L'arcidiocesi estendeva la sua giurisdizione soprattutto sugli armeni convertiti al cattolicesimo e comprendeva un territorio che corrispondeva all'incirca a quello dell'odierna Repubblica Autonoma di Nakhchivan.
In una relazione inviata a Propaganda Fide nel 1667, vengono enumerate le città comprese nel territorio dell'arcidiocesi.[1] Sede dell'arcivescovo era la città di Abrenare (o Abaran), dove si trovava il convento domenicano la cui chiesa, dedicata a Ognissanti, fungeva da cattedrale. Le altre città erano: Ciauch, Abracunis, Cosciascen, Sciabunis, Chiesluc, Canzac, Carna e Saltach. In ognuna di queste città vi era un convento domenicano. Il numero delle famiglie cattoliche era di circa 360 ed il totale dei frati domenicani raggiungeva la cifra di 26.[2]
Nel 1682 l'arcidiocesi comprendeva circa 7.000 cattolici.[3]
Nella diocesi, fondata dai domenicani, si formò un nuovo ordine religioso, gemellato con i domenicani, chiamato dei frati unitori (Fratres Unitores). Questi costituivano l'unico gruppo di sacerdoti presenti nella diocesi.
Tra il Cinquecento e il Seicento la sede episcopale fu traslata da Naxivan a Abaran, per la sua centralità nel territorio della diocesi e per la presenza di un numero maggiore di cattolici. Verso la metà del Seicento non è segnalata più alcuna presenza cattolica a Naxivan.
La sede arciepiscopale godeva di due privilegi. L'elezione dei vescovi e poi degli arcivescovi spettava ad un'assemblea composta dai superiori dei conventi domenicani dell'arcidiocesi e dai notabili cattolici della Nazione armena: l'eletto si recava in seguito a Roma con le credenziali rilasciate dall'assemblea per ricevere la conferma canonica della Santa Sede. Inoltre, nelle celebrazioni il rito in uso era quello latino, ma la lingua utilizzata era quella volgare, ossia l'armeno.[6] Queste prerogative furono approvate da papa Paolo III con la bollaEtsi ex debito del 28 febbraio 1544.[7]
Il periodo di massimo splendore per l'arcidiocesi fu il XV secolo, in cui si contavano circa 700 frati unitori distribuiti in circa 50 conventi. Nel 1602 si contavano solo 12 conventi e circa 19.000 fedeli.[8]
Attorno al 1620 venne fondato ad Abaran il seminario per la formazione dei preti domenicani, su iniziativa e con il sostegno di papa Gregorio XV.[9]
La sede fu soppressa de facto dopo la metà del XVIII secolo, quando, a causa delle continue guerre e agli scontri tra l'Impero ottomano e la Persia dei Safavidi, la popolazione abbandonò il territorio. Un gruppo di circa 800 armeni con l'ultimo arcivescovo, monsignor Salviani, si rifugiò a Smirne nel 1745 e dette vita ad una fiorente comunità armena in questa città.
Ciò che restava dell'antica cattedrale, i cui ruderi erano ancora visibili all'inizio dell'Ottocento, fu definitivamente distrutto da un terremoto nel 1845. L'arcidiocesi rimase censita nell'Annuario Pontificio fino al 1847.[10]
^« Frati ignorantissimi, non attendendo che all'agricoltura, ad apparecchiarsi il vitto ed a vagar per le ville a tutte l'hore » (cfr. Lemmens, p. 233).
^Alcuni autori domenicani ritengono che Bartolomeo di Bologna sia lo stesso Bartolomeo il piccolo, vescovo di Maragheh, fondatore dei Fratres Unitores, trasferito a Naxivan nel 1330.
^Dopo Giovanni di Gallofonte, diversi vescovi furono nominati da papa Bonifacio IX, ma sembra che nessuno di questi provvide a spedire, come era d'uso all'epoca, le cosiddette "lettere patenti" (litterae provisionis) entro l'anno della nomina.
^Morto a Roma dopo la consacrazione episcopale, senza poter prendere possesso della sua sede episcopale.
(LA) Leonardus Lemmens, Hierarchia latina Orientis, mediante S. Congregatione de propaganda fide instituita (1622-1922), in Orientalia Christiana, vol. I, n° 5 (1923), pp. 232–250
Alberto Casella, Bartolomeo de Podio (da Bologna) e la Scuola teologica dei "Fratres Unitores" in Armenia tra il XIV e il XV secolo. Un caso di interculturazione? (Divus Thomas, n. 2), Edizioni Studio Domenicano, Bologna 2024.