Chiesa di San Pietro ai Prati
La chiesa di San Pietro ai Prati è un edificio religioso situato nella alta Val Chiaravagna, a Genova. Dal 2007 è sottoposta a vincolo dalla soprintendenza ai beni architettonici per le sue caratteristiche storiche e artistiche.[1][2] StoriaLa data precisa di edificazione della chiesa non è certa, fu costruita come cappella rurale in epoca rinascimentale da maestranze liguri, o nel 1639 o nel 1735.[2][3] Nel 1746, durante l'assedio di Genova, fu semidistrutta dai soldati austriaci, ma fu completamente ristrutturata nell'arco di circa quarant'anni: nel 1790 secondo l'arciprete Egidio De Leopardi e nel 1786 secondo lo storico ottocentesco Goffredo Casalis.[2][3] In questo periodo, l'area sotto la gestione della chiesa acquisì anche le funzioni di ospitale e stazione di posta, precedentemente svolte nella non lontana abbazia di Cassinelle, che nel frattempo aveva diminuito la sua rilevanza.[4] Nel 1820 fu promossa a chiesa succursale di Santo Stefano di Borzoli.[2][5][4] Nella prima metà dell'Ottocento Casalis la descrisse così: «Evvi [vi è] un oratorio di s. Pietro, statovi edificato nel 1786, con abitazione per un cappellano, che celebra in esso i divini misteri a pro di 26 famiglie della borgata; e di 14 altre, che molto difficilmente si recherebbero alla parrocchia, cui sono soggette.» All'inizio del XX secolo, nel 1903, cominciarono i lavori di ampliamento, che furono sospesi per l'individuazione di una cavità sotto le fondamenta, e furono poi terminati dopo il riempimento per mezzo di massi, soluzione che causò la comparsa di una crepa sull'edificio.[3] Nel 1926, nell'ambito del progetto urbanistico di creazione della Grande Genova, passò dal comune di Borzoli al comune di Genova.[7] Nel 1938 fu eretta vicaria curata autonoma,[8] e nel 1947 fu eretta parrocchia.[9] La chiesa fu nuovamente ristrutturata nel 2007, con impianto di tre campane e motorizzazione di quella centrale, finanziati dalla Fondazione Carige, oltre al consolidamento, all'intonacatura e al restauro dell'edificio, finanziati coi fondi dell'otto per mille della Conferenza Episcopale Italiana. Dal 2007 è sottoposta con decreto a vincolo dalla Soprintendenza ai beni architettonici per le sue caratteristiche storiche e artistiche.[2] DescrizioneLa chiesa presenta una facciata a capanna con ingresso centrale coperto da una tettoia in legno e tegole, sopra il quale si apre una finestra circolare. La facciata e i prospetti esterni sono tinteggiati in giallo arancio. Sopra al portone principale vi è un rosone con vetrata policroma. La pianta rettangolare misura 7 metri di larghezza per 12 di lunghezza.[2] Ha una navata con volta a botte. Le pareti sono decorate con mattonelle dipinte raffiguranti le quattordici tappe della Via Crucis.[2] La pavimentazione è a lastre in marmo bianco e grigio alternate, con motivo a scacchiera. I soffitti sono decorati con sei grandi lampadari a candelabro con pendenti di cristallo.[5] L'antico altare maggiore bicromo, collocato nel presbitero separato con una balaustra di colonnine in marmo, presenta gambe in ardesia decorate e mensa in marmo bianco. È sovrastato, alle spalle, da un grande crocifisso ligneo.[5] Il crocefisso, esposto dal 2010, è in legno policromo e risale al XVII secolo, attribuito alla bottega dei Gaggini da Bissone e restaurato a cura dell'Accademia ligustica di belle arti fra il 2007 e il 2010. L'opera era originariamente collocata nella Cappella del Santo Cristo in via Multedo di Pegli, struttura in grave degrado. Sono presenti inoltre un piccolo ambone in marmo e un organo.[10] Fra gli arredi sono presenti due quadri, uno raffigurante San Pietro e l'altro la Nostra Signora della Salute. Vi è inoltre una targa marmorea dedicata ai caduti della borgata nella Prima guerra mondiale (Antonio Caneva di 21 anni, Salvatore Pareto di 21 anni e Carlo Parodi di 22 anni), posta il 12 novembre 1922.[10] La chiesa ha un alto campanile dotato di quattro campane.[2][5][4] In una piccola edicola esterna, sotto al campanile, è presente una piccola statua della Madonna della Salute, il cui omaggio viene festeggiato ogni prima domenica di agosto. Sotto di essa vi è una lastra marmorea dedicata ai restauri del 2007.[3] Note
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