Fu l'architetto più importante della Repubblica Veneta, nel cui territorio progettò numerose ville che lo resero famoso[4], oltre a chiese e palazzi, questi ultimi prevalentemente a Vicenza, dove si formò e visse. Pubblicò il trattato I quattro libri dell'architettura (1570) attraverso il quale i suoi modelli hanno avuto una profonda influenza sull'architettura occidentale; l'imitazione del suo stile diede origine a un movimento destinato a durare per tre secoli, il palladianesimo, che si richiama ai principi dell'antichità classica. Gran parte dei suoi edifici sono tutelati come un sito patrimoni dell'umanitàUNESCO, denominato Città di Vicenza e le ville palladiane del Veneto.
Di lui, durante la sua permanenza a Vicenza, Goethe disse:
«C'è davvero alcunché di divino nei suoi progetti, né meno della forza del grande poeta, che dalla verità e dalla finzione trae una terza realtà, affascinante nella sua fittizia esistenza.»
Andrea nacque nel 1508 a Padova, nella Repubblica di Venezia, da una famiglia di umili origini: il padre Pietro, detto "della Gondola",[6][7] era mugnaio e la madre Marta, detta la Zota ("la zoppa"), una donna di casa.
A tredici anni Andrea iniziò a Padova l'apprendistato di scalpellino, presso Bartolomeo Cavazza[8]: vi spese diciotto mesi, fino a quando, nel 1523, la famiglia si trasferì a Vicenza. Qui nel 1524 Andrea risulta già iscritto alla fraglia dei muratori[9]: lavorò infatti - rimanendovi per una dozzina d'anni - nella bottega del costruttore Giovanni di Giacomo da Porlezza e dello scultore Girolamo Pittoni, con laboratorio in Pedemuro San Biagio[7], nella parte settentrionale di Vicenza.
Tra il 1535 e il 1538 avviene l'incontro fondamentale con il conte vicentino Gian Giorgio Trissino dal Vello d'Oro, che avrà grande importanza per l'attività di Palladio. Andrea conosce Trissino mentre lavora nel cantiere della sua villa suburbana di Cricoli. Gian Giorgio Trissino, poeta e umanista, lo prenderà sotto la sua protezione. Sarà lui a conferirgli l'aulico soprannome di Palladio[10], lo guiderà nella sua formazione culturale e allo studio della cultura classica, conducendolo più volte a Roma. In questi anni Palladio realizza le sue prime opere significative, fra cui la villa di Gerolamo Godi (1537) a Lonedo di Lugo di Vicenza.
Nel 1534 Andrea sposò Allegradonna, di cui non si sa quasi nulla, salvo che era orfana del falegname Marcantonio e lavorava presso la nobildonna Angela Poiana. Questa le assegnò una magra dote: un letto, una trapunta, delle lenzuola, delle pezze di stoffa, che Andrea s'impegnò a rimborsare per metà in caso di morte della moglie senza figli.
Di figli ne misero al mondo almeno cinque: Leonida (morto in circostanze mai chiarite nel 1572, probabilmente ucciso per vendetta da parte dei famigliari di un uomo che Leonida uccise a pugnalate durante una rissa), Marcantonio, Orazio, Zenobia e Silla. Forse nel 1550 gli nacque un sesto figlio[11]. Marcantonio, iscritto alla fraglia dei lapicidi come "maestro" nel 1555, lavorò col padre fino al 1560, quando si trasferì a Venezia per entrare nella bottega dello scultore Alessandro Vittoria; rientrato a Vicenza alla fine degli anni ottanta, non viene nominato in documenti posteriori al 1600. Orazio si laureò in giurisprudenza all'Università di Padova (1569); coinvolto in processi per eresia davanti al Sant'Uffizio, morì nel 1572, pochi mesi dopo il fratello Leonida: "con mio gravissimo e acerbissimo dolore [...] la morte nello spatio di due mesi e mezzo, d'essi ambedue privo e sconsolato mi lasciò", scrive Palladio nel proemio dell'edizione illustrata dei Commentari di Giulio Cesare (1575). L'unica figlia femmina, Zenobia, andò sposa nel 1564 all'orafo Giambattista Della Fede e dal matrimonio nacquero almeno due figli[12]. Silla, il figlio più giovane di Andrea Palladio, studiò lettere a Padova dove fu allievo del Collegio Pratense. Non si laureò, ma dopo la scomparsa del padre venne chiamato a concludere i lavori del Teatro Olimpico. Tentò anche, senza riuscirvi, di ristampare I quattro libri dell'architettura "ampliandoli d'altri edifici antichi e moderni".
Palladio morì nel 1580 a 72 anni, se non povero, godendo di una condizione economica assai modesta[1]. Le circostanze della sua morte rimangono sconosciute: non è nota né la causa, né il giorno preciso (nell'agosto del 1580, intorno al 19), né il luogo, che comunque la tradizione identifica con Maser, dove forse stava lavorando al tempietto di villa Barbaro, ma c'è chi sostiene possa essere morto a Venezia. I funerali furono celebrati senza clamore a Vicenza, dove l'architetto - grazie all'intercessione della famiglia Valmarana - fu sepolto presso la chiesa di Santa Corona[13]. Nel 1844 fu realizzata una nuova tomba in una cappella a lui dedicata nel Cimitero Maggiore di Vicenza su progetto dell'architetto Bartolomeo Malacarne, grazie a un lascito del conte Girolamo Egidio di Velo; il monumento funebre fu scolpito da Giuseppe De Fabris. I pochi ritratti conosciuti di Palladio sono largamente ipotetici[1].
Gian Giorgio Trissino, nobile colto e raffinato, letterato studioso della lingua italiana, architetto per diletto, nel 1535 volle ristrutturare la propria villa alle porte di Vicenza acquistata dal padre Gaspare nel 1482: nel disegnare la facciata principale esposta a sud si richiamò alle soluzioni di Raffaello per Villa Madama, con una loggia a doppie arcate posta tra due torrette una delle quali preesistente: la torre a lato di un corpo composto da un portico con loggia al piano superiore è uno schema tipico dell'architettura vicentina quattrocentesca. Il Trissino rompe con questa tradizione e, in adesione allo spirito umanistico e neoplatonico, compone gli spazi interni seguendo uno schema rigorosamente proporzionale e simmetrico: le stanze laterali sono legate tra loro da un sistema di proporzioni interrelate 1:1; 2:3; 1:2. Così Trissino anticipò quel modello che diventerà poi un tratto significativo dell'organizzazione delle stanze con Palladio. La tradizione vuole che tra le maestranze impiegate nei lavori vi fosse il giovane Andrea, notato dal Trissino per la sua abilità. Sarà proprio Gian Giorgio Trissino a condurlo con sé a Roma nei suoi viaggi di formazione a contatto con il mondo classico e a introdurlo presso l'aristocrazia vicentina.
Da qui in poi la vita artistica del Palladio si dipana con una rarissima effervescenza e una incredibile quantità di opere realizzate, prima fra tutte la Basilica Palladiana che segna la piazza principale di Vicenza, villa Almerico Capra detta "La Rotonda" a pochi chilometri dalla città, forse l'edificio palladiano più noto e infine lo splendido Teatro Olimpico, primo esempio di teatro stabile coperto realizzato in epoca moderna nel mondo occidentale e ancor oggi capolavoro ineguagliato.
Il Palladio collaborò con Daniele Barbaro, patriarca di Aquileia, che stava traducendo dal latino e commentando il De architectura di Vitruvio, disegnandone le illustrazioni. Profondo studioso d'architettura antica, Barbaro divenne mentore di Palladio dopo la morte di Trissino nel 1550 e nel 1554 si recarono insieme a Roma, accompagnati anche da Giovanni Battista Maganza e Marco Thiene, per preparare la prima edizione e traduzione critica del trattato di Vitruvio, poi stampata a Venezia nel 1556.
Grazie all'influenza dei Barbaro, Palladio iniziò a lavorare a Venezia, soprattutto nell'architettura religiosa. Nel 1570, dieci anni prima della morte, subentrò a Jacopo Sansovino come Proto della Serenissima (architetto capo della Repubblica Veneta).[14][15] Nello stesso anno pubblicò a Venezia I quattro libri dell'architettura, il trattato a cui aveva lavorato fin da giovane e in cui è illustrata la maggior parte delle sue opere. I Quattro libri furono il più importante di numerosi testi che Palladio pubblicò nella seconda parte della sua vita, corredandoli delle proprie illustrazioni. Nel 1574 diede alle stampe i Commentari di Cesare.
Quando morì nel 1580, buona parte delle sue architetture erano solo parzialmente realizzate; alcuni cantieri (come quello per la Rotonda) furono proseguiti da Vincenzo Scamozzi, mentre altre opere (come Palazzo Chiericati) furono completate solo molti anni dopo, sulla base dei disegni pubblicati nei Quattro libri.
Palladio affronta il tema, dibattuto nel Cinquecento, del rapporto fra civiltà e natura e lo risolve "affermando il profondo senso naturale della civiltà, sostenendo che la suprema civiltà consiste nel raggiungere il perfetto accordo con la natura senza perciò rinunciare a quella coscienza della storia che è la sostanza stessa della civiltà".[16] Questo "spiega l'enorme fortuna che il pensiero e l'opera del Palladio avranno nel Settecento, quando i filosofi dell'Illuminismo sosterranno il fondamento naturale della civiltà umana".[16] Sono infatti neopalladiani molti edifici costruiti nei neonati Stati Uniti d'America come la Casa Bianca e il Campidoglio a Washington o certi edifici di Monticello in Virginia. Neopalladiani sono pure la Redwood Library (1747) e la Marble House a Newport, l'Università della Virginia a Charlottesville, la Piantagione Woodlawn ad Assumption in Louisiana.
Ciò è stato possibile anche grazie all'opera di Ottavio Bertotti Scamozzi (1719-1790) che eseguì il rilievo quotato di tutte le opere di Andrea Palladio. Ogni edificio fu rappresentato in pianta, prospetto e sezione attraverso tavole nitidissime. L'unità di misura utilizzata fu il piede vicentino pari a 0,356 m. Queste tavole rappresentano da sempre una utile guida per quanti intendono progettare un edificio in stile palladiano.
Si tratta del più celebre fra tutti i trattati di architettura rinascimentale che anticipò lo stile dell'architettura neoclassica. I disegni, gli aspetti stilistici e le proporzioni formali contenute in questo trattato influenzarono in modo determinante tutta la produzione architettonica successiva, dall'illuminismo all'Ottocento, fino alla nascita del Movimento Moderno nel Novecento. Palladio in questo trattato sviluppa la teoria delle proporzioni architettoniche già presente nell'antico trattato De architectura dell'architetto romano Vitruvio di cui Palladio stesso curò una edizione illustrata nel 1567 assieme a Daniele Barbaro.[17]
Secondo Palladio le dimensioni di un edificio pubblico o di una villa, dei suoi elementi costruttivi (archi, travi, colonne) e dei suoi elementi stilistici (capitelli, fregi, balaustre, decorazioni) potevano essere ricavati in proporzione dalle tavole del trattato.
Nei Quattro libri[18] Palladio indica di far riferimento al diametro della colonna di un edificio come unità di misura di riferimento (detta modulo) per proporzionare tutti gli altri elementi costruttivi e stilistici della costruzione. Ad esempio lo spessore di una trave di ordine tuscanico poteva essere dimensionato come i 3/4 del diametro della colonna, l'altezza della colonna come sette volte il suo diametro e la lunghezza della trave come cinque volte il diametro della colonna.
In modo analogo anche per gli altri ordini architettonici sono definite le relative proporzioni: per l'ordine dorico, ionico, corinzio e per l'ordine composito. Ad esempio per l'ordine composito Palladio indica[19] di dimensionare lo spessore della trave e delle cornici superiori come il doppio del diametro della colonna (due moduli) e di dimensionare l'altezza della colonna come dieci volte il suo diametro (dieci moduli). Questo modo di presentare gli aspetti formali ed estetici degli elementi architettonici, impostati con canoni formali ben precisi, in rapporto anche con teorie e studi di altri trattatisti[20] del passato e intellettuali coevi[21], fu denominata teoria delle proporzioni ed ebbe ampi sviluppi sia nei trattatisti dell'architettura rinascimentale, sia in quella neoclassica e di altre epoche.
Il trattato di Palladio è stato fino a oggi un modello classico insuperato per comporre un edificio con precise regole formali e proporzionali. Queste proporzioni permettono di attribuire alle architetture classiche un carattere monumentale maestoso e allo stesso tempo organico e integrato con gli altri aspetti stilistici delle decorazioni pittoriche e scultoree.
Opere
La reputazione di Palladio agli inizi, come pure dopo la morte, si è fondata sulla sua abilità di progettista di ville.[4] Tra le opere più significative e innovative spicca Villa Almerico–Capra, detta La Rotonda: la pianta è quadrata con ripartizione simmetrica degli ambienti, raggruppati intorno a un salone circolare ricoperto da una cupola. In ognuna delle quattro facciate si trova un classico pronao con colonne ioniche e timpano a dentelli. È pensata come luogo di intrattenimento, su modello romano, non come centro produttivo come altre ville palladiane. La cupola centrale (11 metri di luce), che nel progetto di Palladio doveva essere emisferica, fu realizzata postuma su modello differente, rievocando le linee di quella del Pantheon romano.
Maestoso è il Teatro Olimpico di Vicenza, ultima opera dell'artista: la ripida cavea si sviluppa direttamente dall'orchestra per culminare nel solenne colonnato trabeato. Il palcoscenico appena rialzato è definito da un fondale architettonico fisso da cui partono cinque strade illusionisticamente lunghissime (opera di Vincenzo Scamozzi, che completò il teatro alla morte del maestro). Qui trionfa tutta l'esperienza del maestro in una felice sintesi con la poetica di Vitruvio. L'architettura e i motivi del teatro classico romano storicamente all'aperto, vengono portati all'interno di uno spazio chiuso ma al contempo aperto dalle profonde prospettive al di là dei grandi portali, in un concetto modernissimo di dinamismo spaziale.
Cronologia delle opere
Nota: L'ordine cronologico si riferisce alla concezione progettuale dell'opera, che non sempre corrisponde all'inizio della costruzione.[22]
1536: Portale della Domus Comestabilis, Vicenza (attribuito)
1537 (costruzione 1539 - 1557): Villa Godi, per Girolamo, Pietro e Marcantonio Godi, Lonedo di Lugo di Vicenza
1539 circa (costruzione 1539 - 1587): Villa Piovene, per Tommaso Piovene, Lonedo di Lugo di Vicenza (attribuzione incerta)
1540 (costruzione 1540 - 1542): Palazzo Civena, per Giovanni Giacomo, Pier Antonio, Vincenzo e Francesco Civena, Vicenza (ricostruito nel 1750 e dopo la seconda guerra mondiale)
Prima del 1542 (costruzione 1542 - 1543; 1555 circa): Villa Gazzotti, per Taddeo Gazzotti, Bertesina, Vicenza
1545: Palazzo Garzadori in contra' Piancoli, per Girolamo Garzadori, Vicenza (non realizzato, attribuzione incerta)
1546-1549 (costruzione 1549 - 1614): Logge del Palazzo della Ragione (Basilica Palladiana), per il Consiglio cittadino, Vicenza (completamento postumo nel 1614)
Dopo il 1550 (costruzione 1555 circa - 1584): Villa Chiericati, per Giovanni Chiericati, Vancimuglio di Grumolo delle Abbadesse (Vicenza) (completata postuma nel 1584 da Domenico Groppino)
1553 circa: Villa Ragona Cecchetto, per Girolamo Ragona, Ghizzole di Montegaldella (Padova) (progetto non realizzato)
1553 circa e 1567 (costruzione 1553 - 1554; 1575): Barchesse di Villa Trissino, per Ludovico e Francesco Trissino, Meledo di Sarego (Vicenza) (unica parte superstite del progetto mai compiuto per una villa)
1554 (costruzione 1554 - 1558): Villa Porto, per Paolo Porto, Vivaro di Dueville (Vicenza) (attribuita)
1554? (costruzione 1560 - 1565): Villa Foscari detta La Malcontenta, per Nicolò e Alvise Foscari, Malcontenta di Mira
1554? (costruzione: 1555 ?): Villa Zeno, per Marco Zeno, Donegal di Cessalto (Treviso)
1554? (costruzione 1560-1564): Villa Mocenigo "sopra la Brenta", Dolo (Venezia) (demolita)
1554 - 1555 circa (costruzione prima del 1556): Villa Badoer detta La Badoera, per Francesco Badoer, Fratta Polesine (Rovigo)
1555 circa: Palazzo Dalla Torre, per Giambattista Dalla Torre, Verona (solo parzialmente realizzato; parzialmente distrutto da un bombardamento nel 1945)
1555?: Palazzo Poiana in contra' San Tomaso, per Bonifacio Pojana, Vicenza (incompiuto)
1555 - 1556 ?: Palazzo Garzadori, per Giambattista Garzadori, Polegge, Vicenza (progetto non realizzato)
Prima del 1556 (costruzione 1559 - 1565): Villa Emo, per Leonardo Emo, Fanzolo di Vedelago (Treviso)
1560? (costruzione dopo il 1563 - prima del 1565; dopo il 1570?): Villa Repeta, per Mario Repeta, Piazza Vecchia, Campiglia dei Berici (Vicenza) (distrutta da un incendio e ricostruita in altra foggia nel 1672)
1560 circa (costruzione tra 1563 e 1566): Palazzo Pojana, per Vincenzo Pojana, Vicenza (attribuito)
1561 circa (costruzione prima del 1569): Barchesse grandi di villa Pisani, Bagnolo di Lonigo (Vicenza) (attribuite; distrutte)
1562 (costruzione 1564 - 1566): Villa Sarego detta "La Miga", per Annibale Serego, Miega di Cologna Veneta (Verona) (incompiuta, demolita negli anni 1920)
1565 (costruzione 1565 - 1576): chiesa del monastero di San Giorgio Maggiore, per la Congregazione di Santa Giustina, Venezia (conclusa postuma tra il 1607 e il 1611 con una diversa facciata)
1565 (costruzione 1571 - 1572): Loggia del Capitanio, per il Consiglio cittadino, Vicenza
1572 ? (costruzione prima del 1586 - anni 1610): Palazzo Thiene Bonin Longare, per Francesco Thiene, Vicenza (progetto; costruito da Vincenzo Scamozzi)
L'architettura del Palladio, benché quasi totalmente confinata nel Veneto, divenne presto famosa e studiata in tutta Europa e da qui negli altri paesi di tradizione anglosassone, dando vita a un fenomeno culturale noto come palladianesimo, diffuso in particolare nel Regno Unito, in Irlanda, negli Stati Uniti, come pure in Russia. In Inghilterra tra i primi a ispirarsi al suo stile furono Inigo Jones e Christopher Wren; un altro suo ammiratore fu l'architetto Richard Boyle, più noto come Lord Burlington, che - con William Kent - progettò la Chiswick House.
Andrea Palladio, I quattro libri di architettura (edizione a stampa, con note storico-critiche), a cura di Paola Marini, Licisco Magagnato, Milano, edizioni Il Polifilo, 1980. ISBN non esistente.
Andrea Palladio, I quattro libri di architettura (copia anastatica prima edizione Venezia 1570), Hoepli, 1990.
Andrea Palladio, I quattro libri di architettura, a cura di Claudio Pierini, (edizione con note iconografiche e storico-critiche), Verona, Cierre Grafica, 2014, ISBN978-88-98768-04-2.
Andrea Palladio, Delle case di villa, U. Allemandi & C., 2005, ISBN 88-422-1350-0.
Note
^abcd Lionello Puppi, Il volto del Palladio, su vicenzanews.it, 2003. URL consultato l'11 settembre 2011.
^Goethe da Il Viaggio in Italia Incontro a Vicenza. Sguardi su Palladio 19-25 settembre 1786.
^"Petrus, dictus a Gondola", si legge in un documento del 1512.
^abNell'atto di iscrizione alla corporazione di Vicenza (conservato presso la Biblioteca civica Bertoliana), Andrea viene citato come "fiolo de Piero da Padova monaro (mugnaio), garzon de maistro Zuanne e maistro Jerolimo, compagni taiapria (tagliapietra) in Pedemuro".
^"Palladio" era il nome del personaggio di un angelo nel poema epico di Gian Giorgio TrissinoL'Italia liberata dai Goti (1527, pubbl. 1547), ed è anche un riferimento indiretto alla mitologia greca: Pallade Atena era la dea della sapienza, particolarmente della saggezza, della tessitura, delle arti e, presumibilmente, degli aspetti più nobili della guerra; Pallade, a sua volta, è un'ambigua figura mitologica, talvolta maschio talvolta femmina che, al di fuori della sua relazione con la dea, è citata soltanto nell'Eneide di Virgilio. Ma è stata avanzata anche l'ipotesi che il nome possa avere un'origine numerologica che rimanda al nome di Vitruvio, vedi Paolo Portoghesi (a cura di), La mano di Palladio, Torino, Allemandi, 2008, p. 177.
^ Alfredo Pescante, Palladio privato, su villevenete.org, Il Gazzettino, 24 agosto 2008. URL consultato l'11 settembre 2011 (archiviato dall'url originale il 16 maggio 2009).
^Enea (morto prima del 1578) e Lavinia, che si sposerà nel 1556 con Tomasello Tomaselli, facendo almeno undici figli - del cui destino non abbiamo alcuna notizia - prima di morire nel 1629.
^ Guido Beltramini, Palladio ha perso la faccia, su ArtEconomy24, Il Sole 24 ore, 16 novembre 2008. URL consultato l'11 settembre 2011 (archiviato dall'url originale il 17 novembre 2011).
^Il trattato De Architettura dell'architetto romano Vitruvio, scritto in latino, fu conosciuto soprattutto dopo che fu tradotto in italiano e pubblicato a Venezia nel 1511 con le illustrazioni dell'architetto veronese Fra Giovanni Giocondo. Nella seconda metà del Cinquecento si ebbe poi la famosa edizione del Barbaro (Venezia, 1567) che riportava 120 illustrazioni originali disegnate da Andrea Palladio.
^Vedi I quattro libri dell'architettura, Venezia 1750, libro primo, p. 45.
^ F. Canali, Plinio il Vecchio, Leon Battista Alberti e le fonti antiche e moderne nei "Commentari" a Vitruvio di Daniele Barbaro e il contributo di Andrea Palladio, in <<Studi veneziani>>, 60, 2010.
^ F. Canali, Tra Firenze e Venezia: Daniele Barbaro, Andrea Palladio ... Cosimo Bartoli e Giorgio Vasari, in <<Bollettino della Società di Studi Fiorentini>>, 22, 2013.
^Fonte principale cronologia: Catalogo opere [di Palladio], su mediateca.cisapalladio.org, CISA. URL consultato l'11 novembre 2013 (archiviato dall'url originale il 30 ottobre 2013).
Guido Bertramini (a cura di), Andrea Palladio. Il mistero del volto, catalogo della mostra (Vicenza, Palladio Museum, 3 dicembre 2016 – 4 giugno 2017), Milano, Officina Libraria, 2016, ISBN 978-88-99765-18-7.
Fritz Burger, Le ville di Andrea Palladio, U. Allemandi & C., 2005, ISBN 88-422-1350-0.
Corrado Buscemi, Il sigillo del Palladio, Caselle di Sommacampagna, Verona, Cierre Grafica, 2008, ISBN978-88-95351-05-6.
André Chastel, Renato Cevese (a cura di), Andrea Palladio: nuovi contributi, Milano, Electa, 1990. ISBN non esistente.
Sören Fischer, Das Landschaftsbild als gerahmter Ausblick in den venezianischen Villen des 16. Jahrhunderts - Sustris, Padovano, Veronese, Palladio und die illusionistische Landschaftsmalerei, Petersberg 2014, ISBN 978-3-86568-847-7.
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Gianpietro Olivetto, "Andrea Palladio, la famiglia, l'opera, il suo tempo", Itinera Progetti Editore, Bassano del Grappa (VI), 2022, ISBN 978-88-32239-30-0.