo e summa della cultura stessa, o meglio della natura acculturata, nonché dell'intero consesso umano. Luogo naturale di "essenza" nutritiva (jing), il grano richiedeva tuttavia fasi di produzione cooperative, comunitarie e differenziate - semina, cura, raccolta, conservazione, battitura, macinazione, miscelazione e cottura - per essere trasformato in cibo. Così trasformato, era forse il cibo culturalmente più celebrato dagli esseri umani (vivi e morti) e dagli dèi.» Il carattere cinese per 精T, jingP, lett. "Spirito; essenza della vita; energia" si scrive, non a caso, con il radicale di uno dei Grani/Cereali più noti, il riso, 米T. Dati storico-archeologiciLe evidenze archeologiche collocano i primordi della cerealicoltura cinese intorno al IX-VIII millennio a.C. Nella Cina neolitica, si distinguono due diverse aree di culture e colture: la Cina del Nord, lungo il corso del Fiume Giallo, culla della coltura del miglio (zh. 黍), sia nella sua variante non glutinosa, il panico (zh. 稷), sia in quella glutinosa, e la Cina del Sud, lungo il corso del Fiume Azzurro, culla della coltura del riso (zh. 米T).[21] La Cina settentrionale fu, insieme alla Mesopotamia ed alla Mesoamerica, uno dei siti in cui l'agricoltura ebbe spontaneamente ed indipendentemente origine. Nella Cina del Nord, le popolazioni sinotibetane domesticarono il miglio (a partire dal miglio verde) tra l'8000 ed il 6000 a.C.[21][22] Nel dettaglio, la Cultura di Nanzhuangtou (ca. 8500–7700 a.C.) sul medio corso del Fiume Giallo, nella provincia del Hebei, disponeva di strumenti di macinazione e pertanto, presumibilmente, consumava granaglie, specificatamente il miglio.[23] La successiva Cultura di Xinglongwa (ca. 6200–5400 a.C.), nella Mongolia Interna orientale, consumava miglio ma non è certo che lo coltivasse: le uniche tracce di agricoltura si trovano infatti nel sito di Xinglonggou.[24] La Cultura di Dadiwan (ca. 5800–5400 a.C.) lungo il corso superiore del Fiume Giallo consumava invece certamente miglio da agricoltura.[25] Dalla Cultura di Yangshao (ca. 5000–3000 a.C.) in poi, i popoli del Fiume Giallo coltivavano ormai ampiamente il miglio[22][26] (insieme ad orzo e grano, introdotti dall'Asia occidentale,[27] riso ed alcune verdure), allevavano maiali e tessevano canapa (zh. 麻T, MáP) e seta,[28][29] praticando quindi una qualche forma di sericoltura che potrebbe però esser stata limitata al taglio migratorio e ai metodi di agricoltura bruciata.[30] Con la Cultura di Longshan (ca. 3000–2000 a.C.), sul medio e basso corso del Fiume Giallo, l'agricoltura e la sericoltura sono ormai avanzate e si verifica la costruzione delle prime città,[31] mentre si marca il passaggio dal Neolito all'Età del bronzo. In questa coltura, taluni studiosi collocano oggi il momento d'origine della tradizione dei Wǔ Gǔ.[32] Nella Cina del Sud, la domesticazione del riso (a partire dal riso selvatico originario della valle del Fiume delle Perle)[33] venne realizzata con un processo più lungo (11500–6200 a.C.) che arrivò comunque a maturazione entro la fine del VII millennio a.C. dalle popolazioni austronesiane e Hmong-Mien che svilupparono contestualmente il sistema di coltura della risaia.[21] Nello specifico, la Cultura di Pengtoushan (ca. 7500–6100 a.C.), lungo il corso del Fiume Azzurro, ha lasciato attrezzi per la coltivazione del riso in alcune località, anche se non nel sito tipo.[34] La successiva Cultura di Hemudu (ca. 5000–4500 a.C.), nella baia di Hangzhou a sud dello Yangtze, coltivava invece sicuramente il riso.[35][36] La particolare orografia del paesaggio cinese meridionale (soprattutto estremo meridionale) rendevano però, a quel tempo, complesso il massiccio ricorso ad agricoltura su vasta scala, anche nel caso delle risaie, tanto che la successiva Cultura di Liangzhu (ca. 3400–2250 a.C.), l'ultima della cosiddetta "Cultura neolitica della giada" del Fiume Azzurro, ancora affiancava alla risicoltura l'acquacoltura[37] e fu con buona probabilità spazzata via da un disastro naturale di natura idrico-idraulica: inondazione[38] o monsone.[39] Nella Cina del Nord, con la Cultura di Erlitou (ca. 2000–1500 a.C.), nello Yanshi, dedita alla coltivazione del miglio, all'allevamento dei suini ed alla manifattura su larga scala del bronzo, si assiste alla nascita della prima semi-mitica dinastia nella storia della Cina, gli Xia (ca. 2195 a.C. - 1675 a.C.),[40] menzionata nello Shiji e negli Annali di bambù, cui subentrarono, nell'ordine, prima gli Shang e poi gli Zhou creando l'amalgama etno-culturale dalla quale traggono origine gli Han, i "cinesi" propriamente detti, discendenti di Huangdi. Al volgere del periodo Erlitou, sviluppò in un sito limitrofo, forse correlato, la Cultura di Erligang (ca. 1600–1450 a.C.), primo centro di produzione dei vasi fangyi ampiamente utilizzati dagli Shang per le libagioni ancestrali di cibo (cioè dei Wǔ Gǔ) e/o vino.[41] Gli Zhou, l'ultima delle dinastie proto-storiche cinesi, pur principiate come una confederazione di tribù nomadi,[42] subentrò agli Xia-Shang con uno stato multietnico ormai basato sull'agricoltura.[43] Nella Cina del Sud, la transizione tra Neolitico e Bronzo fu invece caratterizzata dal comparire di nuovi gruppi etnici tra cui, nel I millennio a.C., s'affermò l'unione tribale degli Yue, noti per la pratica intensiva dell'acquacoltura invece che dell'agricoltura. A partire dal IX secolo a.C., due gruppi settentrionali di Yue, i Gouwu del Jiangsu e gli Yuyue dello Zhejiang entrarono nella sfera d'influenza Han, pare per la fuga ivi di un transfuga della dinastia Zhou, il principe Taibo. Entro il Periodo delle primavere e degli autunni (722–481 a.C.), questi popoli erano ormai entrati nella sfera culturale cinese, fondando lo stato di Wu e lo stato di Yue.[44] Con la fondazione delle dinastie imperiali, dai Qin e soprattutto con gli Han (v.si Campagne meridionali della dinastia Han), queste aree ed etnie furono conquistate e culturalmente assimilate alla Cina,[45] anzitutto con l'istituzione di colonie agricole imposte dal governo imperiale centrale[46] che proprio con la riorganizzazione dell'agricoltura s'era garantito le risorse necessarie all'assoggettamento dell'intera Cina.[47] Elenco dei Cinque GraniCome anticipato, la tradizione culturale cinese, sia scritta sia orale, ha, nei secoli, fornito elenchi disomogenei di quali colture o categorie di colture (cerealicole e non) siano da intendersi come Wǔ Gǔ.[1][2] La definizione/concezione di Wǔ Gǔ è fatta tradizionalmente risalire allo 神農本草經T, 神农本草经S, Shénnóng Běncǎo JīngP, Shen-nung Pen-ts'ao ChingW, lett. "Materia medica di Shennong", ritenuto essere la registrazione di epoca Han di un'antica tradizione orale idealmente trasmessa dallo stesso dio-antenato Shennong. Il già citato Libro dei riti, riconducibile all'epoca Zhou, elenca come Wǔ Gǔ: miglio, pànico, orzo/grano (zh. 麥T), soia (zh. 菽T) e riso. In una versione, il riso è sostituito dai grani di canapa, alimento "povero" che figurò tra i Wǔ Gǔ fino al X secolo.[29] Il classico della medicina tradizionale cinese 黃帝內經T, 黄帝内经S, Huángdì NèijīngP, lett. "Libro esoterico dell'Imperatore Giallo", la cui compilazione viene fatta risalire al Periodo degli Stati Combattenti (453–221 a.C.) ma la cui raccolta redazionale deve datarsi al periodo Han, riporta il medesimo elenco di Wǔ Gǔ dello Shénnóng Běncǎo Jīng (miglio, panico, orzo/grano, soia e riso)[48] ed introduce la massima «I cinque grani servono da nutrimento, i cinque frutti aumentano il nutrimento, i cinque animali domestici aggiungono benefici nutritivi, le cinque verdure completano il nutrimento» perdurante ancor oggi in Cina.[49] Il celebre compendio agricolo 齊民要術T, 齐民要术S, Qímín YàoshùP, lett. "Tecniche essenziali per il benessere del popolo" di Jia Sixie, datato all'anno 544 e prodotto con il beneplacito della dinastia Wei settentrionale (386–534), dedica molto spazio alla coltivazione del miglio, evidentemente valutato come il più importante dei Wǔ Gǔ[50] nonché riprova, tutt'oggi ancora persistente, dell'attaccamento della Cina del Nord per questa coltura.[51] In epoca Tang, il sopracitato Hēi Àn Zhuàn elenca invece come Wǔ Gǔ: miglio, riso, azuki, soia, orzo/grano e sesamo. Il coevo 量處輕重儀T, Liangchu Qingzhong YiP, lett. "Rituale di misurazione e manipolazione delle proprietà leggere e pesanti" del maestro buddista Dàoxuān (596–667) elenca invece cinque categorie di "grani" come Wǔ Gǔ: grano "domestico" (房穀T), grano "sciolto" (散穀T), grano "corno" (角穀T), grano "barbuto" (芒穀T) e il grano "carro" (輿穀T).[52] Altro testo Tang sempre di matrice buddhista, la 一切經音義T, Yiqiejing Yinyi/HuilinP, lett. "Pronuncia e significato di tutte le Scritture" di Huilin, datato all'anno 649, citando lo 字統T, ZitongP, lett. "Assemblaggio di caratteri" di Yang Chengtian, riporta simili categorie di Wǔ Gǔ: suigu, sangu, jiaogu, qigu e shugu.[52] La celebre enciclopedia scientifica d'Epoca Ming (1368–1644) 天工開物T, Tiangong KaiwuP, lett. "Lo sfruttamento delle opere della natura" di Song Yingxing, pubblicata nel 1637, elenca come Wǔ Gǔ sesamo, legumi, grano, panico e miglio, specificando che detto elenco non comprende il riso poiché tale coltura, originaria della Cina meridionale, era sconosciuta ai cinesi settentrionali che svilupparono il concetto dei "Cinque Grani" insieme al culto di Shennong.[53] Un moderno dizionario di lingua cinese ha invece elencato come Wǔ Gǔ: sesamo, orzo, avena e piselli. Nel novero dei Wǔ Gǔ non sono mai figurati taluni alimenti di base vegetali dei quali la Cina figura oggi tra i principali produttori al mondo: es. il sorgo,[N 2] presente in Cina con una sua propria varietà specifica (Sorghum propinquum) ma giunto nell'Impero Celeste passando per l'India solo nel XIII secolo;[54] il mais,[N 3] giunto in Cina in epoca pre-colombiana ma comunque non prima del XIV secolo;[55][56] ecc. Rituali moderni e usi culinariCome anticipato, lo sperpero dei Wǔ Gǔ (del cibo in generale) era un peccato da scontarsi nella sesta delle "Dieci corti" di 閻羅王T, Yánluó WángP, Yen-lo-wangW, lett. "Re Yanluo", il dio cinese d'origine buddista, associato al bodhisattva Dizangwang, guardiano e giudice dell'inferno cinese, il Diyu. Nello specifico, la persecuzione degli sperperatori di cibo era in carico al 阎王T, Yan WangP, lett. "Re infernale" 卞城T, BianchengP. Un assortimento di Wǔ Gǔ continua ad essere utilizzato in contesti rituali nella Cina contemporanea, come nell'usanza Min Meridionale di creare un fornello taoista per cucinare il Chui Zhao Fan, un pasto in onore del Dio della Cucina, Zao Jun, nel quale i Wǔ Gǔ vengono posti in una fessura nel camino del stufa. Gli adoratori occasionali possono semplicemente usare cinque fagioli qualsiasi (es. di colori diversi) invece di un particolare insieme di grani. Come anticipato, i Wǔ Gǔ furono da subito classificati quali alimenti di base (zh. 飯T, 饭S, FànP) nella cucina cinese e tali rimangono tutt'oggi.[16][17][18] Ciò detto, la cucina cinese non è nota per alcuna ricetta che utilizzi contemporaneamente i Cinque Grani, quindi non esiste un equivalente della 五香粉S, Wǔ xiāng fěnP, lett. "Polvere cinque spezie" o del 八寶飯S, BabaofanP, lett. "Riso degli otto tesori". Molte, forse la maggior parte, delle ricette della cucina cinese, in compenso, utilizzano i Wǔ Gǔ in qualche modo: il riso come contorno, il congee, la pasta lunga, l'iconico involtino primavera, il pane di varia origine, il tofu, i wonton e altri gnocchi; la pasta di fagioli come ripieno; il riso glutinoso come involucro per la pasta ripiena (es. negli zongzi); latte di riso e latte di soia; la salsa di soia e l'olio di semi di sesamo; oltre ovviamente agli avviatori di fermentazione da utilizzare per birra, vino di riso e liquori come il già citato baijiu. Ancora oggi, miglio e panico persistono ad essere principalmente consumati nella Cina del Nord, sebbene si tratti ormai di un cibi considerati "poveri"[57] cui è stato preferito il grano, parimenti più diffuso nel Settentrione rispetto alla Cina del Sud che resta saldamente ancorata al consumo (ed alla produzione) del riso.[51] Galleria d'immaginiAlcune delle caratteristiche del concetto di Wǔ Gǔ sono la granularità e la diversità, come le immagini seguenti possono aiutare a mostrare:
NoteEsplicative
Bibliografiche
BibliografiaFonti
Studi
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