Chiesa di San Marino (Pavia)
La chiesa di San Marino è una chiesa di Pavia, affacciata su via Siro Comi, all'interno del centro storico. Storia e descrizioneSecondo la letteratura erudita locale seicentesca, la chiesa fu eretta alla metà del VI secolo, tuttavia non sono emersi a oggi elementi che ci permettano di verificare la notizia. La chiesa fu fondata dal re longobardo Astolfo, che vi ripose molte reliquie di santi (tra le quali quelle dei Santi Marino e Leone) asportate da Roma e che, dopo la morte, fu sepolto nella chiesa[1] insieme alla figlia Eufrasia. Tra le reliquie conservate va anche citato il corpo di San Vito, che nel 1355 l'imperatore Carlo IV farà trasportare nella cattedrale di Praga. Nel presbiterio della chiesa si conserva un frammento di iscrizione dell'VIII secolo che menziona un certo Gisulfo, custode della chiesa in età longobarda, e un frammento di pluteo con anelli intrecciati e croci ed elementi laterizi decorati a stampo, tutti della medesima epoca dell'iscrizione. Accanto alla chiesa, sorse un monastero benedettino, documentato almeno dall'881. Alla fine del dell'XI secolo il monastero passò alle dipendenza della congregazione francese della Chaise-Dieu di Clermont-Ferrand. L'ente ottenne molti privilegi e beni dai sovrani carolingi e dagli ottonidi e poi dall'imperatore Federico I, che concesse al monastero un diploma nel 1155 con il quale erano confermate al monastero numerose possessioni, collocate principalmente nei territori di Lecco, Bergamo e Ottobiano[2]. Proprio in questi anni l'edificio fu rimodellato in forme romaniche e venne dotato di campanile[3], salvaguardando tuttavia gran parte delle murature perimetrali della chiesa altomedievale, oltre a parte della facciata (nella quale si vedono ancora gli archetti ciechi e alcune aperture) e l'abside[4]. Nel 1281 il monastero passo ai Domenicani[2], che lo tennero fino al 1304, quando si spostarono nella vicina chiesa di San Tommaso[5]. Nello stesso anno, i Benedettini tornarono in possesso del monastero, che lo tennero fino al 1481[6], quando i Gerolamini subentrarono ai Benedettini e, nel corso del Cinquecento, la chiesa e il monastero furono oggetto di consistenti lavori di ricostruzione[7]; la chiesa mantenne però ampi elementi strutturali dell'edificio originario. Il monastero, che nel XVIII secolo controllava numerosi fondi agricoli, soprattutto nei dintorni della città e nel Pavese, fu soppresso nel 1799[8]. La chiesa, officiata dai numeri ordini religiosi che nei secoli si susseguirono nel vicino convento, almeno dal XIII secolo fu elevata al rango di parrocchia, e nell'estimo del 1250 è menzionata tra le parrocchie di Porta Ponte. Menzionata nelle visite apostoliche di Amicus de Fossulanis del 1460 e di Angelo Peruzzi nel 1576, durante la quale furono censite 200 anime da comunione, nel 1788 fu soppressa e unita a quella di San Michele Maggiore[9]. L'interno della chiesa, per lo più rimaneggiato tra Cinque e Seicento,quando la precedente organizzazione planimetrica in tre navate lasciò il posto a una navata con cappelle laterali, conserva tuttavia tracce di affreschi del XIII secolo, uno dei quali attribuito ad Andrino Edesia. La prima cappella adestra è dedicata a Sant'Espedito e presenta affreschi realizzati nel primo decennio del XVI secolo da Bernardino de' Rossi, mentre la prima cappella a destra, che era la cappella della corporazione degli orefici, fu intitolata a Sant'Eligio e fu riaffrescata sempre nel XVI secolo. Maggiori sono invece le opere rinascimentali, quali gli stalli lignei quattrocenteschi del coro (provenienti dalla chiesa di San Tommaso), l'organo, opera degli Antegnati del 1517[10] e la grande pala del Giampetrino, di scuola leonardesca, datato al 1521[11][12], mentre la pala con la Vergine di Gaudenzio Ferrari è andata persa. La chiesa, di proprietà del comune[13], non è aperta al culto[14], mentre l'ex monastero ospita un istituto scolatisco[15].
Note
Bibliografia
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