Casina (Plauto)
La Casina (Càsina, che etimologicamente può significare "La fanciulla del caso", "La sorteggiata"[2], oppure "La ragazza dal profumo di cannella"[3]) è l'ultima delle commedie scritte dall'autore latino Plauto a noi pervenute e probabilmente l'ultima in assoluto, essendo stata scritta due anni prima della sua morte (184 a.C.)[4]. È classificata tra le ventuno commedie varroniane e parte dell'opera, segnatamente il prologo, risale ad una ripresa dopo la morte del commediografo. Esso è per noi di estremo interesse, perché documenta lo spirito in cui questa ripresa è avvenuta.[non chiaro]. PersonaggiPrincipali
Secondari
Personaggi marginali
PrologoIl prologo inizia con un saluto (salvere iubeo) rivolto al pubblico (spectatores), che era rumoroso e indisciplinato; infatti ivi si trovavano persone di ceto, sesso, età, condizione sociale diversi, rendendolo un pubblico eterogeneo e "vario". L'opera presenta un breve prologo che appare come un monologo estraneo alla commedia vera e propria; questo, come altre undici commedie varroniane, presenta una struttura fondamentale che consta di due momenti: la captatio benevolentiae -il prologo si rivolge, infatti, direttamente alla platea per richiamarne l'attenzione- e l’expositio argumenti, dove si anticipa la trama della commedia in rappresentazione ed è presente un accenno ai personaggi fondamentali della vicenda.[5] Il narratore di questo prologo è esterno ed è la figura astratta della Buona Fede; infatti Plauto ricorre spesso a divinità e figure simboliche per presentare le sue opere.
In Casina c'è un'esplicita richiesta da parte del presentatore della commedia, atta a concentrare l'attenzione dello spettatore sull'”illusione” che sta per essere inscenata: (LA)
«Aures vocivae si sunt, animum advortite.» (IT)
«Aprite le orecchie e fate attenzione.[6]» Ciò evidenzia l'espediente della rottura dell'illusione scenica,[7] molto diffuso nelle commedie di questo autore latino. TramaAtto II due servi, Calino e Olimpione, discutono animatamente poiché il primo vuole costringere l'altro a riprendere i suoi compiti di fattore in campagna preso dalla paura che possa portargli via l'amata Casina. Segue uno scambio acceso di insulti e improperi da entrambe le parti che culmina con l'entrata in casa dei due. Atto IICleostrata, uscendo di casa, parla con la sua ancella, Pardalisca, dicendole che non avrebbe mai più preparato niente da mangiare per il marito disonesto e infedele e che sarebbe andata a cercare la compagnia dell'amica Mirrina, per spiegarle la situazione. Nello stesso momento l'amica esce di casa e le due si recano nella dimora di Lisidamo; qui Mirrina consiglia di sottostare al volere del marito e assecondarlo perché non la sfratti. Il colloquio tra le due viene interrotto dall'arrivo di Lisidamo, che cerca di ingraziarsi la moglie con finte lusinghe amorose; questa però non abbocca e ribadisce il suo diritto a decidere le sorti della serva, in quanto allevata da lei fin da bambina, riguardo al matrimonio con Calino. A questo punto Lisidamo cerca di dissuadere il servo scelto dalla moglie a celebrare le nozze, promettendogli la libertà, ma questo rifiuta per il suo amore verso la fanciulla. Così tutti decidono di affidare alla sorte la decisione, che premia Olimpione e Lisidamo. I due possono quindi proseguire i loro piani e parlare liberamente del misfatto che hanno a compiere, grazie alla disponibilità dell'amico Alcesimo nell'offrirgli la propria casa per le nozze, senza preoccuparsi del fatto che Calino stia origliando tutto per riferirlo alla padrona. Atto IIILisidamo, gioioso per l'avvicinarsi delle nozze con Casina, si reca a casa di Alcesimo per controllare che tutti i preparativi siano terminati e successivamente, per avere la casa dell'amico libera, convince Cleostrata a invitare Mirrina (moglie di Alcesimo) a casa sua. Poi raggiunge il Foro e in quel momento esce di casa Cleostrata, adirata per ciò di cui era venuta a conoscenza grazie a Calino, convinta ad andare a casa di Alcesimo per dire a Mirrina che stesse a casa e non venisse ad aiutarla per il convivio. Dopo diversi tira e molla la casa di Alcesimo viene finalmente liberata, ma Cleostrata riesce a mettere in atto uno stratagemma facendo credere al marito che Casina sia impazzita e che voglia uccidere chiunque fosse andato a letto con lei quella notte. Lisidamo e Olimpione, nonostante gli iniziali tentennamenti si decidono comunque a entrare sospettando un tiro mancino delle donne. Atto IVLisidamo, dopo essere entrato in casa, si trova di fronte una gran confusione perché i cuochi, complici di Cleostrata, rallentano il più possibile la celebrazione delle nozze rovesciando pentole e vettovaglie varie. Vince in ogni caso l'impazienza di Lisidamo che, con la scusa di accompagnare i futuri sposi in campagna, annuncia che avrebbe passato la notte fuori casa per andare in realtà dall'amico suo complice. Intanto le donne, per beffarsi del vecchio innamorato, avevano sostituito la vera Casina con Calino travestito da sposa. Atto VCleostrata, l'amica e le serve, appostate fuori dalla casa di Alcesimo, sorprendono Olimpione a scappare e lo costringono a raccontare l'accaduto. Questo allora confessa di aver celebrato le nozze con Calino e di essere stato picchiato selvaggiamente scappando però senza avvertire Lisidamo per ripicca. Pochi minuti dopo esce da casa di Alcesimo anche il vecchio, tutto pesto e spaventato, vittima anche lui delle violenze di Calino che, insoddisfatto, lo insegue con un bastone. A questo punto Cleostrata, soddisfatta della sua vendetta, decide di perdonare il marito e tutti si radunano a casa di Lisidamo. ArgumentumIl prologo è preceduto da un rapido riassunto (argumentum) della vicenda, strutturato in versi secondo il modello dell'acrostico, grazie al quale è possibile leggere il titolo dell'opera. Tutte le commedie di Plauto, eccetto Bacchides, Vidularia e Captivi, utilizzano questo espediente sebbene l'autore non sia il poeta, ma i grammatici di epoca più tarda. Le lettere evidenziate formano il titolo della commedia: (LA)
«Conservam uxorem duo conservi / expetunt. (IT)
«Cercan due schiavi di sposare la medesima fanciulla. AmbientazioneCome le altre ventuno commedie varroniane, anche Casina, viene definita palliata[9] in quanto di ambientazione greca. Nonostante il suo scenario, l'opera, che peraltro non contiene riferimenti espliciti all'ellenismo, fa propri anche contesti romani; questo espediente ha un effetto di spaesamento tra l'uditorio, ma ha anche l'importante funzione di attribuire comportamenti riprovevoli e mal visti a personaggi stranieri e non romani.[10] Espedienti comiciLa commedia ha una struttura molto semplice, tipica delle opere plautine, e la sua comicità scaturisce sia dal ribaltamento delle posizioni sociali[11] (i servi e le mogli comandano sui pater familias) sia dalle beffe e dagli inganni preparati contro il senex libidinosus. L'apice della comicità lo si raggiunge al termine della commedia, con le cosiddette nozze maschie: Calino viene travestito da Casina con l'aiuto di Cleostrata e Pardalisca e viene poi mandato a casa di Alcesimo dove si sapeva sarebbe arrivato Lisidamo per poter godere dei favori della fanciulla; a questo punto si sviluppa una scena molto buffa e grottesca, al termine della quale Lisidamo e Olimpione, per aver cercato di corteggiare Casina, vengono presi a bastonate e malmenati da Calino travestito. Rapporti con il modello greco(LA)
«Clerumenoe vocatur haec comoedia (IT)
«Essa si chiama in greco Clerumenoe, Nel prologo ritroviamo un accenno alle commedie greche, che Plauto adottò come modelli, e in particolare a quella a cui si ispirò per Casina, ovvero l'opera Clerumenoe di Difilo, che infatti venne inizialmente tradotta in latino con il termine Sortientes (entrambi vogliono significare "i sorteggianti")[13]. La commedia greca porta questo titolo in quanto, molto probabilmente, la scena del sorteggio era la parte culminate dell'opera, mentre quella delle nozze maschie è un'aggiunta del comico latino. In Clerumenoe la scena centrale del sorteggio era seguita dall'agnizione di Casina e il ritorno del suo futuro sposo Eutinico, figlio di Lisidamo. Tradizione letterariaIl tema di questa commedia fu ripreso in alcune occasioni soprattutto nel periodo rinascimentale. Ad esempio, Nicolò Machiavelli si ispirò a essa nella Clizia, Giovan Battista Gelli nell'Errore e Ludovico Dolce nel Ragazzo. Alla Casina si ispirano parzialmente anche Il marescalco di Pietro Aretino e l'Epicene di Ben Jonson.[14] Edizioni e traduzioni
Note
Bibliografia
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