Cesare Breveglieri nacque a Milano il 12 marzo 1902 da genitori ferraresi. Frequentò le magistrali e contemporaneamente la scuola serale per artefici all'Accademia di Brera. Passò attraverso esperienze diverse: maestro, impiegato, commesso viaggiatore, ma seppe mantenere viva la propria vocazione artistica, finché nel 1928, abbandonate queste attività, si dedicò completamente alla pittura.
Il suo primo contatto con la critica milanese fu positivo ed avvenne in occasione di una mostra sindacale al Palazzo de La Permanente nel 1929, dove espose il quadro "Le ballerine". Nel 1930 vinse il premio Pensionato Sarfatti, della Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde con il quadro "Maternità" che gli consentì di recarsi a studiare prima a Roma e a Firenze e poi a Parigi, dove rimase per un lungo periodo. In occasione del pensionato Sarfatti del 1932 una sua opera, San Martino, venne acquistata dalla Fondazione Cariplo[1].
Amò Picasso, Matisse, ma particolarmente lo attrassero Maurice Utrillo e Henri Rousseau, perché più vicini al suo mondo poetico. Essi gli insegnarono a capire il fascino del quotidiano, di quello che avviene sotto gli occhi ogni giorno e a penetrarlo senza lasciarsi prendere dall'apparenza. Rientrato in Italia lavorò attivamente e partecipò alla vita culturale di quel periodo a Milano. Legato da rapporti di amicizia con diversi pittori tra i quali Carlo Carrà (al quale fece un ritratto), Gianfilippo Usellini, Francesco Speranza, Donato Frisia, Filippo de Pisis. Di quest'ultimo amava la spontaneità e felicità dell'operare. Interessante è la corrispondenza intrattenuta con Guglielmo Usellini, uno dei fondatori della rivista culturale Arca.
Il pittore Felice Carena, docente all'Accademia di belle arti di Firenze gli chiese una sua opera da esporre tra quelle degli artisti più significativi di quel periodo. Venne chiamato a far parte della Commissione giudicatrice dei saggi eseguiti nella scuola superiore degli artefici all'Accademia di Brera a partire dal 1936 al 1939. Insegnò presso la Società Umanitaria dal 1935 al 1937. Nel 1938 tenne la sua prima personale alla Galleria del Milione. Nel 1940 fu richiamato sotto le armi. Da questa amara esperienza è nato il quadro "Rancio della territoriale", che in buona fede mandò a Roma ad una mostra che avrebbe dovuto celebrare l'esercito italiano. In mezzo a tante opere solenni, i suoi "patetici soldatini" parvero un'irriverente denuncia, e il quadro fu respinto. Se ne accorse il poeta Leonardo Sinisgalli: "Tu sei un pittore!" gli disse.
Congedato nel 1942 raggiunse la famiglia sfollata a Robbiate. Qui visse tre anni sereni e qui dipinse la verde campagna, i contadini, i campi di granoturco, le piccole chiese, il ponte di Paderno; con lo stesso amore minuzioso con cui a Milano, aveva saputo cogliere l'atmosfera e i personaggi del teatro Gerolamo e di San Siro, o in riviera, la gente che passeggia sul lungomare affiancato di palme. "L'Utrillo italiano" così lo definì Liana Bortolon. (Grazia n.1395 - anno 1967).
Nel 1946 collaborò con la rivista di cultura e di attualità La Lettura del Corriere della Sera commentando con disegni umoristici fatti e avvenimenti del tempo. Tenne la sua ultima personale nel 1946 alla Galleria del Camino in via Sant'Andrea a Milano. Morì nel 1948 nella piena maturità artistica, alla vigilia di una profonda svolta nella sua pittura, come confidava all'amico di sempre Giovanni Fumagalli durante la malattia. Venne sepolto al cimitero monumentale di Milano[2][3][4].
Mostre
Ha svolto un'intensa attività artistica ed ha partecipato a numerose mostre:
Musei Civici di Lecco con "Lecco vista dal campanile"
Critica
Ma quello che più mi piace è il senso realistico e poetico che sostanzia la visione del pittore e si realizza in rapporti tonali e spaziali raramente riscontrabili in un giovane.Carlo Carrà, L'Ambrosiano - 09.06.1935
Per questo le tele del Breveglieri non mancano mai d'interesse. In altri termini di fronte ai suoi quadri vien voglia di dire: ognuno sia pittore a modo suo, ma sia.Carlo Carrà, L'ambrosiano - 16.12.1937
La sua pittura è tutta nitida ed esposta: ritagli di tinte vivaci non modulate, a spicco su fondi netti, accanto ad altri ritagli altrettanto vivaci, senza mai tentativo di attenuare le difficoltà con colori medi e di più facile fusione.Guido Piovene, Edizioni del Milione - 1949
Breveglieri ci narra la sua storia, la storia della sua città e dei suoi abitanti: non un racconto in disegni, ma disegni che raccontanno.Antonio Tullier - Arte moderna italiana n.48 - Ulrico Hoepli Editore, Milano 1950
Più il tempo passa e più l'arte di Breveglieri appare schietta salda e originale.Candido - 04.12.1955
Ma sotto l'aspetto primitivo delle sue composizioni si rivela lo studio dei grandi maestri e un senso modernissimo del colore, attuato a macchie pure, a blocchi, come un mosaico. Liana Bortolon - Grazia - 09.04.1961
Risolte le esperienze giovanili, maturo, accomunando intelligenza e sensazioni Breveglieri si sforzò con successo di penetrare lo spirito della natura staccandosi dalla realtà esteriore per cogliere l'universalità ideale in una visione placata e profonda. Dino Campisi, Il Conciliatore - 15.05.1969
Se fossi ladro (come oggi è di moda) farei di tutto per portarmi via "La gabbia dei pappagalli" di Breveglieri...Dino Buzzati, Corriere della Sera - 29.03.1971
Un pittore così coscienzoso e così attaccato alla "qualità" da spingersi a controllare centimetro per centimetro il tessuto pittorico dei suoi dipinti allo scopo di vedere se conservavano in ogni loro parte la necessaria vibrazione. Renzo Biasion, Oggi - 26.04.1971
Dalle prime retrospettive dopo la sua morte un inspiegabile ed ingiusto silenzio era sceso sul suo nome di questo pittore tra i più personali e ricchi di fascino di quanti operavano a Milano. Renzo Biasion, Oggi - 07.03.1980
Breveglieri adoperava sempre una matita Hardtmuth 2B e preferiva la carta bianca sostenuta: gli piaceva appunto il contrasto tra bianco e nero [...] prendeva la sua cartella e via per le strade di Milano o dovunque si trovasse [...] era meticoloso e preciso non aveva tentennamenti. Cancellava assai di rado, perché pensava molto prima di mettere un tratto sulla carta. Giovanni Fumagalli, Arte - marzo 1986
Un'avventura che si sgrana, davanti ai nostri occhi, con la tenerezza di un muschio, ma altresì con la dolente ironia che fu, appunto di Gadda o d'un Tessa, loro e solo loro, ben più che i pittori coevi o immediatamente precedenti, sembrano i fratelli in passione soci, di Breveglieri.Giovanni Testori, Corriere della Sera - 04.03.1987
Dolce e delicata poesia di Cesare Breveglieri fatta di ordine, misura, pulizia per l'incanto continuo delle cose, la loro quotidiana magia in una casa, in un albero, in un volto!Vittorio Sgarbi, L'Europeo - 14.03.1987
Note
^ Leo Lecci, San Martino, su edixxon.com. URL consultato il 30 marzo 2016.