Il bisso è una fibra tessile di origine animale, una sorta di seta naturale marina ottenuta dai filamenti secreti da una specie di molluschibivalvi marini (Pinna nobilis) endemica del Mediterraneo e volgarmente nota come nacchera o penna, la cui lavorazione è stata sviluppata esclusivamente nell'area mediterranea[1].
Con lo stesso nome si indicano anche gli analoghi filamenti emessi da altre specie di molluschi bivalvi per potersi attaccare agli scogli, come ad esempio quelli del genere Mytilus. Tale bisso non è sfruttabile per ottenere l'omonima stoffa pregiata.
Dal bisso si ricavavano pregiatissimi e costosi tessuti con i quali probabilmente già nell'antichità si confezionavano tessuti e vesti ostentati come veri e propri status symbol dai personaggi più influenti delle società babilonese, assira, fenicia, ebraica, greca e infine romana. Il più antico manufatto in seta marina rinvenuto archeologicamente risale effettivamente solo al IV secolo: le fibre, riconosciute in sezione al microscopio elettronico come bisso di Pinnanobilis, vennero alla luce nel 1912 in una tomba femminile ad Aquincum (oggi Budapest), per essere poi distrutte da un bombardamento durante la seconda guerra mondiale.[2] L'oggetto più antico realizzato in bisso marino oggi disponibile è una cuffia lavorata a maglia rinvenuta nel 1978 in una campagna di scavi archeologici presso la basilica di Saint Denis a Parigi: la datazione stratigrafica la pone nel XIV secolo.[3]
I pescatori inoltre ritenevano che il bisso avesse proprietà terapeutiche per le sue supposte proprietà emostatiche, usato quindi per la medicazione delle ferite che i pescatori frequentemente si procuravano con gli arnesi da pesca.
Fino alla metà del Novecento il bisso veniva ancora raccolto e lavorato in Puglia, nel territorio di Taranto con il nome di "lana-penna".
In Sardegna, nell'area di Cussorgia, tra Calasetta e Sant'Antioco, la morbida fibra dal colore bruno-dorato viene ancora filata, tessuta e utilizzata per realizzare preziosissimi ricami. Sempre a Sant'Antioco permangono in attività alcune persone in grado di tessere il bisso.
La Pinna nobilis, bivalve di grosse misure che può arrivare a un metro di lunghezza, è considerata a rischio estinzione a causa della pesca indiscriminata, dell'inquinamento e della diminuzione delle aree dove crescere. La specie è sottoposta a regime di protezione e tutela in conformità a Atti Ufficiali quali la Convenzione di Barcellona (1995), ratificata dal Governo Italiano con la legge n° 175 del 25/05/1999, e la Direttiva Habitat della Comunità europea (43/92). Sulla base di questi atti ufficiali è proibita la raccolta, l'uccisione, la detenzione, la commercializzazione e persino l'esposizione ai fini commerciali della specie.[4] La produzione di vero bisso è quindi praticamente inesistente.
Al giorno d'oggi il termine "bisso" indica tessuti pregiati, molto leggeri e trasparenti, ad armaturatela, in cotone o lino, adatti al ricamo. Il crescente interesse di archeologi e filologi suscitato negli anni 2000 da fibre, tessuti e più in generale problematiche connesse all'industria tessile antica hanno avuto come conseguenza il fiorire di numerosi studi. Recentemente alcuni di questi hanno discusso la possibile identificazione già a partire dall'età del ferro della seta marina con la fibra identificata durante tutto il I millennio a.C. dal termine bisso.
^ Felicitas Maeder (2008), Sea-Silk in Aquincum: First Production Proof in Antiquity, In C. Alfaro Giner and L. Karali (eds.) Purpureae Vestes II, Vestidos, textiles y tintes: Estudios sobre la producción de bienes de consumo en la Antigüedad. Universitat de València, València, n. 109-118.
Evangelina Campi, La seta del mare: il bisso: storia, cultura, prospettive, Scorpione Editrice, Taranto, 2004, ISBN 978-8880991380
Felicitas Maeder, Ambros Hänggi, Dominik Wunderlin, Bisso marino. Fili d'oro dal fondo del mare – Muschelseide. Goldene Fäden vom Meeresgrund, Catalogo della Mostra (Basel, 19 marzo-27 giugno 2004), 5 Continents Editions, Milano, 2004, ISBN 978-8874391141
Progetto bisso marino, su Muschelseide.it, Naturhistorisches Museum Basilea. URL consultato il 17 febbraio 2017 (archiviato dall'url originale il 1º novembre 2016).