Nato in provincia di Terni, compì i suoi studi alla Sapienza di Roma, terminandoli alla Sorbona di Parigi. Mostrò subito un immenso talento per l'insegnamento, caratterizzato da lucidità di esposizione e genuino spirito filosofico, reggendo dal 1839 al 1850 svariate cattedre in città importanti della Francia e della Svizzera.
Il colpo di Stato di Napoleone III lo costrinse nel 1851 a rifugiarsi in Inghilterra a causa delle sue idee eterodosse. Qui intraprese la stesura in francese dell'Introduzione alla filosofia di Hegel.
In Italia continuò a intrattenere scambi fecondi con la Società Filosofica di Berlino e con gli ambienti hegeliani tedeschi e francesi. Dal 1883 divenne socio nazionale dell'Accademia dei Lincei.[3]
Fu durante i suoi studi con Victor Cousin a Parigi che Vera arrivò a conoscere la filosofia, risentendo fortemente dell'hegelismo allora in voga, di cui diventerà in Italia promotore indiscusso.
Si deve infatti ad Augusto Vera il risveglio in Italia dell'interesse per la filosofia idealista tedesca ed hegeliana in particolare, anche se egli godette di maggior fortuna all'estero, mentre ebbe un influsso molto minore in patria rispetto a quello esercitato ad esempio dai lavori di Bertrando Spaventa. A differenza di quest'ultimo, infatti, che reinterpretò il pensiero di Hegel in chiave critica, Vera si mantenne sostanzialmente fedele al dettato ortodosso della dottrina hegeliana.[5]
Nelle sue opere, che esaltano la capacità di Hegel nel collegare ogni aspetto della realtà in un sistema organico, prevale l'attenzione per il problema religioso: Vera interpreta l'Idealogica hegeliana in senso trascendente, come il Dio della tradizione cattolica, venendo per questo accostato in certa misura alla Destra Hegeliana in Germania, sebbene una tale lettura possa apparire una forzatura.[6]
Centrale è il primato dell'Idea, che si articola nella storia come organismo spirituale, e per attingere la quale occorre trascendere la natura. L'Idea esiste bensì anche nelle piante e negli animali, ma in maniera incosciente; solo nell'essere umano essa giunge a pensarsi come idea, divenendo in tal modo storia, e rendendo possibile anche il progresso delle entità collettive di individui che sussistono come nazione.
«Finché una nazione vive nella sfera del suo essere sensibile e animale, essa non si muove; essa ripete ogni giorno la stessa vita e gli stessi eventi; essa prova sempre gli stessi bisogni. Che se non fosse possibile trascendere questa sfera, la storia stessa non sarebbe possibile. Queste poche considerazioni ci spingono adunque a riconoscere con più pieno convincimento che solo l'Idea o l'Assoluto è il motore delle nazioni e dell'umanità, ovvero il principio determinante della storia.»
(Augusto Vera, da Introduzione alla filosofia della storia, cap. VII, pag. 325, Le Monnier, Firenze, 1869[7])
La sua opera filosofica più famosa in italiano è Il problema dell'Assoluto. Si dedicò anche a tematiche giuridiche e politiche su Cavour, del quale aveva sostenuto le scelte politiche, con Libera Chiesa in libero Stato,[3] in cui attribuiva il ritardo del processo di rinnovamento liberale in Italia alla mancanza, durante il suo Rinascimento, di una Riforma luterana come quella d'oltralpe.[10]
Tesi in latino
Platonis, Aristotelis et Hegelii: de medio termino doctrina. Quaestio philosophica, Parigi 1845
Opere in francese
Problème de la certitude, tesi presentata alla Faculté des Lettres, Parigi 1845
Introduction a la philosophie de Hegel, Parigi-Londra 1855
L'hégélianisme et la philosophie, Parigi 1861
Mélanges philosophiques, Parigi 1862
Essais de philosophie hégélienne: La peine de mort. Amour et philosophie. Introduction à la philosophie de l'histoire, Parigi, Éd. Germer Baillière, coll. «Bibliothèque de philosophie contemporaine», 1864
Introduction a la philosophie de Hegel, Parigi 1864
Cavour et l'Église libre dans l'État libre, Napoli-Parigi 1874
^La Civiltà cattolica, n. 32, vol. VIII, quad. 573, pag. 291, Firenze, libraio Luigi Manuelli, 1881.
^L'hegeliano tedesco Teodoro Sträter osservò in proposito che Augusto Vera «sembra la degna riproduzione italo-francese di quel tipo a cui in Germania usiamo dare il nome di vecchi hegeliani o anche di ortodossi di stretta osservanza» (cit. in Giuseppe Tortora, Le filosofie italiane dell'Ottocento, cap. 7 de "Le filosofie contemporaneeArchiviato il 27 dicembre 2017 in Internet Archive.", Università degli Studi Federico II di Napoli).